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Se non si colpiscono e mettono in galera esponenti politici e delle istituzioni collusi con i mafiosi, è tutta aria fritta.

Tutti a raccontare di clan che si impossessano ininterrottamente dei nostri territori; tutti a raccontarci di arresti di volgari criminali che fanno riferimento ai vari clan, alle varie ndrine.

I nomi ricorrenti sono sempre gli stessi: i Mallardo, i Casalesi, i Tripodo, ecc. ecc.

Notizie trite e ritrite che si sanno da decenni e che ci vengono snocciolate di volta in volta con una litania fastidiosa e penosa.

Per chi sa e fa il nostro lavoro.

Per gli allocchi, i disinformati, le notizie, condite in varie salse, possono anche suscitare un certo interesse.

Un’informazione drogata e che non tocca mai i veri problemi.

Quelli che riguardano, da una parte, l’inefficienza delle istituzioni –talvolta anche le collusioni di soggetti di esse-e, dall’altra, le compromissioni della politica.

Oggettive o soggettive.

Chi è colluso con le mafie, chi non si pone il problema addirittura negandone l’esistenza, chi lo affronta in maniera inadeguata.

E’ mafia anche questa; anzi, soprattutto questa.

Tanti anni fa ci fu a Latina un’irruzione a gamba tesa dei famosi “ cavalieri catanesi “ ai quali fu concessa regolare licenza (ora concessione) edilizia per la realizzazione di un grattacielo nelle vicinanze dell’attuale Panorama.

La licenza fu firmata da un noto esponente politico, allora assessore all’urbanistica, ma la realizzazione dell’opera non fu possibile in quanto ci fu la sollevazione dell’allora MSI e, in particolare, dell’on. Maceratini e del consigliere Zaccheo, poi diventato Sindaco di Latina.

Sul cartello del cantiere, che noi fotografammo, c’era scritto il nome di un grosso esponente politico di Latina che svolgeva le funzioni di progettista.

Nessuno indagò sui rapporti fra quell’esponente politico ed i “cavalieri catanesi”, i quali, peraltro, furono chiamati anche a realizzare alcuni lavori nel nuovo ospedale di Terracina.

Rapporti professionali, si disse, come rapporti professionali se ne trovano tanti altri, a Sabaudia, a Formia e così via.

Nel Lazio c’è stata qualche inchiesta che ha riguardato anche i probabili rapporti fra soggetti politici ed organizzazioni malavitose.

Quella a Nettuno che ha portato all’individuazione di riscontri e che ha determinato lo scioglimento dell’Amministrazione Comunale.

Quella ad Ardea a seguito della quale il Prefetto di Roma dell’epoca non ritenne di adottare alcun provvedimento, decisione che noi non abbiamo affatto condiviso.

Quella a Formia-la famosa “Formia Connection”-che fece emergere rapporti fra noti esponenti politici locali ed elementi appartenenti a una famiglia camorristica.

La Procura della Repubblica di Latina avrebbe dovuto disporre un approfondimento delle indagini e segnalare la situazione alla DDA.

Cose, entrambe, che non ritenne di fare e che oggettivamente hanno determinato una situazione davvero irreversibile in quanto quei personaggi politici, che ricoprono ancora incarichi istituzionali prestigiosi, sono attualmente sulla cresta dell’onda.

C’è, poi, Fondi, con tutte le inchieste fatte dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Latina.

Di Fondi tutti sanno come è andata a finire.

Allora, per concludere, delle due una:

o ci si mette in testa di colpire i piani alti, individuando nei partiti e nelle istituzioni, eventuali stazioni di comando, di regia, suggeritori, fruitori finali o, al contrario, lasciamo perdere tutto e non pigliamoci più in giro.

A noi che venga arrestato Mallardo, Dell’Aqualia e quanti altri interessa poco o nulla, se sappiamo che dietro di essi ci sono sicuramente il politico, il deputato, il sindaco, , l’assessore che affidano ad essi gli appalti e quant’altro.

Allora colpiamo, sì, i loro capitali che è quanto bisogna assolutamente fare come prima mossa, ma, soprattutto, individuiamo e mettiamo in galera le persone politiche o delle istituzioni che fanno affari con i mafiosi e spesso prendono voti mafiosi.

Se non si fa questo, si continua a prelevare con un bicchierino acqua dall’oceano, senza mai risolvere il problema.