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Squadra mobile di Roma: «C’è un gemellaggio tra cosche e mala locale» – Il Messaggero

ROMA (3 gennaio) – Le organizzazioni criminali a Roma convivono e si alleano. Clan storici della città concludono affari con le bande piombate nella capitale anni fa: costole di cosa nostra, ’ndrangheta e camorra. Tra loro nascono accordi e si stringono patti che poi si sciolgono e si rifanno.Una pax malavitosa consolidata e ritenuta molto più proficua della classica guerra tra bande per appropriarsi di una zona o per avere l’esclusiva sul traffico di droga o altro. «Una realtà», come la definisce Vittorio Rizzi, capo della squadra mobile, «molto articolata».

Un vero consorzio criminale.
«E’ proprio di questo che si tratta, di consorterie. Dai nostri monitoraggi emerge che la criminalità organizzata di importazione a Roma è formata dai clan che sono arrivati dalla Sicilia, dalla Calabria, dalla Campania e dalla Puglia e che si sono installati nel territorio, e dai gruppi che considerano Roma solo un mercato per fare affari. Ed è una criminalità si integra molto bene con la malavita locale».

E’ possibile tracciare una mappa?
«Negli anni abbiamo censito 61 cosche, 25 della ’ndrangheta, 17 della camorra e 14 di cosa nostra, poi ci sono i baresi. Questi clan si sono radicate nel territorio a macchia di leopardo i napoletani da Ostia al basso Lazio, ma anche a Ciampino e a Centocelle, i siciliani sul litorale i calabresi al Flaminio alla Borghesiana e a San Basilio, ma ci sono delle presenze anche sul litorale. Mentre le bande storiche della malavita romana, come ad esempio quelle di ex affiliati della banda della Magliana e altri gruppi hanno il loro quartier generale tra Testaccio, Trastevere l’Appia, la Romanina, la Tuscolana, l’Anagnina e Tor Bella Monaca».

Ognuno nel suo territorio e ognuno con i propri affari loschi, ma quando e come avvengono le alleanze?
«La criminalità organizzata romana è specializzata nell’usura, nell’estorsione e nella rapina. Soprattutto le rapine le compiono solo i romani, questo si spiega perché attiene alla padronanza del territorio che qui è vastissimo, e per avere un minimo di possibilità di sfuggire ad un inseguimento delle forze dell’ordine dopo una rapina bisogna conoscere benissimo le vie di fuga. Il denominatore comune delle varie organizzazioni criminali è invece la droga, ed è qui che scattano le alleanze, col narcotraffico. I clan fanno cartello, imitano il modello colombiano, perché un carico di droga ha costi elevatissimi e più persone si consorziano, più il rischio di un danno economico in caso di perdita della merce è minore. Stiamo monitorando i reinvestimenti dei capitali nelle attività commerciali di gruppi che appartengono a mafie storiche del nostro paese che prevalentemente operano nel narcotraffico, ma che non disdegnano di controllare bische e night mercato. Uno scenario inquietante, che evidenzia alleanze trasversali».

Qual è la linea strategica per combattere questo tipo di malavita?
«Questi tentativi di penetrazione criminale sono fortemente e adeguatamente contrastati, c’è collaborazione e cooperazione anche con le polizie internazionali. La linea strategica voluta dal questore Giuseppe Caruso e dalla Direzione distrettuale antimafia è quella di aggredire i patrimoni delle organizzazioni criminali, con la forza di coordinamento che dà impulso all’attività investigativa. Perché a roma, il controllo del territorio ce l’ha lo Stato».
di Paola Vuolo

(tratto da www.ilmessaggero.it)