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Renzi non ha pronunciato una sola parola contro le mafie. Perché? Il trattamento vergognoso dei Collaboratori di Giustizia la cui essenzialità nella lotta alle mafie è nota a tutti. Non si vuole che collaborino con la Giustizia???

Collaboratori di giustizia, non ci sono più soldi. Manca la firma sui programmi di protezione. Così lo Stato rallenta la lotta alla criminalità

Dalla pubblica amministrazione al Senato, dal lavoro fino alla giustizia passando per il fisco. Sin dal suo insediamento lo scorso 22 febbraio Matteo Renzi ha snocciolato promesse di riforme importanti. Eppure non una parola è stata spesa sulla criminalità organizzata. E al silenzio, allora, è seguita l’imperizia. Nonostante la legge preveda che, appena insediatosi l’esecutivo, istituisca “una commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione”, nulla è stato fatto, col risultato che da oltre due mesi i testimoni e i collaboratori di giustizia sono completamente abbandonati a loro stessi.
Una cantonata non da poco vista l’essenzialità dei pentiti nella lotta alla criminalità organizzata. La commissione, infatti, prevede all’attuazione degli speciali programmi di protezione e di assistenza per i collaboratori di giustizia e i loro familiari, tenendo conto del reinserimento nel contesto sociale e lavorativo, e facendosi carico, nel caso servano, anche di misure economiche a favore di testimoni e collaboratori di giustizia. Eppure i due ministri interessati, Andrea Orlando e Angelino Alfano, ad oggi ancora non hanno firmato il provvedimento per l’istituzione della commissione che sarà composta da 2 magistrati, 5 funzionari delle forze dell’ordine e da un sottosegretario.

Più collaboratori, meno soldi
Cade dunque l’ennesima tegola su un sistema che negli ultimi anni, a causa anche della crisi economica e dei continui tagli, è arrivato al collasso. Basti leggere, d’altronde, la relazione sui programmi di protezione presentata in Parlamento a marzo e relativa al secondo semestre 2013. “Le persone attualmente titolari di speciali misure di protezione – si legge – sono 1.224, delle quali 80 testimoni e 1.144 provenienti dall’ambiente criminale. I familiari sono invece 4.617 (267 per i testimoni e 4.350 per i collaboratori)”. Il totale complessivo delle persone sottoposte a programma tutorio tra testimoni, collaboratori e rispettivi familiari ammonta dunque a 5.841 unità, con un incremento rispetto all’ultimo semestre di 318 unità (44 tra collaboratori e testimoni e 274 familiari). All’evidente crescita esponenziale dei collaboratori di giustizia, però, segue un progressivo taglio del fondo a disposizione. Nel documento, infatti, si parla a più riprese di “criticità indotte dalla mancanza di disponibilità di congrui stanziamenti, protrattasi fin dall’esercizio finanziario 2009 e durante tutto l’esercizio finanziario 2013″ che non ha consentito al Servizio Centrale di Protezione di assolvere con regolarità “agli impegni di spesa assunti con soggetti terzi”.

Aumentano i debiti
Secondo i dati riportati nella relazione, il Servizio Centrale di Protezione ha speso, tra vari oneri, oltre 45 milioni di euro, cifra nettamente superiore ai 30 milioni del primo semestre. Ma attenzione: ciò non è conseguenza di un maggiore stanziamento per la seconda metà del 2013, ma “il risultato di una ritardata disponibilità di fondi sul capitolo di bilancio”, cosa che ha comportato “nel secondo semestre oneri già frutto di impegno assunto durante il semestre precedente”. Insomma, lo Stato non paga. E gli effetti sono paradossali. I debiti contratti con i locatari di immobili dove risiedono testimoni e pentiti ha determinato “serie difficoltà nei trasferimenti e nelle allocazioni dei nuclei familiari protetti” e, alcuni di questi, hanno addirittura depositato citazioni, volte ad ottenere “la declaratoria di sfratto per morosità”. Nessuno, dunque, vuole più ospitare i collaboratori di giustizia. Né qualcuno vuole difenderli a causa del “considerevole ritardo” nel pagamento degli avvocati che hanno prestato la loro assistenza in favore dei collaboratori di giustizia. Che da due mesi sono completamente abbandonati. Da uno Stato che “dice” di difenderli.

Carmine Gazzanni

(Tratto da La Notizia)