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Relazione Dia: tra ”scappati” e ”vecchi boss” è una Cosa nostra che guarda all’antico

Relazione Dia: tra ”scappati” e ”vecchi boss” è una Cosa nostra che guarda all’antico

Aaron Pettinari 24 Febbraio 2021

Da quando il Capo dei Capi Totò Riina è deceduto nel 2017 Cosa nostra avrebbe subito una serie di trasformazioni passate dal tentativo di ricostituzione della nuova Commissione provinciale. Proprio per comprendere le più recenti dinamiche interne operazioni come “Cupola 2.0” e “New Connection” (entrambe del 2019) sono state fondamentali. Inchieste che hanno anche evidenziato il ritorno alla ribalta dei cosiddetti “scappati”, ovvero gli sconfitti della guerra di mafia degli anni Ottanta scatenata dai cosiddetti “corleonesi”, all’interno delle dinamiche palermitane.
Proprio in tal senso, spiega la Dia, “si conferma la tendenza segnalata anche nei semestri precedenti di un rafforzamento dei rapporti tra esponenti di alcune famiglie storiche di cosa nostra palermitana e quella “americana”. Anche ad Agrigento, l’operazione “Passepartout” aveva documentato, tra l’altro, i rapporti intrattenuti da affiliati a cosa nostra di Sciacca (mandamento del Belice) con soggetti contigui alla famiglia mafiosa Gambino di New York. Al riguardo, è stato anche accertato come il vertice della famiglia di Sciacca avesse avviato contatti con altri associati mafiosi agrigentini emigrati in Canada e, soprattutto, negli Stati Uniti d’America, al fine di intraprendere e controllare nuove attività economiche. Gli analisti ricordano come proprio negli Usa 
gli scappati avrebbero impiantato attività imprenditoriali redditizie i cui proventi verrebbero destinati al mantenimento delle famiglie e dei sodali rimasti in Sicilia”.

A Palermo struttura meno rigida
Sul piano dell’articolazione territoriale, a Palermo e Provincia restano i 15 mandamenti (8 nel capoluogo e 7 in provincia), a loro volta composti da 82 famiglie (33 in città, 45 e 49 in provincia). In merito, tuttavia, va evidenziato che, negli ultimi anni, la “competenza territoriale” dei mandamenti e delle famiglie è risultata meno rigida rispetto al passato variando in base a equilibri di potere che si ritengono meno stabili e dei conseguenti accordi. 
L’inoperatività della Commissione provinciale di Palermo, la c.d. Cupola – scrivono gli analisti della Dia – non esclude, da parte dei consociati, il riconoscimento della validità delle decisioni da essa assunte in passato, formalmente revocabili solo con la deliberazione di una nuova Commissione. Tuttavia, in assenza di un organo sovraordinato, la direzione e l’elaborazione delle linee operative sono perlopiù esercitate attraverso relazioni ed incontri di anziani uomini d’onore ai quali, pur in assenza di una formale investitura, viene riconosciuta l’autorità derivante dal carisma criminale e da una pregnante influenza sul territorio”.
Nella relazione si fa anche riferimento a diverse indagini concluse nel primo semestre del 2020, come l’inchiesta “Mani in pasta”, conclusa dalla Guardia di finanza in maggio con 91 arresti tra Palermo e Milano, che ha colpito i vertici del mandamento di Resuttana, ponendone in luce gli investimenti criminali in un ampio ‘paniere’ di iniziative volte al riciclaggio ed al reinvestimento in particolare nel settore dei giochi, ma anche negli appalti, nelle commesse sui lavori eseguiti nei cantieri navali di Palermo, nello smaltimento dei rifiuti e nelle attività del locale mercato ortofrutticolo”.

L’incidenza delle mafie straniere
La Dia nella relazione affronta anche il tema dell’incidenza in Sicilia delle organizzazioni criminali composte da soggetti di origine straniera.
L’esito delle indagini ha confermato come il ricorso di Cosa nostra a tali organizzazioni sia limitato ad una collaborazione destinata ad attività criminali circoscritte e sempre con ruoli di basso profilo. Cosa nostra, in sintesi, manterrebbe il controllo delle attività nelle aree di competenza tollerando la presenza della criminalità straniera solo per ruoli marginali di cooperazione ovvero delegando ai medesimi porzioni di attività illegali ritenute secondarie”.
In particolare dalle indagini è sempre evidente come nel contesto cittadino sia particolarmente forte la “mafia nigeriana” con delle vere e proprie “cellule” di gruppi più ampi, i secret cults, ovvero strutture basate sulla matrice etnica, organizzazione gerarchica e struttura militare, nonché sui riti di iniziazione e codici comportamentali”.
Pur in assenza di evidenze circa accordi specifici – si legge nella relazione – si può ragionevolmente argomentare che esista una sorta di placet da parte delle locali consorterie di cosa nostra in merito all’operatività dei sodalizi criminali nigeriani nel proprio territorio, tanto che sembra essere stato instaurato uno stato di non conflittualità tra le due organizzazioni. Cosa nostra, comunque e laddove necessario, in passato non ha tardato a sottolineare il suo predominio territoriale. In conclusione si può affermare come la mafia nigeriana, nel tempo, abbia saputo insediarsi con forza crescente nel territorio cittadino palermitano e organizzarsi per il controllo stabile di attività illegali, quali lo sfruttamento della prostituzione di giovani connazionali nonché il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti”.

PDF Scarica la relazione DIA

fonte:https://www.antimafiaduemila.com/home/mafie-news/309-topnews/82398-relazione-dia-tra-scappati-e-vecchi-boss-e-una-cosa-nostra-che-guarda-all-antico.html