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Record di Comuni sciolti per mafia, sono già 12 da inizio anno

E’ NECESSARIO ED URGENTE MODIFICARE LA LEGGE IN SENSO PIU’ MODERNO E SOPRATTUTTO EFFICACE IN QUANTO SCIOGLIERE UN’AMMINISTRAZIONE MANDANDO A CASA SOLO I POLITICI E LASCIANDO AL LORO POSTO FUNZIONARI E DIRIGENTI CHE SONO I VERI RESPONSABILI E L’OSSATURA DELL’AMMINISTRAZIONE STESSA SIGNIFICA NON RISOLVERE NIENTE.SOLO FUMO NEGLI OCCHI DELLA GENTE ALLOCCA.

La Stampa, 28 Aprile 2018

Record di Comuni sciolti per mafia, sono già 12 da inizio anno

A questo ritmo il 2018 sarà l’anno peggiore da quando esiste la legge. Nove su dieci sono in Campania, Calabria e Sicilia. I sindaci: “la norma del 1991 è troppo severa”

Di ANDREA FIORAVANTI

TORINO

La mafia uccide solo d’estate ma si infiltra nei piccoli Comuni italiani tutto l’anno. L’allarme l’ha lanciato Avviso pubblico, associazione di enti locali per la formazione civile contro le mafie. Solo nei primi quattro mesi del 2018 il Consiglio dei ministri ne ha già sciolti dodici. Gli ultimi cinque, il 26 aprile, tutti nel Sud Italia. Tra questi ci sono anche Platì, in provincia di Reggio Calabria, già sciolto quattro volte per infiltrazione mafiosa e Limbadi, nel vibonese, dove lo scorso 9 aprile un’autobomba piazzata su una Ford Fiesta uccise Matteo Vinci che aveva denunciato la sorella di un boss dopo una lite per questioni di vicinato.

Dal 1991 a oggi sono stati 308 gli enti locali commissariati per infiltrazioni mafiose. Più di un terzo negli ultimi sei anni (101). Solo l’anno scorso sono stati 21, ovvero una media di due scioglimenti al mese. E se il buongiorno si vede dal mattino, a questo ritmo il 2018 rischia di superare il record storico di Comuni sciolti: 34 nel 1993. In quell’anno ci furono sette attentati mafiosi, tra cui uno agli Uffizi di Firenze che provocò cinque morti.

Oggi la situazione è diversa ma rimane l’emergenza. E la legge, nata in un momento storico particolare, rischia di non essere più efficace così com’è. Il governo Andreotti VII la approvò nel maggio del ’91 per sciogliere il Comune di Taurianova (Rc) dove era in corso una faida tra bande mafiose che aveva portato alla morte del salumiere Giuseppe Grimaldi, la cui testa era stata lanciata più volte dai suoi killer nella piazza del paese. Una scena che aveva fatto rabbrividire l’opinione pubblica italiana.

La procedura di scioglimento è stata una misura adatta per l’emergenza delle bombe di Cosa Nostra tra il ’92 o ’93, ma oggi rischia di essere troppo drastica per affrontare un problema diventato costante. «Servono altre misure intermedie e graduali per reintrodurre il Comune sciolto alla democrazia. Lo scioglimento deve essere solo un atto estremo per risolvere una situazione irrimediabile perché crea sempre un trauma finanziario e operativo per l’ente che lo subisce. Il rischio è che poi il Comune ci ricaschi, come è successo a Platì», dice Roberto Montà, sindaco di Grugliasco (To) e presidente di Avviso Pubblico. «A volte è meglio usare un cartellino giallo invece di uno rosso per cambiare un comportamento. Il prossimo governo dovrebbe riformare quella legge approvata in pochi giorni perché scioglie il consiglio comunale ma rimane intatta la struttura amministrativa. La vera gestione degli appalti e dei bandi non le fanno i politici, ma i dirigenti amministrativi».

Il 92% degli scioglimenti di questi 27 anni è avvenuto in Campania, Calabria e Sicilia, ovvero le tre regioni delle principali organizzazioni criminali operanti in Italia. Ma dal 2011 sono stati commissariati anche otto enti locali nel centro e nord Italia tra Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna e Lazio. Da decenni ormai la mafia è un fenomeno nazionale, ma nell’immaginario comune pensiamo che le cosche agiscano solo nelle grandi città. Le serie tv ci fanno vedere le bande mafiose mentre si contendono le periferie di Napoli e Roma o si uccidono a colpi di mitra nel centro di Palermo. «Ma ormai le organizzazioni criminali scelgono sempre più i comuni medio piccoli per i loro affari. Perché queste amministrazioni gestiscono allo stesso modo delle grandi città gli appalti, i bandi e i finanziamenti ma hanno strutture più fragili perché hanno bacini elettorali minori e più influenzabili» conclude Montà.