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Ricordando Beppe Montana: il commissario che dava la caccia ai latitanti di Cosa nostra

Ricordando Beppe Montana: il commissario che dava la caccia ai latitanti di Cosa nostra

28 Luglio 2020

di AMDuemila

Il commissario e dirigente della squadra catturandi di Palermo, Beppe Montana, fu assassinato il 28 luglio 1985 dai sicari di Cosa nostra mentre con la fidanzata Assia, il fratello Gigi, la cognata e una coppia di amici si trovava al mare a Porticello (vicino Palermo). L’omicidio del poliziotto destò molto scalpore e fu un duro colpo per la squadra investigativa che lavorava insieme al pool antimafia con Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta.
L’uccisione del commissario era già programmata e per Cosa nostra doveva morire a tutti i costi, erano stati progettati tre diversi posti dove sorprenderlo. Parenti e amici udirono gli spari e accorsero sul luogo, ma era troppo tardi.
Montana arrivò a Palermo nel momento in cui era in corso la seconda guerra di mafia tra i corleonesi di
Totò Riina e Bernardo Provenzano da una parte e dall’altra i boss palermitani Stefano Bontade, Totuccio Inzerillo e Rosario Riccobono. Il poliziotto, insieme al vice questore Nini Cassarà, fondò la sezione ‘catturandi’ della squadra mobile che aveva come unico scopo quello di arrestare i boss latitanti. Il commissario lavorava con una decina di ragazzi, tutti giovani e motivati. “La squadra di Beppe era unita, di alto livello, – ha ricordato il fratello di Beppe, Dario Montana formata alla scuola di Cassarà. Facevano sacrifici personali, pagavano affitti di appartamenti che utilizzavano per compiere appostamenti, andavano in giro senza armi, in borghese, per ascoltare ogni sussurro, non sottovalutavano alcuna notizia. Spesso i ragazzi di mio fratello andavano alle feste di paese, magari abbordavano le ragazze per avere informazioni utili, per conoscere il territorio”.
Montana e Cassarà ebbero risultati significativi come con l’operazione a Bonfornello nel 1984, nel palermitano, dove erano stati arrestati un boss latitante e due mafiosi con posizioni di rilievo insieme a sette affiliati. Tra i criminali catturati durante la sua carriera in polizia, anche gli assassini di
Rocco Chinnici e del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso nel 1982 insieme alla moglie Elisabetta Setti Carraro e all’agente Domenico Russo, oltre ad aver seguito diverse attività investigative insieme a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Il dirigente della squadra catturandi riuscì anche a scoprire numerose raffinerie di droga e depositi di armi, e insieme a Cassarà e Calogero Zucchetto. Il commissario aveva anche contribuito a stilare il famoso “rapporto dei 162”: il primo vero tentativo di delineare una mappa aggiornata di Cosa nostra e degli equilibri in via di definizione a seguito dell’avvio dell’ultima guerra di mafia. Gli indiziati erano 161 affiliati – tra cui il boss Michele Greco – legati tra loro e facenti parte di diverse famiglie della città e della provincia.
I due artefici della squadra catturandi, Montana e Cassarà, nell’85 furono assassinati: prima Montana e qualche giorno più tardi Cassarà il 6 agosto 1985.
“L’omicidio di mio fratello, come quello di altri investigatori, è un delitto politico-mafioso – disse Dario Montana perché un poliziotto può restare ucciso durante una rapina, ma in questo caso la sua eliminazione ha come obiettivo la distruzione di un patrimonio investigativo”. Infatti, dopo la morte dei due poliziotti le loro squadre furono sciolte. Per il delitto di Beppe Montana sono stati condannati all’ergastolo Totò Riina, Michele Greco, Francesco ed Antonio Madonia, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Raffaele e Domenico Ganci, Salvatore Buscemi, Giuseppe e Vincenzo Galatolo.

Fonte:http://www.antimafiaduemila.com/