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Stato-Stato e stato–mafia.

Ci abbiamo fatto un convegno il 13 luglio scorso a Terracina, in provincia di Latina, sul tema “Salto di Qualità nella lotta contro le mafie -Qualità nelle indagini. Qualità nelle inchieste. Qualità nelle Associazioni. Qualità nella società civile”.
Un tema che parla da sé, come, d’altra parte, tutti i temi da noi scelti nei vari incontri che andiamo facendo in tutta Italia.
Occorre un “salto di qualità'”, soprattutto da parte di chi voglia fare EFFETTIVAMENTE la lotta alle mafie
Altrimenti sono chiacchiere e basta e il problema della lotta alle mafie si riduce ad essere uno slogan, un tema da baraccone, un esercizio retorico.
C’è bisogno, invece, di altro, di molto altro.
I “condivido”, gli attestati di stima e di vicinanza e, peggio, i convegni che non siano accompagnati da un’azione pratica sul territorio dove essi vengono fatti, le commemorazioni, le fiaccolate, le analisi politiche e sociologiche, il racconto di cose passate ed altra roba del genere servono a poco.
Non servono sicuramente a bloccare l’inquinamento totale e definitivo delle istituzioni, la movimentazione di capitali mafiosi e la loro utilizzazione nell’economia delle nostre città e dell’intero Paese, il continuo consolidamento di quello stato-mafia che ci sta strozzando tutti e che sta vincendo la guerra contro quello Stato-Stato che i nostri padri e nonni hanno creato versando, molti, il loro sangue.
Dovremmo vergognarci della nostra insipienza e della nostra
infingardaggine.
Oltre che della nostra vuotaggine.
Non ci si riesce, grazie anche ad un’informazione manipolata e
drogata al servizio delle grandi centrali massoniche e mafiose, a
rendere conto della gravità della situazione in cui ci troviamo.
La partitocrazia, questa partitocrazia, fatta qualche rarissima
eccezione, è corrotta e piegata al sistema.
Irriformabile.
Irrecuperabile.
Anche quei pochi che dicono di volersi battere “dall’interno”…
“per… cambiare le cose”, alla fine vengono schiacciati e
marginalizzati fino a trasformarsi in pure e semplici foglie di fico
che a malapena riescono a coprire le vergogne dei corpi.
Non ci si chieda qual’è la soluzione perché non sappiamo
rispondere e non abbiamo la palla di vetro per capire qual’è, allo
stato. lo sbocco.
Peraltro non è nemmeno compito nostro, come non dovrebbe
essere nemmeno di tutti coloro che dicono di voler fare
“antimafia” ma sono piegati al sistema
. traendone, peraltro, vantaggi di varia natura, politici o personali.
L'”antimafia del sistema”, i “professionisti dell’antimafia”.
Il Direttore di ” Antimafia Duemila” Giorgio
Bongiovanni, nell’ultimo numero della rivista, parlando di StatoStato
e di stato-mafia, giustamente rileva che “lo stato -mafia sia proprio l’attuale classe dirigente che con le sue politiche e con la sua gestione economica ha sprofondato il nostro meraviglioso Paese nel baratro sociale, economico, morale e culturale, intrappolando, oggi, il 21 giugno mentre scrivo, la splendida Italia nel drammatico disagio in cui ci troviamo.
E, per dirla con il dottor Teresi, quello Stato-Stato non è altro che uno sparuto gruppo di cittadini, magistrati, intellettuali e gente onesta che si è fatta partigiana di una resistenza contro questo sistema mafia così come fecero i partigiani contro il regime nazi-fascista”.
Parole dure ma che rispecchiano la realtà e che dovrebbero far vergognare tutti quei censori che criticano la nostra azione di continua, sistematica INDAGINE E DENUNCIA.
Tirapiedi del sistema mafioso che mal digeriscono il nostro modo di fare antimafia. l’unico, alla luce delle considerazioni suesposte, che può definirsi “antimafia”.
Chi ci sta sta; il resto non serve.