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Sul traffico di rifiuti mangia la criminalità. 500 milioni di false fatture in 3 anni

Sul traffico di rifiuti mangia la criminalità. 500 milioni di false fatture in 3 anni

Il business criminale più lucrativo dopo armi, droga ed esseri umani. La fotografia di un traffico esteso, le fatture false e le operazioni di contrasto.

20 Febbraio 2019

Di Corrado Fontana

Alla legge sugli ecoreati siamo finalmente arrivati, da qualche anno. Ma le ragioni da cui è scaturita sono tutte qui, davanti a noi, se «La criminalità ambientale è diventata la quarta attività illecita transnazionale più lucrativa».

Una constatazione forte e di fonte più che autorevole, dato che a pronunciarla è stato il generale Giuseppe Arbore (capo del III Reparto operazioni del Comando generale del Corpo della Guardia di finanza). Ma non solo. Perché l’alto ufficiale della Gdf ha specificato ulteriormente le sue parole chiamando in causa proprio il traffico di rifiuti quale «quarta attività illecita transnazionale più lucrativa dopo il traffico di stupefacenti, di armi e di esseri umani». Tanto per non lasciare dubbi ai decisori politici su dove si debba intervenire prioritariamente.

La sintesi di Arbore, infatti, è stata proposta durante una sua recente audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati. Un’audizione nella quale sono emersi molti aspetti interessanti. Una fotografia delle implicazioni tra ecoreati e strumenti illeciti che la nostra polizia economico-finanziaria persegue, in autonomia o di concerto con altri organismi, nazionali e non.

In tre anni 500 milioni di euro sottratti allo Stato

Perché l’ABC del crimine ambientale è che «In ogni traffico illecito di rifiuti vi è un elemento essenziale, l’utilizzo di documentazione falsa». Creata per giustificare una destinazione formale diversa da quella reale, e travestire così un illecito sversamento, ad esempio, in un trattamento lecito del rifiuto. Tant’è

E allora, come quando si indaga sui responsabili dei reati finanziari la regola investigativa di base è follow the money (cioè “segui il denaro”), così per gli ecoreati spesso è la falsa fatturazione a guidare gli inquirenti (da Brescia, a Torino a Napoli verso la Cina). Con la consapevolezza che «La fattura falsa è uno strumento plurioffensivoper sua natura – spiega Arbore -, da un lato consente all’organizzazione di attestare un trattamento non effettuato o una destinazione diversa da quella reale, dall’altro lato ovviamente arreca un danno alle casse dello Stato, perché consente l’indebita deduzione di costi e l’indebita detrazione di IVA».

Un meccanismo che – stando solo a quanto riferito in Commissione, e quindi svelato da inchieste effettuate dalla Gdf – dal 2015 al 2018 avrebbe portato alla sottrazione di circa mezzo miliardo di euro di base imponibile e 126,5 milioni di euro di iva. Conducendo anche alla denuncia di 209 soggetti per emissione e utilizzo di fatture false, nonché al sequestro di beni per 32,5 milioni di euro.

Ecotassa, oltre 50 milioni di euro di evasione fiscale

Un quadro preoccupante cui si associano altre pratiche fraudolente, prima fra tutte il diffuso mancato versamento della cosiddetta “ecotassa, ovvero il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (legge 549 del 1995). Un’imposta dovuta alle regioni da chi gestisce le discariche, raccolta rivalendosi sui soggetti imprenditori che negli impianti di stoccaggio e smaltimento conferiscono i rifiuti. Peccato che «Negli ultimi quattro anni la Guardia di finanza ne ha constatato un’evasione per circa 56 milioni di euro», precisa Arbore.

Perché non sono poche le regioni italiane a cui un bella fetta di questi tributi viene nascosta annualmente, a cominciare da quelle del meridione. Dove, a proposito di ecotassa, spicca ad esempio la Puglia, dove nel 2016 la guardia di finanza mise sotto sequestro oltre 15mila tonnellate di rifiuti industriali e 13 discariche abusive, registrando un’evasione per circa 9,5 milioni di euro.

Ue e Africa mete di traffico: gli inceneritori fanno crescere il business

Il giro d’affari è ricco, insomma. Sia grazie agli imprenditori disonesti che per interesse della criminalità organizzata, che può sfruttare enormi disponibilità finanziarie, capacità d’intimidazione e di “dialogo” con i funzionari pubblici, ricorrere alla corruzione e ad ogni forma di concorrenza sleale a danno delle aziende oneste. E la dimensione dei traffici diventa via via più transnazionale.

E verso l’Africa, dove il commercio è remunerativo proprio «perché lì non abbiamo controlli o ne abbiamo pochi» e sono perlopiù formali, sulla documentazione, non c’è una normazione standardizzata e c’è disponibilità di manodopera a basso costo.

Da Lecco a Firenze al Burkina Faso, le operazioni di contrasto agli inquinatori

Da qui una serie di operazioni di contrasto al traffico illecito di rifiuti elencate dal generale Arbore, le principali, svolte tra 2017 e 2018:

  • Infected Hill: compiuta Nucleo di polizia economica e finanziaria di Lecco, che ha portato al sequestro di un’azienda agricola che produceva latte e aveva creato un sistema sotterraneo di
    tubazioni per smaltire rifiuti speciali inquinanti;
  • il GICO di Napoli, a marzo 2017, contro tre fratelli imprenditori di Acerra che avevano smaltito, in concorso con altre imprese, rifiuti tossici liquidi e fangosi contenenti idrocarburi, diossine, amianto, arsenico, cromo, paste di mercurio (abbandonati nei campi o venduti come concime). Contestate fatture per circa 6 milioni di euro e sequestrato un patrimonio di 200 milioni di euro;
  • Golden Trash: operazione del GICO di Firenze, contro una ramificata organizzazione criminale operante essenzialmente in Toscana. I rifiuti che provenivano dalle concerie del distretto di Santa Croce sull’Arno venivano classificati come non pericolosi, quindi sversati o comunque trattati come non pericolosi;
  • In Daunia venenum: il Nucleo di Bari insieme alla Polizia di Stato contro un’organizzazione criminale che, con la complicità di una ditta di servizi ambientali a San Severo, in provincia di Foggia, si è resa responsabile dello sversamento illecito di rifiuti nel lago di Manfredonia e in altre zone della provincia. Si trattava di rifiuti provenienti dalla Campania che derivano dalla lavorazione agroalimentare. La società – con ampio uso di false fatture – acquistava ufficialmente una quantità di rifiuti eccedente rispetto alle sue reali capacità di gestione, perché le riversava sui campi di proprietari agricoli compiacenti.
  • Il gruppo di Salerno nell’agosto 2018 ha sequestrato 60 tonnellate di rifiuti speciali in sette container, che erano pronti per partire per il Burkina Faso in assenza di alcuna documentazione doganale.

 


Fonte:https://valori.it