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Provincia di Latina, Le mani dei Casalesi sui rifiuti.

provincia di Latina, Le mani dei Casalesi sui rifiuti

Le mani dei Casalesi sui rifiuti

19 Settembre 2017

di Roberto Lessio

Questa è una storia di estrema attualità che ci aiuta a capire perché nel nostro Paese non è stato ancora ripristinato il confine tra affari illegali e politica, perpetuando uno sconfinato “mondo di mezzo”. Al potere, quale che sia, non conviene far sapere certe cose.

Nella caserma dei carabinieri di Latina, il 13 marzo 1996, si tenne la deposizione di Carmine Schiavone, l’ex cassiere del clan dei Casalesi che da circa tre anni aveva deciso di collaborare con la giustizia: l’interrogatorio durò 12 ore. Tutto poi confermato, ma solo molti anni dopo, fin nei minimi particolari. Quel racconto avrebbe potuto e dovuto scuotere nelle fondamenta i palazzi del potere locale, in particolare quelli di Latina e Fondi, fino a travolgere anche i centri decisionali della “distratta” Regione Lazio. Ma è successo nulla e del quadro drammatico delineato, non ne venne a conoscenza nessuno. Tutte le mafie nazionali erano ormai radicate nella zona, non solo quella dei Casalesi, mentre i politici locali continuavano a ripetere la cantilena di semplici “infiltrazioni criminali” in un territorio sano sotto il profilo economico e sociale.

Carmine Schiavone, cugino di Francesco (detto Sandokan), morto poi nel 2015 in un ospedale di Viterbo a seguito di un incidente domestico, indicò agli inquirenti tutti gli affari e gli intrecci mafiosi nella provincia di Latina. Il loro investimento più importante era stato l’acquisto di terreni agricoli nella zona di Borgo Montello, dove oggi esiste la quarta discarica d’Italia per ordine di grandezza.

I terreni li avevano intestati ad un loro cugino incensurato, pagandoli 3 miliardi di vecchie lire con proventi delle loro attività illecite. Nella zona tra Sabaudia e Roma il capo zona Antonio Salzillo, nipote di Ernesto e Antonio Bardellino, si occupava dello smaltimento di rifiuti tossico-nocivi: si faceva dare 500mila lire a bidone. Per conto di chi smaltiva i bidoni non si è mai saputo o voluto sapere. A presidiare l’attività criminosa ci avevano messo Michele Coppola, cognato di Walter Schiavone (fratello di “Sandokan”) che aveva preso residenza in una villetta adiacente la discarica.

Quei terreni, comprati nel 1989, sono stati venduti vent’anni dopo ad una delle due società che gestiscono la medesima discarica: ci vuole realizzare un impianto di trattamento meccanico-Biologico (TMB), con annesso impianto per la produzione di biogas da rifiuti. Da circa tre anni alla Regione Lazio pende la relativa richiesta di autorizzazione. Tutt’oggi, comunque, altri terreni risultano intestati alla moglie di Michele Coppola, mentre il loro confinante principale è il “supremo” Manlio Cerroni, che a sua volta è socio dell’altra società che gestisce la medesima discarica. Tutto chiarito da inchieste giornalistiche, senza alcuna presa d’atto da parte della politica locale.

Una parte importante di quel verbale inoltre riguardava le intense attività criminali, traffico di droga, armi e usura, dei fratelli Tripodo in quel di Fondi. Una vicenda che ha trovato riscontri giudiziari solo tredici anni dopo, nel 2009, attraverso un’indagine della Direzione distrettuale antimafia di Roma. Era l’inchiesta che avrebbe dovuto portare allo scioglimento per mafia di quel Comune (il secondo nella Regione Lazio, dopo Nettuno) e che invece ha creato un pericoloso precedente nel nostro paese. Malgrado la richiesta di scioglimento fosse stata firmata dal prefetto di Latina e confermata per due volte in Parlamento dall’allora Ministro dell’Interno Roberto Maroni, per intercessione del senatore Claudio Fazzone (potentissimo politico locale) non fu mai approvata dal Consiglio dei Ministri presieduto da Silvio Berlusconi.

Così sono stati evitati gli scossoni che avrebbero dovuto e potuto travolgere tanti palazzi del potere. Discarica, traffico di droga, di armi e usura sono andati avanti negli anni come se nulla fosse. Conviene a tanti non far sapere certe cose.

Fonte:http://mafie.blogautore.repubblica.it/