Cerca

Quei film dalla parte giusta.

Quei film dalla parte giusta

Venerdì 21 Aprile 2017

di ATTILIO BOLZONI

Presidente, quale è il film più bello che ha visto nella sua vita? Appena eletto, Barack Obama ha stilato la sua classifica: «Ai primi posti c’è Il Padrino, parte I° e parte II°».
Ma come Presidente, va bene il memorabile cast – Marlon Brando, Al Pacino, James Caan, Robert Duvall, Diane Keaton – però la pellicola firmata da Francis Ford Coppola ha offerto una visione romantica del crimine con le solite stupidaggini sulla “mafia buona” che combatte la “mafia cattiva”, sui boss all’antica che fanno la guerra a quelli più giovani “senza valori morali”, su certe famiglie – come quella di don Vito Corleone per l’appunto – che non si sporcano le mani con la droga. Come le può mai piacere un film che inneggia a Cosa Nostra?
Mafia e cinema, cinema e mafia. Si comincia con i muti americani già all’inizio del ‘900, titolo più famoso The Black Hand (la Mano Nera) che racconta dei commercianti di Little Italy spremuti dai “galantuomini” emigrati a New York. La prima volta In Italia è invece nel 1949, In nome della legge di Pietro Germi, tratto dal romanzo di Giuseppe Guido Lo Schiavo Piccola Pretura. La trama: un giovane magistrato del Nord che scende in un paesino della Sicilia e scopre l’omertà. Un successo straordinario, il biglietto costava allora 90 lire e l’incasso fu di 401 milioni, poco di 25 milioni di euro di oggi. Da quel momento in poi, fra la Sicilia mafiosa e il cinema è iniziato un rapporto che non si è mai più interrotto.
Dal Salvatore Giuliano di Francesco Rosi a Il mafioso di Alberto Sordi, da Il giorno della Civetta di Damiano Damiani (il libro di Sciascia, testo che ha fatto conoscere la mafia a tutti gli italiani) fino all’esilarante Johnny Stecchino di Roberto Benigni. E poi le fiction. Tante. Belle e brutte, amate o contestate. La Piovra, il Capo dei Capi, Scacco al Re, L’ultimo Padrino e molte altre ancora che hanno ipnotizzato gli spettatori.
Ascolti alle stelle e qualche polemica, più o meno grossolana o più o meno motivata, sull’opportunità di rappresentare il male che prevale sul bene.
Ora, in questa primavera del 2017, l’inversione di rotta. Sono in lavorazione una quindicina di film, di documentari e di fiction dedicate solo alle vittime di mafia.
Sarà che è stagione di anniversari pieni – il 25° delle stragi di Capaci e di via D’Amelio, il 35° per gli omicidi di Pio La Torre e di Carlo Alberto dalla Chiesa – sarà che una diversa sensibilità consiglia le produzioni a virare, sta di fatto che stanno girando due o tre documentari su Falcone e Borsellino, uno sul segretario del Pci ucciso a Palermo il 30 aprile del 1982, un altro sul Presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella assassinato il giorno dell’Epifania del 1980, un altro ancora sul consigliere istruttore Rocco Chinnici fatto saltare in aria con un’autobomba il 29 luglio del 1983.
E uno sul giornalista Mario Francese, uno su Emanuela Loi, un terzo sull’imprenditore Libero Grassi, un altro ancora sull’assessore al comune di Nardò Renata Fonte. C’è anche una mini-serie che ricorda le vittime più dimenticate – come Piera Aiello (testimone di giustizia cognata di Rita Atria) e Margherita Asta (i suoi familiari sono saltati in aria a Trapani nell’85 nell’attentato contro il giudice Carlo Palermo) firmata dal giornalista siciliano Umberto Lucentini. L’anno scorso aveva fatto da apripista Boris Giuliano, fiction ispirata al commissario di polizia caduto in un agguato il 21 luglio del 1979.
E’ il mercato che ha avuto la necessità di scoprire quei film dalla parte giusta o c’è un’altra consapevolezza nel raccontare le mafie?
L’ho chiesto a una ventina fra registi e attori, sceneggiatori, scrittori, intellettuali, produttori. Da Ficarra e Picone a Pif, da Luigi Lo Cascio a Giancarlo De Cataldo, da Francesco Piccolo a Pietro Valsecchi, da Roberto Alajmo a Carlo Degli Esposti, da Pasquale Scimeca a Roberto Andò. E a tanti altri ancora. Nelle loro risposte non mancano sorprese.

fonte:http://mafie.blogautore.repubblica.it

 

 

PS.CARO BOLZONI,SI TENDE A DARE QUASI SEMPRE DELLE MAFIE  E DEI MAFIOSI UN’IMMAGINE EDULCORATA E NON CORRETTA.MOLTE VOLTE IN BUONAFEDE,ALTRE NO.LA COLPA NON E’ NEMMENO   DEI REGISTI PERCHE’ FRA QUESTI CI SONO ANCHE PERSONE PERBENE ED ONESTE ,MA ,SOPRATTUTTO,DI QUEL “FILTRO” RAPPRESENTATO  DAL SISTEMA DEI FINANZIAMENTI IN PRIMIS  E DALLA RETE DELLE SALE NELLE QUALI IL FILM  POI VA PROIETTATO.SE PENSI  CHE ANCORA  CI VIENE RAPPRESENTATO TOTO’ RIINA, ANALFABETA COM’E’,COME IL…….” CAPO DEI CAPI”!!!!!!!! ………………………………………….

ASS.CAPONNETTO