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Testimoni di Giustizia Bubbico ansa. Siamo ormai alla farsa. Non c’é nemmeno bisogno di rispondere a Bubbico perché basta fare il confronto fra quello che diceva prima all’Espresso e quello che dice oggi.Prima parlava di ……….6 mesi necessari per fare tutto ,oggi,che é passato circa 1 anno senza che si via verificato quanto promesso,parla che occorrono altre “settimane” e pure……………..”presumibilmente”!!!!!!!! Diciamo che,appreso che mercoledì 4 c’é il sit in davanti a Palazzo Chigi,la fifa fa novanta e,pur essendo oggi domenica,é partita un’Ansa. Ahahahahahah !!!!!!!!!!!

Testimoni giustizia: Bubbico, presto riforma aiuti

Mercoledì in sit in a Palazzo Chigi per chiedere la pubblicazione del decreto su lavoro in P.A. ai testimoni

Un gruppo di testimoni di giustizia davanti al  Viminale ANSA/CLAUDIO PERI © ANSA
Un gruppo di testimoni di giustizia davanti al Viminale ANSA/CLAUDIO PERI © ANSA

Redazione ANSAROMA

“Non si dica che lo Stato non ha fatto nulla per i testimoni di giustizia: molti di loro hanno ricevuto la capitalizzazione”, ovvero i fondi necessari per il loro reinserimento sociale e lavorativo. A sottolinearlo, è il viceministro dell’Interno, Filippo Bubbico, che aggiunge: “Una una Commissione di esperti sta concludendo il proprio lavoro e sta studiando e mettendo a punto una riforma con modalità alternative” per il mantenimento dei testimoni. “Vogliamo mettere a punto un disegno di legge – salvo che non si riesca ad agire con decreto ministeriale – per modificare il sistema degli aiuti”. Il Viminale penserebbe ad un vitalizio per i testimoni. “Al momento assistiamo ad una sperequazione: i più capaci di difendere i propri diritti ottengono 100, chi è in buona fede e non fa nulla, ottiene molto meno”, dice Bubbico.

Il lavoro della Commissione di esperti riguarda anche il varo di una Carta dei diritti dei testimoni di giustizia. Quanto al decreto per l’assunzione dei testimoni di giustizia nella pubblica amministrazione, motivo alla base della manifestazione dei testimoni di mercoledì prossimo, “è stato definito dopo una lunga fatica, conseguente alla concertazione con i vari ministeri e ad alcune imprecisioni contenute nella legge. E’ stato firmato tempo fa dai ministri Alfano e Madia, trasmesso alla presidenza del Consiglio, ed è alla registrazione della Corte dei Conti. I tempi sono incomprimibili, coloro, tra cui anche i testimoni di giustizia, che hanno seguito passo passo il corso di questo provvedimento, lo sanno”.

La pubblicazione del decreto è comunque questione, presumibilmente, di poche settimane. “Evidentemente – ragiona il viceministro, riferendosi alla manifestazione prevista per il 4 febbraio a Roma – c’è chi vuole cavalcare un legittimo disagio per propri motivi. Purtroppo, varato il decreto e pubblicato, non diventa automatica l’assunzione da parte della Pa – avverte Bubbico – che può avvenire solo in presenza, tra le altre cose, di disponibilità di posti; stiamo lavorando perché gli enti pubblici siano sensibilizzati in tal senso”. Infine, il taglio di 25 milioni nella disponibilità del Servizio Centrale di Protezione. “Il bilancio per i testimoni e i collaborati – afferma il viceministro – è fatto per cassa; non c’è nessun problema di risorse finanziarie, il taglio è solo virtuale, non incide sui flussi, testimoni e collaboratori ricevono e riceveranno regolarmente l’ assegno mensile. L’assegnazione è per cassa e non per competenza e quindi i soldi mano a mano per servono vengono messi a disposizione. L’iscrizione al bilancio è solo per memoria perché l’andamento di cassa viene comunque coperto mano a mano che le esigenze si manifestano”, assicura Bubbico.

Mercoledì in sit in a Palazzo Chigi – Un gruppo di testimoni di giustizia – cittadini che hanno scelto di denunciare intimidazioni, racket, estorsioni e che spesso hanno dovuto abbandonare la propria casa e il proprio lavoro per essere nascosti in località protette – mercoledì 4 febbraio sarà davanti a palazzo Chigi per un sit-in pacifico. Chiedono al Governo Renzi il decreto attuativo del provvedimento che prevede che loro, al pari delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, possano accedere ad un programma di assunzione in tutte le pubbliche amministrazioni, dello Stato e degli enti locali. “Viviamo anni di sofferenze e umiliazioni – raccontano alcuni di loro – e solo per aver denunciato, molti di noi vivono in condizioni al limite della dignità. La lotta alle mafie deve essere un atto concreto, non si possono abbandonare uomini e donne che hanno puntato il dito facendo condannare mafiosi e corrotti. Questa legge deve essere una priorità del Governo Renzi”. Il sit-in, è stato annunciato, sarà ad oltranza. “Noi protesteremo con la compostezza e la dignità che ci ha sempre contraddistinto”, concludono gli organizzatori. Non tutti i testimoni di giustizia (in Italia sono in questo momento 85) aderiscono però a questa iniziativa: l’associazione testimoni di giustizia, di cui è presidente Ignazio Cutrò, imprenditore edile siciliano e testimone di giustizia costretto nei giorni scorsi alla chiusura della propria azienda, per esempio, non vi prenderà parte. “Il decreto attuativo sappiamo che è pronto – spiega Cutrò – manca solo la pubblicazione, dunque non ha senso protestare. E’ certamente un provvedimento che attendiamo da tempo e con speranza, ma siamo fiduciosi”.

http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2015/02/01/testimoni-giustizia-bubbico-presto-riforma-aiuti_fce6ac97-394b-42e2-8f35-fab1abfc1163.html

L’Espresso del 16 maggio 2014

 

L’intervista

Testimoni di giustizia, arriva la Carta dei diritti

Il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico ha istituito una commissione ad hoc. Sociologi, avvocati, magistrati e funzionari del Servizio centrale di Protezione hanno sei mesi per rendere eque le normative a favore di chi rischia la vita per accusare le cosche mafiose

di Piero Messina

16 maggio 2014

Testimoni di giustizia, arriva la Carta dei diritti La lotta alle mafie avrà un’arma in più. Si chiama “Carta per i diritti dei testimoni di giustizia” ed è il progetto lanciato dal viceministro dell’Interno, Filippo Bubbico, con l’obiettivo di aggiornare e rendere eque le normative a favore di quel drappello di uomini e donne che negli anni sono sfilati di fronte ai Tribunali per accusare le cosche mafiose. Sono quasi un centinaio i testimoni di giustizia che in questi anni stanno offrendo il loro contributo alla Magistratura. Grazie alle loro dichiarazioni, la magistratura è riuscita a disarticolare intere cosche mafiose. I testimoni di giustizia provengono tutti dal Sud e sono inseriti, con i loro familiari, all’interno dei sistemi di protezione. La normativa attuale discende dalla legge sui “collaboratori” di giustizia. La linea di demarcazione tra i due status è netta: il collaboratore è un ex mafioso o un fiancheggiatore che ha deciso di saltare il fosso; il “testimone” è una vittima innocente di fatti di mafia.

Per giungere alla stesura della Carta, il Viminale ha creato una commissione ad hoc, un gruppo composto da sociologi, avvocati, magistrati e funzionari del Servizio centrale di Protezione, che nei prossimi sei mesi avrà il compito di studiare le normative vigenti e proporre le modifiche necessarie. Bubbico promette una svolta in tempi certi.

Perché è necessario cambiare le regole?
“Perché manca un quadro di certezze giuridiche ed operative che valga per tutti. Non ho alcuna difficoltà ad ammettere che sia necessaria un’azione di trasparenza. E spiego perché: i testimoni inseriti nei programmi di protezione non hanno ben chiari i propri obblighi e propri diritti. Così, è necessario per lo Stato rivalutare misure e strumenti, garantire condizioni di sicurezza e risarcire questi cittadini esemplari per i disagi che vivono. Ecco, la Carta dei diritti del testimone di giustizia dovrà creare un quadro di certezze giuridiche ed operative”. La stileremo in sei mesi, non un giorno di più”.

Cosa non ha funzionato?
“Dalla legge del 1991 alle successive modifiche, abbiamo costantemente aggiornato i profili di intervento. Ci siamo adeguati al contesto di volta in volta, creando un modello di risposta in progress che, magari avrà sortito delle soluzioni tampone, ma proprio per la sua natura sperimentale ha causato episodi discrezionali. Non tutti sono stati trattati allo stesso modo. E questo non è più accettabile. Servono regole eguali per tutti, principio caposaldo per una concreta azione legalitaria. Non è più possibile procedere con un quadro normativo che si è consolidato per successive approssimazioni”.

I testimoni come vivono il loro status?
“Stiamo vivendo un paradosso. Lo Stato impegna notevoli fondi sul piano finanziario (per collaboratori e testimoni di giustizia il budget del Servizio centrale Protezione sfiora gli 80 milioni di euro l’anno,ndr) ma anche in termini di risorse umane e strumentali. Ma dai testimoni di giustizia registriamo una insoddisfazione crescente. Ed è comprensibile, purtroppo. Così come è comprensibile il sacrificio silenzioso di migliaia di operatori di giustizia, uomini delle forze dell’ordine e della magistratura, che offrono il loro apporto in condizioni complesse. Con la Carta metteremo mano anche a queste situazioni”.

Perché i testimoni di giustizia si lamentano?
“E’ necessaria una premessa. Chi decide di testimoniare offre un contributo determinante nella lotta al crimine organizzato ed espone  se stesso e la sua famiglia a rischi nella sicurezza personale ed a disagi profondi che segnano l’esistenza. La loro vita viene sconvolta perché, in ossequio al dovere di cittadinanza, hanno testimoniato di fatti illeciti o atti violenti. C’è chi ha cambiato città, chi ha deciso di utilizzare nuove identità e chi, infine, ha scelto di restare in trincea, nei luoghi dove ha denunciato le cosche mafiose”.

Tra i testimoni di giustizia che hanno deciso di non lasciare la sua terra e non cambiare identità c’è Ignazio Cutrò. Ora, però, l’imprenditore di Bivona sembra sul punto di arrendersi ?
“Chi ha deciso di continuare a vivere nei luoghi dove sono avvenuti i fatti che ha denunciato è più di un testimone di giustizia. Diventa un testimone di legalità. Lo Stato deve saper cogliere queste risorse strategiche, perché la libertà si conquista restando in trincea. Se mi metto nei panni di chi ha scelto di restare, mi rendo conto di quanto difficile sia la sfida. C’è il rischio di essere isolati da una comunità, le persone che prima ti salutavano non ti rivolgono più lo sguardo, non ti degnano di una parola. In queste condizioni è quasi impossibile immaginare un reinserimento a pieno titolo. Come fa un imprenditore a lavorare in un contesto simile? Questa per noi è una sfida anche culturale, da vincere a tutti costi, perché le mafie si sconfiggono nei tribunali ma anche giorno dopo giorno, grazie al coraggio di chi, essendone stato vittima, ha denunciato”.

Quali misure saranno introdotte?
“Bisogna lavorare su più fronti. In primis, si deve garantire la sicurezza e il benessere psicofisico dei testimoni di giustizia. Abbiamo monitorato la situazione e non posso nascondere che sono tante le persone che soffrono. Poi, si deve puntare a ricostruire la vita economica e sociale di questi cittadini modello, con misure economiche che siano eguali per tutti. Sino ad oggi esistono due linee di ristoro economico: il fondo nazionale antiracket e quello della commissione centrale per la protezione. E’ successo che casi analoghi siano stati trattati in maniera diversi per aspetti puramente formali. Brutalmente, c’è chi ha preso di più e chi meno. E questo non è giusto. Ma ci saranno altre novità sul piano legislativo. E’ in dirittura d’arrivo la norma che consente l’assunzione nella pubblica amministrazione dei testimoni di giustizia. Il decreto attuativo è frutto di uno studio congiunto tra il Ministero dell’Interno e la Funzione pubblica. Abbiamo dovuto superare scogli giuridici non indifferenti: da una parte sancire il diritto all’assunzione, dall’altra la necessità di non svelare i  nomi di chi ha assunto una nuova identità. Ostacoli superati”.