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PROTEZIONE PER VIP – 2 – SISTEMA FALLIMENTARE

Ci sono anche alcuni giudici della Fallimentare di Roma nella autentica cascata di processi che vedono imputato Salvatore Capacchione, al vertice di un vero e proprio sistema. Vediamo.

29 ottobre, udienza alla undicesima sezione penale del tribunale di Napoli. 8 gennaio 2010, comincia il processo nelle aule di Perugia. Intanto, prosegue uno stralcio, gia’ nella fase dibattimentale, a Roma. Insomma, riesce a fare tris Salvatore Capacchione, specialista in affari immobiliari, vicende fallimentari, ottimi legami politici, fratello della giornalista Rosaria e rampollo di Francesco, per un ventennio al vertice dell’impero delle cooperative bianche in Campania (poi travolto dallo scandalo delle coop dei detenuti scoppiato negli anni ‘80 a Napoli).
Partiamo da Perugia, dove Salvatore verra’ processato per bancarotta fraudolenta, pena prevista fra i tre e i dieci anni di carcere, pm Sergio Sottani (il quale gia’ qualche anno fa ne dispose l’arresto, che faceva seguito ai domiciliari gia’ decretati dalla procura di Santa Maria Capua Vetere). E comincia da qui l’accidentato iter di mister Irec, cosi’ lo chiamano parecchi nel palazzo di giustizia del capoluogo umbro, che spiegano: «La storia riguarda il nucleo storico di Capacchione, che ruota intorno ad una sfilza di Irec, la bellezza di cinque, nate, fallite, rinate, in un incredibile vortice societario. Concerne anche l’ex patrimonio della Dc, ossia gli immobili che aveva di proprieta’ lo scudocrociato, ed ha investito la sezione fallimentare del tribunale di Roma, a sua volta finita sotto inchiesta». Insomma, un ginepraio nel ginepraio. Fra le toghe capitoline coinvolte, i giudici Vincenzo Vitalone (ottimo amico di Gianni Letta e nipote del super andreottiano ed ex senatore Claudio) e Pierluigi Baccarini. E proprio nella capitale si svolge il secondo processo a carico della Capacchione band (ultima udienza il 22 ottobre scorso), pm Luca Palamara, attuale segretario dell’Associazione Nazionale Magistrati. Un giochetto alla Toto’, stavolta: tramite le solite coop di comodo, ottiene lo sconto in banca (l’ex Banca di Roma) di due operazioni inesistenti da 1 miliardo e mezzo di vecchie lire. Per la serie, prendi i soldi e scappa.

IL GIORNO DELL’IREC
Terza tappa a Napoli, palcoscenico delle acrobatiche imprese mattonare della dinasty. Epicentro la zona orientale (ed ex industriale), dove la prima Irec e la consorella Concab avevano colato montagne di cemento sulla base di un «diritto ad edificare nell’area di Ponticelli, destinata allo sviluppo dell’edilizia residenziale pubblica e convenzionata». Ma cosa e’ successo? Lo dettagliano i pm Walter Brunetti e Antonio Clemente (poi passato alla procura di Benevento, al suo posto ora Clelia Mancuso) in una monumentale ordinanza: in poche parole, alla vecchia Irec, fallita, e’ subentrata una marea di altre sigle capitanate da SPCe#8200;spa (Societa’ Partecipazioni Cooperative): Consulcoop, Edremit Italia, Arno, Reno, San Ciro, Irec 812, la Parmense, Floriana 2, Faro, Torre 2000, cui lungo il percorso si sono accodate Emmetidue, Edilabit, Praedia, Vittoria Costruzioni, Auriga, Immobiliare Rove, Immobilfin ‘80, Probor, Telaco, Finatel, ISP, Savi.
Un’autentica giungla. Il risultato? Il gruppo Capacchione e’ riuscito nella magica impresa di vedersi recapitare dal sempre-avaro Comune di Napoli (con i normali fornitori, pagamenti dai 24 mesi in su, se tutto va bene) proprio 24 miliardi di vecchie lire, grazie alla complicita’ di funzionari e, soprattutto, di politici bipartizan. Tra i rinviati a giudizio, infatti, due ex consiglieri comunali forzisti (Antonio Funaro e Umberto Minopoli), un berlusconiano appena passato sotto le insegne dell’Idv, Pietro Mastranzo, i pd Giuseppe Russo (ex Ds) e Saverio Cilenti (ex Margherita).
Nei ponderosi faldoni dell’inchiesta, poi, fanno capolino (vedi la Voce di settembre 2009) una serie di triangolazioni estere, via Svizzera, Germania, Lussemburgo, Lietchtenstein a bordo di sigle esotiche, fiduciarie e conti correnti off shore, fino ad approdare in Venezuela; il tutto per far transitare il bottino di Palazzo San Giacomo, e non solo.
Per tornare a casa nostra, gli interessi mattonari di Capacchione hanno puntato molto anche su Caserta. In particolare sull’area industriale ex Saint Gobain, da sempre nel mirino dei mattonari di Terra di Lavoro. Una storia cominciata una dozzina d’anni fa (e non ancora finita), che vede in prima fila oltre a Capacchione, le famiglie Coppola (i ras di Pinetamare, condannati per scempio ambientale e ora “bonificatori”, al timone Francesco con la sua Mirabella), Crispino, Acconcia e Cuccaro (gli ex proprietari del Reggia Palace Hotel, arso come un cerino in circostanze mai chiarite). Fra scambi di pacchetti azionari e maxi evasioni fiscali, si e’ arrivati anche all’incriminazione di alcuni protagonisti dell’affaire: ad esempio i Cuccaro per bancarotta fraudolenta e i Coppola per concorso in bancarotta fraudolenta. A svolgere le minuziose indagini, le fiamme gialle di Caserta, coordinate dall’ufficiale che – secondo Rosaria Capacchione – era «al soldo dei Coppola».

(Tratto da La Voce delle Voci)