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Rifiuti a Gaeta, nuova interdittiva antimafia per la Ecocar

Rifiuti a Gaeta, nuova interdittiva antimafia per la Ecocar

27/01/2018

Di ADRIANO PAGANO

Ci risiamo. La ditta Eco.Car, che a Gaeta gestisce un maxi appalto da oltre 50 milioni di euro per 9 anni, nell’ambito della raccolta e gestione dei rifiuti e della differenziata, è stata nuovamente raggiunta da un’altra interdittiva antimafia per quanto riguarda un altro appalto rifiuti, che gestisce in una associazione temporanea di impresa, con la società marchigiana Senesi nella città di Catania. La comunicazione della competente Prefettura è ovviamente già stata notificata anche a Gaeta, nella giornata di ieri, e ai Comuni limitrofi, proprio come prevede la procedura.

L’Ati tra Senesi e Deodati a Catania era già finita nelle maglie dell’Anac perchè risultata essere l’unica partecipante ad una gara da 11 milioni di euro per un serivizo-ponte di appena 100 giorni, prima di una maxi gara di appalto da 400 milioni di euro.Peraltro a seguito della gestione rifiuti precedente che era – sempre – nelle mani della famiglia Deodati, ovvero la Ipi di Angelo, prima della Ecocar di Francesco. Di padre in figlio. L’autorità nazionale volle vederci chiaro sui requisiti così stringenti da dissuadere altri partecipanti e far così ritirovare sola soletta l’Ati tra Senesi e Ecocar. Il 15 dicembre scorso la prefettura di Fermo sospende l’interdittiva antimafia a danno della Senesi a causa di alcuni suoi dipendenti contigui a certi ambienti criminali.

LE ALTRE INTERDITTIVE ANTIMAFIA CONTRO ECOCAR

Già quattro anni fa il prefetto di Roma comunicò al Comune di Gaeta l’interdittiva antimafia ai danni della Ecocar e dopo il terremoto dell’indagine di Malagrotta. Provvedimento prima annullato dal Tar ma poi ribaltato dal Consiglio di Stato per la particolare insidiosità della condotta tenuta dal gruppo imprenditoriale, secondo modalità operative illecite in grado di coinvolgere pubblici funzionari e di distoglierli dall’imparziale esercizio della loro funzione. La Pontina ambiente si sarebbe avvalsa di soggetti contigui od organici al mondo della criminalità organizzata di stampo mafioso”. Che tradotto significa che quella interdittiva della Prefettura di Roma è “pienamente giustificata dalla valutazione di permeabilità mafiosa”.

GLI ARRESTI E LE COMMISSIONI DI INCHIESTA.

Ancora la Ecocar e i suoi sodalizi nel mirino dell’Antimafia. Non è la prima volta come detto, perchè già nel 2001 il patron della ditta della famiglia Deodati, Angelo (titolare della Ipi srl, oggi facente parte del gruppo Ecocar, come si legge nel sito societario, e della Spe srl, entrambe consorziate nella Gfm), finisce in carcere nella cosiddetta Pomeziopoli che porta all’arresto di decine di persone tra politici e imprenditori per aver truccato l’appalto.

Poi la commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti scrive “Emergono nettamente gli stretti rapporti che corrono tra società che operano nelle diverse fasi del ciclo dei rifiuti e, più concretamente, la riconducibilità delle stesse ad un ristretto giro di operatori, chiaro indice di un’assenza di trasparenza del settore e del delinearsi di un oligopolio tendente al monopolio“.

DEODATI E BORGO MONTELLO

Soffermandosi poi su Dedodati, che della Ecocar è patron indiscusso, lo disegna come un personaggio con “complessi ed intricati interessi nel settore del ciclo dei rifiuti: con un ruolo dietro le quinte controlla direttamente o indirettamente numerose aziende tramite una rete di partecipazioni. Di questo intreccio farebbero parte la società LatinaAmbiente, privata e pubblica sempre per il Comune di Latina al 51 percento, e la Ecoambiente che gestisce la discarica di Borgo Montello”.

Quella stessa Borgo Montello che da poche settimane un’altra commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti disegna come una enorme bomba ecologica capace di mettere a repentaglio la vita di molte persone, luogo privilegiato per i business legati alla criminalità organizzata in particolare dei Casalesi e causa possibile di alcuni omicidi sospetti. Tutto con un dietro le quinte fatto di corruzione, politica e forze dell’ordine.

I RAPPORTI CON IL SUPREMO DELLA MONNEZZO MANLIO CERRONI

Oltre a finire entrambi nelle schede della Commissione parlamentare sul ciclo laziale dei rifiuti, come tra gli esponenti di spicco di questo business, Manlio Cerroni e Angelo Deodati sono quantomeno collaboratori di vecchia data. Nel luglio 2005 inaugurano un impianto bruciatore di rifiuti a Sidney, realizzato con una tecnologia tutta italiana, quella della società Sorain Cecchini, di proprietà pubblica e privata, dove quest’ultima era detenuta dai due imprenditori. Che ottengono tra l’altro un contratto della durata di 25 anni per gestire il trattamento di rifiuti in Australia.

Quando la commissione parlamentare d’inchiesta parla di un oligopolio tendente al monopolio nel ciclo dei rifiuti, gestito sempre dalle stesse persone, sembra profetizzare ciò che accadrà nel terremoto giudiziario che colpisce la discarica di Malagrotta e proprio Manlio Cerroni che viene arrestato, insieme all’ex governatore della Regione Lazio Bruno Landi, suo Alter Ego, eppoi c’è anche Raniero De Filippis dell’Ipab Ss Annunziata e capo del dipartimento territorio della Regione Lazio, ed altri ancora. Frodi traffico di rifiuti e reati ambientali, nell’universo del “Supremo” Manlio Cerroni, così ribattezzato per il suo potere nell’universo della monnezza, coinvolgono pesantemente, tra una serie di società, la Pontina Ambiente srl e quindi anche Angelo Deodati, Antonio Deodati e Paola Deodati che, per questo motivo, finiscono anche nelle 410 pagine di ordinanza del tribunale di Roma con le quali di dispongono gli arresti per alcuni dei 21 indagati, tra i quali Cerroni, Landi e De Filippis e il sequestro di alcune società tra le quali la Pontina Ambiente srl. Quest’ultima non solo citata come detto dalla stessa commissione parlamentare, ma ritenuta tra le principali società coinvolte nello scandalo dei rifiuti della vicenda Malagrotta.

Un filone d’indagine a parte che toccava anche il termovalorizzatore di Albano. In buona sostanza Cerroni crea una delle sue classiche strutture ad holding che controlla per mezzo di quote di partecipazione. La Pontina Ambiente srl è detenuta al 90% dalla Eco Italia e al 10%  dalla Leadergreen. Le quote di quest’ultima sono al 100% dalla Eco Italia mentre proprio la Eco Italia e al 57,5% di proprietà della Ponteg srl e, ecco Deodati, al 42,5% della Ipi srl.

UN INTRECCIO DI SOCIETA’

Per la precisione in un’organigramma esemplificativo, la Ipi di Deodati possiede il 42,5% del 90% di proprietà della Pontina Ambiente. Questo 42,5% è così diviso: Antonio Deodati il 29%, Angelo Deodati il 31%, la Stima srl il 28,5% e la società fiduciaria Fidervisa Italia spa l’11,5%. Ma non è finita qui, perchè il 28% della Stima srl è diviso al 60% nelle mani di Antonio Deodati e al 40 in quelle di Paola Deodati. Insomma un intreccio inestricabile.

Fonte:www.h25.tv