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Rinascita Scott, la Dda chiede il processo per 456 indagati. Le parti offese sono 224

Rinascita Scott, la Dda chiede il processo per 456 indagati. Le parti offese sono 224

Potrebbero essere parti civili i Comuni del Vibonese, della Regione, della Prefettura di Vibo, il ministero della Giustizia e gli imprenditori vessati dalle cosche. Stralciate 23 posizioni. L’inchiesta contro i clan del Vibonese raggiunge un nuovo step. Colpo allo strapotere delle ‘ndrine

29 luglio 2020, 15:54

di Alessia Truzzolillo

CATANZARO Sono 456 gli indagati nei confronti dei quali la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio. Nell’ambito della maxi-inchiesta “Rinascia-Scott”, condotta contro le le famiglie di ‘ndrangheta della provincia di Vibo Valentia, sono state individuate ben 224 parti offese che potrebbero diventare altrettante parti civili nel processo.
Si tratta dei Comuni del Vibonese, della Regione Calabria, della Prefettura, del ministero della Giustizia e di privati, imprenditori vessati dalle cosche, taglieggiati, sottoposti a minacce e danneggiamenti.
Ventitrè sono le posizioni stralciate rispetto alla chiusura indagini. I capi di imputazione scaturiti dall’indagine – vergata dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, e dai sostituti Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci, Andrea Mancuso e dall’attuale procuratore di Vibo Valentia Camillo Falvo – sono 438 e comprendono un vasta messe di delitti, il sunto dei misfatti che hanno schiacciato una provincia pervasa da una mafia feroce, radicata e ricca di accoliti. A dettare legge ci sono la cosca Mancuso al vertice della locale di Limbadi; la cosca La Rosa, ‘ndrina di Tropea; la consorteria Fiarè-Razionale-Gasparro a capo della locale di San Gregorio d’Ippona; la cosca Lo Bianco-Barba e i Camillo-Pardea dominanti sulla locale di Vibo Valentia città; la cosca Accorinti del locale di Zungri; la cosca dei Piscopisani a capo della locale di Piscopio; la cosca Bonavota del locale di Sant’Onofrio; la cosca Cracolici, ‘ndrina di Filogaso e Maierato; la cosca Soriano di Filandari, Ionadi e San Costantino; la cosca Pititto–Prostamo–Iannello della società di Mileto; la cosca Patania della locale dominante a Stefanaconi.
Nomi noti nel panorama criminale internazionale. Nomi noti alle cronache che li hanno elencati più volte nel corso delle varie operazioni antimafia che hanno cercato di estirpare la malapianta della ‘ndrangheta dalla provincia di Vibo Valentia, dove le sue radici affondano, fino alle regioni del Nord Italia e nel resto d’Europa, dove la criminalità vibonese domina grazie, soprattutto, al traffico di droga.
Rinascita-Scott” colpisce, per la prima volta, tutte le ‘ndrine del Vibonese e investe anche la rete di rapporti che gli ‘ndranghetisti avevano tessuto con gli ambienti imprenditoriali, con i colletti, bianchi, persino con le forze dell’ordine. Spicca il nome di Giancarlo Pittelli, avvocato penalista di Catanzaro, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa è accusato di essere il trait d’union tra il mondo dei colletti bianchi, della massoneria e della ‘ndrangheta.
Il vertice assoluto dell’intera area ‘ndranghetista, cui facevano capo le altre articolazioni, è Luigi Mancuso, “Crimine” per la Provincia di Vibo Valentia riconosciuto dal “Crimine” di Polsi e storico detentore del potere ‘ndranghetistico formale e sostanziale su tutta la zona del vibonese. Capi organizzatori del sodalizio sono Luigi Mancuso, Saverio Razionale, Rosario Fiarè, Giuseppe Antonio Accorinti. I magistrati della Dda di Catanzaro considerano la criminalità vibonese «un vero e proprio cartello ‘ndranghetistico trasversale rappresentativo delle locali di ‘ndrangheta della Provincia di Vibo Valentia» e i capi «una sorta di direttorio criminale (denominato “caddara”) avente decisiva influenza in tutta la zona». (a.truzzolillo@corrierecal.it)

fonte:https://www.corrieredellacalabria.it