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Quanti misteri e quanti interrogativi rimasti finora senza risposta!!!!!

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In balìa dei veleni

L’altra nube: la mancanza di verità. Retroscena dell’incendio alla Eco X 

14 maggio 2017, ore 09:41 

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Una cappa avvolge la nube tossica che ha messo in allerta 21 Comuni in cui vivono 630mila persone, più i quattro Municipi di Roma sud dove vivono 850mila abitanti: non si sa cosa effettivamente sia andato in fiamme e quindi cosa si sia sprigionato nel disastro di Pomezia. Cosa c’era e cosa è successo veramente in quello stabilimento sulla Pontina Vecchia a Pomezia, noto come Eco X, in realtà ora intestato alla Eco Servizi per l’Ambiente Srl? Chi pagherà i danni? Lode e gratitudine per l’infaticabile lavoro ai Vigili del Fuoco, chiamati a domare il velenoso e gigantesco rogo in un sito dove la sicurezza antincendio è stata certificata dai loro stessi capi.
Parliamo di sistemi che per legge devono essere ultra-efficienti, collaudati e certificati ogni anno dai Vigili del Fuoco. La normativa impone anche che l’azienda abbia personale responsabile della sicurezza. 

CHI DOVEVA CONTROLLARE?
Chi doveva controllare? Un film già visto a soli 5 km in linea d’aria, con il singolare incendio dell’impianto Tmb presso la discarica di Roncigliano (ad Albano) scoppiato il 30 giugno dell’anno scorso, nonostante il sofisticato sistema antincendio prevedesse persino un impianto che toglie l’ossigeno per soffocare le fiamme. Da tenere presente che la Regione Lazio dal 2010 autorizza il sito di Pomezia e che la perizia giurata dell’ingegnere su cui si basa quell’autorizzazione dice: “i macchinari, le aree, le strutture, le certificazioni e le disponibilità, tutte contenute nel predetto contratto di affitto di ramo d’azienda, consentono la corretta gestione operativa dell’impianto”… 

“ATTENTATO”?
Lo scenario – che porterebbe anche verso calabresi e siciliani radicati tra Ardea, Pomezia e Castelli Romani, con entrature nella politica locale – è quello che va avanti da decenni: si lotta senza esclusione di colpi per l’immondizia, un affare enorme. A dettare legge sono le solite lobby del settore, c’è gran fibrillazione: ci si deve spartire la gestione del servizio rifiuti a Roma. “Ritengo che sia stato un attentato il rogo di Pomezia”, scrive su Facebook Ferdinando Imposimato, uno dei magistrati italiani più stimati, in Italia e all’estero, che si è occupato di alcune tra le pagine più oscure della nostra storia: stragi, caso Moro, mafia, camorra, terrorismo, banda della Magliana… Finora i fatti e i documenti ci insegnano che creare un’emergenza funziona sempre: la politica ha occasione e giustificazione per approvare certi business e l’opinione pubblica magari si persuade che quella sia la via giusta. 

A CHI DA FASTIDIO UNA SANA GESTIONE DEI RIFIUTI?
L’incendio “è secondo la prova logica, un attacco alla raccolta differenziata creando una emergenza rifiuti. Guai a cedere al ricatto della criminalità”, affonda il giudice Imposimato. «Non credo nell’autocombustione – ha detto il sindaco di Pomezia Fucci alla cronista Silvia Mancinelli de Il Tempo -. L’entità di questi roghi anche numerica ci dimostra che ci sono una serie di pratiche criminose che orbitano intorno alla gestione degli impianti e ciò significa che autorità inquirenti e forze di polizia devono monitorare costantemente questi impianti», ha aggiunto Fucci, riferendosi agli oltre 60 incendi contro impianti per trattare i rifiuti in tutta Italia, dal 2015 ad oggi. L’ultimo poche ore prima del disastro a Pomezia: nell’impianto Tmb per trattare parte dell’indifferenziato di Roma, a Rocca Cencia, qualche manina metteva una tanica di plastica nel motore di una ruspa all’impianto. Il presunto sabotaggio ha bloccato l’attività.  

LA REGIONE NELLA NUBE
La Regione Lazio finora non si è decisa a discutere ed approvare in Consiglio regionale il Piano rifiuti, cioè la strategia che in concreto  vuole perseguire, come e dove trattare i rifiuti, su quali e quanti impianti punta (discariche, inceneritori, cosiddetti ‘bio’gas?), magari dando un vero e decisivo impulso al porta a porta. Più si fa il porta a porta e più gli impianti come quelli andati in fiamme a Pomezia e Roncigliano diventano inutili. Ma i professionisti dell’emergenza probabilmente hanno fatto gol anche stavolta: altri impianti inquinanti per trattare i rifiuti arriveranno. Chissà a quali pensa l’assessore regionale all’ambiente Mauro Buschini, che subito dopo l’incendio a Pomezia ha premuto sulla sindaca romana, Virginia Raggi, chiedendole di risolvere la crisi. La Raggi certo non ha brillato finora. Ma è dal dicembre 2013 che Zingaretti ha annunciato il nuovo Piano rifiuti! E poi perché Buschini non fa pubblicare sul sito internet della Regione tutti i documenti sull’iter con cui l’Ente ha autorizzato la Eco X Srl e poi la Eco Servizi per l’Ambiente Srl? Mancano molti documenti chiave, praticamente su tutti i progetti relativi ai rifiuti. Cosa dobbiamo pensare? 

I SOLITI NOTI
Se vuoi aprire un chioschetto di noccioline devi avere dispositivi di sicurezza da navetta spaziale. Se la caldaia ti scoppia o ti rubano la macchina e ci investono qualcuno, ti piombano subito addosso con una bella denuncia. Su questi disastri, invece, si procede contro ignoti – benché si sappia chi ha autorizzato, collaudato e  certificato gli impianti – e certe carte restano ignote. Conoscere quelle carte significa poter risalire ai materiali bruciati e quindi ai veleni prodotti dall’incendio, mettendoci in condizione di tutelarci. I sindaci dei Comuni ammorbati dalla nube tossica le hanno chieste? Cosa aspettano? Com’è stato possibile autorizzare quantità sempre maggiori di rifiuti in quello stabilimento sulla Pontina Vecchia? 

LA NUBE SULLE GARANZIE
E poi la nebulosa sull’eventuale risarcimento danni: lo stabilimento era coperto da fideiussione della società rumena City Insurance, per 725.000 euro, come precisa l’autorizzazione regionale.
Peccato che ad aprile scorso – ricorda l’ambientalista Giorgio Libralato – l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni ha comunicato  di aver “dato avvio a una procedura di risanamento finanziario, per gravi carenze patrimoniali” nei confronti di City Insurance la quale “non poteva stipulare nuovi contratti in Italia già dal 2 luglio 2012, sulla base del provvedimento di questo Istituto n. 2988 di divieto di assunzione di nuovi affari in Italia. Che valore ha la garanzia citata dalla Regione Lazio nell’autorizzazione?

Francesco Buda

 

Ma cosa lavorava la EcoX? Un elenco da brivido!
L’impianto incendiato il 5 maggio a Pomezia era stato autorizzato a trattare rifiuti dalla Provincia di Roma il 26 novembre 2004 (Dipartimento IV). L’autorizzazione è stata poi rivista più volte, sempre dalla Provincia. Nell’aprile 2010 a diventare protagonista dell’iter è la Regione Lazio: l’allora dirigente del Dipartimento territorio e ambiente regionale (rimosso da Zingaretti dopo che fu arrestato a gennaio 2014 nell’inchiesta su cerronopoli e tuttora sotto processo) ha autorizzato la EcoX a ricevere, trattare e stoccare 85mila tonnellate l’anno, “per un totale di 354 tonnellate al giorno” di “rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi per la durata di 10 anni”. Una quantità enorme.  Quali materiali esattamente non si può sapere, almeno se si va a cercare dove certi documenti dovrebbero essere pubblicati: il sito della Regione Lazio non fornisce i documenti. L’autorizzazione regionale specifica che “l’impianto dovrà essere dotato di un rilevatore di radioattività”. Cosa può essersi bruciato finendo nella nube nera del 5 maggio? Oltre a tutti i tipi di plastica, carta e cartoni, anche apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso, rifiuti non biodegradabili, gli scarti dei Tmb (cioè quel che resta della separazione dei materiali e non può essere riciclato, il peggio del peggio) plastiche e gomme di ogni genere, cavi, metalli misti, zinco, piombo, alluminio, stagno, miscele bituminose, rame, bronzo e ottone, pneumatici, catalizzatori esauriti (delle mini-bombe ecologiche), tutte le tipologie di batterie e accumulatori, batterie alcaline, serbatoi per gas liquido, pastiglie per freni usate, carta e pellicola fotografiche, adesivi, sigillanti, vernici e toner esauriti, rifiuti contenenti silicone, terreno contaminato… Questi sono alcuni dei rifiuti elencati nell’allegato A alla determinazione regionale n. G01716 del 23 febbraio 2015, rilasciata a favore della Eco Servizi per l’Ambiente Srl, subentrata nel 2014 alla EcoX.