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Salvatore, delitto senza colpevoli

Salvatore, delitto senza colpevoli

di Franco Cascio

Fino a poco tempo prima che morisse, nel 2016, dopo avere festeggiato i cento anni, a Cinisi il boss Procopio Di Maggio, passeggiava tranquillamente per le strade del paese distribuendo saluti ai suoi compaesani. Una vita nel crimine, due figli morti ammazzati, almeno due attentati scampati, in uno dei quali a perdere la vita fu Salvatore Zangara, un innocente padre di famiglia, con la sola colpa di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Era l’8 ottobre di trentasette anni fa.

«La seconda volta fu nel 1983 in piazza a Cinisi. Ero con quattro conoscenti quando si avvicinò un’auto e cominciarono gli spari. Uno dei miei interlocutori fu colpito alla schiena, un altro all’altezza della cravatta, l’altro ancora sulla guancia, il quarto lo uccisero. Io rimasi illeso. Crede che se avessero mirato a me sarei qui a raccontarlo?».

Così raccontava in un’intervista al quotidiano l’Unità, lo storico capomafia di Cinisi, una condanna al maxiprocesso, indicato come uno dei componenti della commissione di Cosa nostra e capo mandamento di Cinisi, il paese di Peppino Impastato.

La sera dell’8 ottobre 1983, la piazza di Cinisi era piena di gente. In quegli anni infuriava la seconda guerra di mafia, il conflitto tra Tano Badalamenti e i suoi alleati e i corleonesi. Le frizioni tra i Badalamenti e i Di Maggio, da sempre ostili, si erano acuite dopo la morte di uno dei figli di don Procopio in un controverso incidente stradale. Un altro figlio del capomafia di Cinisi sparirà nel 2000, il corpo lo ritroveranno in mare.

Quel sabato d’ottobre del 1983, sul corso del paese, più o meno all’altezza della piazza principale, fiondò una Renault 5 con a bordo i killer pronti a scaricare l’arsenale di munizioni addosso a Di Maggio. Non c’erano riusciti un paio di anni prima al distributore di benzina del boss. Anche in quella circostanza, benché ferito, il capomafia riuscì a salvarsi dal fuoco proveniente da una Giulietta.

Quel sabato d’ottobre del 1983, invece, Di Maggio cercò e trovò riparo tra i passanti. La raffica di proiettili destinata al capomafia di Cinisi raggiunse così Salvatore Zangara, 52 anni, marito e padre di tre figli, titolare di un laboratorio di analisi e segretario locale del partito socialista. Altre due persone, invece, rimasero gravemente ferite.

L’omicidio di Salvatore Zangara è rimasto impunito. Mandanti ed esecutori dell’attentato non sono mai stati individuati. Dopo quattro anni Zangara fu riconosciuto vittima innocente della mafia e solo dopo dodici anni la città di Cinisi pose una targa in sua memoria nel punto in cui rimase a terra.

 

 

28 Febbraio 2020

fonte:https://mafie.blogautore.repubblica.it/