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Sicilia, trema la sanità. Un imprenditore: «Così funziona il sistema delle tangenti»

L’Espresso

Sicilia, trema la sanità. Un imprenditore: «Così funziona il sistema delle tangenti»

Ecco i verbali di Manganaro, che ai pm ha ammesso di aver ricevuto soldi illeciti per dare informazioni riservate su 600 milioni di appalti. A maggio erano già finiti agli arresti il capo della commissione anti Covid e il manager dell’Asp di Trapani, entrambi appena promossi da Musumeci. Ora la procura ha aperto un filone di indagine sui politici coinvolti

DI ANTONIO FRASCHILLA

12 novembre 2020

Nella Sicilia travolta dal Covid-19, mentre i pronto soccorso degli ospedali scoppiano con decine di malati che attendono anche per due o tre giorni un posto letto che non c’è, in una sanità che da tempo arranca, nelle stanze della procura di Palermo un imprenditore sta raccontando il sistema di corruzione e tangenti che negli ultimi anni avrebbe pilotato gare per 600 milioni di euro.

Un imprenditore che dal di dentro sta svelando con dovizia di particolari come sono stati truccati appalti e assegnati contratti milionari in un mondo, quello delle aziende ospedaliere dell’isola, dove a molti politici, dirigenti, primari e manager «non gliene frega niente dei reparti, degli infermieri, dell’operatività e delle macchine se funzionano», come ha detto nell’ultimo verbale del 12 ottobre scorso.

I pm palermitani stanno per scoperchiare un grande vaso di Pandora, che ha già portato al rinvio a giudizio di manager e imprenditori, amministratori o rappresentanti di società che contano a livello nazionale, dalla Tecnologie sanitarie alla Siram, un colosso nel campo dei servizi energetici. Un vaso della corruzione che arriva fino a Roma, viste le imprese coinvolte, e un sistema replicabile “ovunque”, come sostengono i magistrati, e che potrebbe portare adesso a un altro livello: quello politico, con il coinvolgimento di nomi di peso tra i componenti dei governi recenti di Crocetta e Musumeci e delle maggioranze che li hanno sostenuti, in un nuovo filone d’inchiesta che i pm stanno portando avant. Una indagine che fa tremare non solo i palazzi della politica siciliana ma anche quelli di grandi aziende che nel campo sanitario fanno affari d’oro: perché l’imprenditore che ha deciso di parlare ha un archivio dove ha registrato tutto e che adesso la Guardia di finanza sta passando al setaccio. 

MANAGER ANTIMAFIA E INTOCCABILI

Il pentimento dell’imprenditore Salvatore Manganaro, 46 anni, agrigentino figlio di un ex manager della sanità e politico noto in Sicilia, nasce dopo l’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Sergio Demontis insieme ai pm Giacomo Brandini e Giovanni Antoci, che nel maggio scorso ha portato all’arresto di Fabio Damiani, l’ex capo della Centrale unica acquisti siciliana (una sorta di Consip regionale) e di Antonio Candela, ex manager dell’Asp di Palermo nominato in passato con la benedizione dell’ex governatore Rosario Crocetta e del suo gran consigliere politico, l’ex senatore Beppe Lumia. Candela lo scorso marzo era stato scelto dal successore di Crocetta, l’ex missino Nello Musumeci, a capo della struttura commissariale anti Covid. Uno dei pochissimi casi di ripescati dell’era Crocetta nel governo di centrodestra, una coincidenza che non convince i pm. Di certo una nomina non proprio felice, visto che poco dopo Candela è stato arrestato con l’accusa di aver pilotato gare e di aver intascato mazzette: accusa da lui respinta con forza, a differenza di Damiani che ha ammesso di aver preso soldi. Il loro arresto è stato un fulmine a ciel sereno. Entrambi erano considerati due paladini della legalità e Musumeci li ha tenuti entrambi in grande considerazione: Candela nominato nella struttura Anti Covid, che doveva gestire i fondi in arrivo da Roma (almeno 125 milioni di euro), Damiani promosso manager dell’Asp di Trapani.

Dalle intercettazioni emerge invece come entrambi abbiamo agevolato cordate di imprenditori e aziende attraverso due uomini chiave: Candela aveva un rapporto diretto con il faccendiere Giuseppe Taibbi («Pensavo che fosse uno dei servizi segreti che voleva con me fare pulizia nella sanità», ha detto l’ex manager), mentre Damiani aveva come uomo tuttofare l’imprenditore Manganaro. Erano a Taibbi e Manganaro che si rivolgevano i rappresentati delle aziende per avere informazioni chiave nelle gare di appalti milionari, da quello per le pulizie degli ospedali che da solo valeva 212 milioni a quello per l’efficientamento energetico, che ne valeva altri 120 di milioni, passando per la gara da 17 milioni per la manutenzione dei macchinari diagnostici. Sotto processo sono appena finiti, insieme a Candela, Damiani, Taibbi e Manganaro, imprenditori e amministratori molto noti in Italia nel campo degli appalti medici: Francesco Zanzi della Tecnologie sanitarie; Angelo Montisanti e Crescenzo De Stasio, dirigenti Siram; Ivan Turola, referente “occulto” per i pm di Fer.Co e Salvatore Navarra, presidente del consiglio di amministrazione di Pfe, un colosso nazionale nella pulizia di uffici e ospedali.

L’IMPRENDITORE CHE PARLA

Manganaro ha deciso di collaborare con i magistrati ammettendo di aver preso mazzette per un milione di euro: una confessione che va ben oltre l’iniziale accusa dei magistrati, che si fermava a quota 100 mila euro. I pm inizialmente non lo hanno creduto affidabile, ma la svolta è arrivata lo scorso 21 ottobre, quando la Guardia di finanza ha consegnato un supplemento di indagine che conferma in pieno le dichiarazioni di Manganaro: in particolare «sulla fornitura di ecografie da acquistare per i medici dell’Asp di Palermo, su richiesta di alcuni camici bianchi che indirizzavano ad una azienda di cui Taibbi era rappresentante, la General Eletric; sul ruolo di Tecnologie sanitarie che sostituiva di fatto l’ingegnere clinico dell’Asp nell’elaborazione dei bandi; e sulla pressione di Candela nel bandire una gara per l’acquisto di apparecchiature ecografiche». Nelle dichiarazioni di Manganaro emergono legami stretti tra faccendieri oscuri che lavorano per le grandi aziende e camici bianchi, primari e dirigenti, che hanno un ruolo chiave: e qui entra nel vivo il racconto sul sistema, fatto di soffiate sui capitolati e gare fasulle che servono solo a gonfiare il prezzo.

Come per il caso della gara di cardiologia critica, affidata alla “Burke&burke” per la Sicilia Orientale: «Vi era la necessità di estendere il servizio alla Sicilia Occidentale, però anziché procedere alla privata industriale, soluzione più conveniente, Candela volle a tutti i costi che Damiani bandisse una nuova gara», racconta nel verbale del 12 ottobre l’imprenditore. Con costi maggiori, secondo Manganaro che aggiunge: «Quale referente della Burke&Burke si presentava da Damiani tale Vincenzo D’Amico, che non aveva mai rappresentato tale società ma che era espressione di una compagine politica di centrodestra che avrebbe di lì a poco vinto le elezioni». Ed è proprio il ruolo della politica quello che i pm stanno cercando di mettere in evidenza, perché nelle dichiarazioni di Manganaro i politici fanno spesso capolino.    

POLITICA E POTERE SANITARIO

L’intreccio fra politica e sanità ruota attorno a un nodo cruciale: le nomine dei manager che guidano ospedali e centri di spesa miliardari. Dalle carte dell’indagine della procura di Palermo emerge «l’ossessione di essere nominati» da parte di Damiani e Candela. E per questa ossessione si cercano le «raccomandazioni» giuste. I magistrati portano un j’accuse pesante su come sono stati scelti i manager dai vari governi regionali, recenti e in carica. Secondo i pm l’indagine «ha consentito di svelare, da una parte, la nefasta ingerenza politica, del tutto avulsa da logiche meritocratiche, nelle procedure di designazione dei direttori generali delle Asp siciliane da parte della giunta regionale, per come espresso dagli stessi indagati, dall’altra la completa manipolazione da parte dei medesimi delle procedure di gara e dei punteggi da attribuire alle offerte tecniche presentate dalle ditte». Di certo c’è che dalle intercettazioni emerge la ricerca spasmodica dello sponsor politico da parte degli arrestati. «Damiani era ossessionato dalle prossime nomine nell’ambito della sanità siciliana e cercava sponde politiche per ottenere il prestigioso incarico», scrivono i pm.

Damiani e i faccendieri a lui vicini citano l’assessore regionale Girolamo Turano (Udc) come sponsor, ma non contenti cercano sponde anche in Forza Italia provando a incontrare il presidente dell’Assemblea regionale Gianfranco Micciché tramite il fratello Guglielmo che, non si capisce a che titolo, girava a Palermo con elenchi di nomi da promuovere. Nell’intercettazione di un colloquio tra Damiani e un suo amico «i due parlavano della strategia da mettere in atto, ovvero di quale politico contattare (viene fatto anche il nome dell’assessore Gaetano Armao, di Forza Italia, che però Damiani consigliava di lasciar perdere) per ottenerne l’interessamento alla questione che tanto stava a cuore. E Damiani stesso diceva che tanto «in città è risaputo che quello che deciderà sarà Gianfranco Micciché».

«Non so chi sia Damiani, querelo chi accosta il mio nome al suo», ha detto a caldo Micciché, presidente dell’Ars e coordinatore di Forza Italia in Sicilia. Un’ossessione, quella di Damiani, sfruttata dalla politica. Secondo gli inquirenti, Damiani ascolta le richieste di favorire una ditta, un altro colosso delle pulizia, la Manutencoop, fatte dal deputato Carmelo Pullara (Mpa) perché spera di avere in cambio un sostegno per la sua nomina a manager. Pullara, calamita del voto del Movimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo, è al momento l’unico politico indagato. Al momento. Stesso discorso per Candela. Scrivono i pm: «Candela parlando con Taibbi illustrava nello stesso dialogo, mirabilmente, il meccanismo delle nomine negli apparati della Sanità della Regione, per cui prevale “la logica di fare affari e politica per loro”». Quando Candela nel 2018 non viene confermato manager dal governo Musumeci, nonostante il presidente gli avesse promesso la guida dell’Asp di Catania, si dice pronto a preparare una serie di dossier (secondo i magistrati anche contro il governatore). Scrivono i pm: «Parlava anche del Damiani che “ci ha duemila cazzi che a sto punto vale la pena metterli nero su bianco” e di “questo Lanza (manager dell’Asp di Catania) in quota Raffaele Stancanelli (oggi eurodeputato dei Fdi)». Il grande sospetto dei pm è che nelle scelte dei vertici della sanità non ci sia davvero nulla «di meritocratico» ed è questo il filone politico che stanno seguendo insieme a quello della tangenti. A vedere certi livelli di assistenza pubblica non c’è da sorprendersi poi molto.