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SENSO DI IMPOTENZA NELLA CITTÀ DOLENTE

Il Mattino, Sabato 4 Maggio 2019

IL SENSO DI IMPOTENZA NELLA CITTÀ DOLENTE

Marilicia Salvia

Il sindaco fa sapere che prega per la piccola Noemi e viene da pensare che davvero non ci resti che pregare, in questa città violenta e sbigottita, cinica e dolente. È toccato a Noemi questa volta trovarsi sotto il tiro incrociato dei proiettili, ma poteva capitare a Maria, a Carmela, a Gennarino o a Francesco, poteva capitare a un bimbo o a una donna o un anziano, come in effetti è già successo, e ogni giorno rischia di accadere di nuovo, in qualunque strada, a qualunque ora, di mattina davanti alle scuole, di pomeriggio nelle piazze affollate di passeggiate per un gelato. Siamo a Napolima viviamo come a Città del Messico, oppure a Beirut, viviamo come in guerra e se usciamo di casa possono spararci addosso, e nessuno è al sicuro, nessuno può dirsi al sicuro. Sparano per la droga, per il racket, per il predominio di un territorio che più continueranno a violentare più perderà valore e senso, perché non vale niente una terra dove una vita non vale niente. Sparano e non sappiamo neanche chi sono, noi gente comune che viviamo di semplice, quotidiana fatica, questi rampolli di clan che credevamo fossero stati disarticolati da arresti e morti ammazzati di faida ma che invece continuano a rinascere dalle proprie ceneri, arabe fenici maledette. Questi figli di Gomorra, questi orrendi camorristi non da fiction che non riusciamo a scaraventare una volta per tutte nel girone degli indesiderati, dei modelli da condannare all’ostracismo perenne,ma che al contrario siamo obbligati a tenerci incollati addosso come etichette di un marchio perché il resto d’Italia, e di mezzo mondo ormai, possa continuare a considerarci quello che non vogliamo ma continuiamo ad essere, Napoli, il poligono di tiro di Genny Savastano e compagnia, Napoli, il parco giochi della paura. Paura sì, abbiamo paura. È un sentimento noto e diffuso, la paura, in questa città che di guerre di camorra ne ha vissute tante, da Cutolo agli scissionisti, dai contrabbandieri ai narcotrafficanti, e di morti innocenti ne ha dovuti piangere decine. Non erano loro a trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, hanno sempre ripetuto i preti coraggio nelle omelie dei loro funerali, ma il contrario: e anche Noemi, che stava attraversando piazza Nazionale tenendo stretta la mano della nonna alla sua manina, era al posto giusto, in una città non possono esistere posti sbagliati nel pomeriggio di una bimba di quattro anni. Quelli che hanno sparato, quelli non dovevano essere lì, in una piazza affollata, in un pomeriggio reso speciale dalla presenza nella zona di attori e cineprese che avevano appena finito di girare le nuove scene dell’Amica geniale. Napoli set di film di successo, Napoli invasa da turisti, Napoli che vuole rinascere, che nella bellezza e nella cultura può trovare una strada di sviluppo, di nuovo benessere: solo parole, solo illusioni, fino a quando a comandare ci saranno loro. Solo speranze schizzate dal sangue, perseguitate dalla paura: è successo a Noemi, per un soffio non è successo al nipotino dell’uomo ammazzato a San Giovanni a Teduccio, e di colpo abbiamo preso coscienza che non finirà qui, perché questi non hanno regole, non hanno neanche quello straccio di codice che impediva ai delinquenti del passato di sparare su donne e bambini, questi non si fermano davanti a niente. Questi sembra non poterli fermare nessuno, nemmeno le indagini senza sosta degli inquirenti: e non basta più neanche invocare l’arrivo di altra polizia, di altre camionette dell’esercito, perché di polizia e di soldati è piena questa città, non si può più dire che non si vedano, eppure loro hanno sparato lo stesso, sparano lo stesso. Naturalmente più ne arriveranno, di forze di polizia, e meglio sarà, ma non può essere un obiettivo quello di militarizzare, di blindare ogni nostro passo. Non vogliamo vivere come in guerra, anche se in fin dei conti è così che viviamo. Essere liberi, ecco che cosa vogliamo. Liberi da questa gente, dalla paura, e dal senso di impotenza che ci opprime, ci sbigottisce. Da sempre, e da ieri di più.