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Proroghe e rinnovi di contratti pubblici: la disciplina applicabile | Altalex

Proroghe e rinnovi di contratti pubblici: la disciplina applicabile

Consiglio di Stato, sez. V, decisione 08/07/2008 n° 3391

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In linea di principio, il rinnovo o la proroga, al di fuori dei casi contemplati dall’ordinamento, di un contratto d’appalto di servizi o di forniture stipulato da un’amministrazione pubblica da luogo a una figura di trattativa privata non consentita e legittima qualsiasi impresa del settore a far valere dinanzi al giudice amministrativo il suo interesse legittimo all’espletamento di una gara.

In tema di rinnovo o proroga dei contratti pubblici di appalto non vi è alcuno spazio per l’autonomia contrattuale delle parti, ma vige il principio che, salvo espresse previsioni dettate dalla legge in conformità della normativa comunitaria, l’amministrazione, una volta scaduto il contratto, deve, qualora abbia ancora la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, effettuare una nuova gara ( salva la limitata proroga di cui sopra). Pertanto, allorquando un’ impresa del settore lamenti che alla scadenza di un contratto non si è effettuata una gara, fa valere il suo interesse legittimo al rispetto delle norme dettate in materia di scelta del contrante e l’eventuale nullità o inefficacia della clausola contrattuale che preveda un rinnovo o una proroga va accertata in via incidentale dal giudice amministrativo, competente a conoscere in via principale della eventuale lesione del predetto interesse legittimo.

Il Consiglio di Stato, nella composizione della sua V Sezione giurisdizionale, ha – con simile obiter dictum – ribadito i limiti previsti per l’esercizio dei poteri di rinnovo o proroga dei contratti pubblici da parte delle amministrazioni aggiudicatrici.

Riferendosi alla fondamentale pronuncia della IV Sezione (sentenza 31.10.2006, n. 6457) che ha rivisto e chiarito la disciplina applicabile ai rinnovi e alle proroghe dei contratti pubblici, l’attuale decisione ha ribadito – ove ce ne fosse ancora bisogno – gli stretti limiti entro i quali una proroga di contratto possa ritenersi legittima.

Tre sono, del resto, le fattispecie problematiche sul punto in argomento:

1. la prima è sicuramente l’istituto del “rinnovo tacito”: esso è, ad oggi, sicuramente e assolutamente inammissibile (cfr. l. n. 62/2005 – legge comunitaria 2004 oltre che Consiglio di Stato, Sezione IV, sent. cit.); resta da capire quali conseguenze comporti l’eccezione del ricorso a tale strumento in termini di categorie invalidanti, ovverosia, annullabilità o nullità. Il contratto tacitamente rinnovato, infatti, dovrebbe essere nullo e improduttivo di effetti in quanto disposto dalle parti (pur per factia concludentia) in palese violazione di norme imperative dell’ordinamento giuridico (di guisa che è necessaria una, pur sommaria, delibazione della sussistenza di tale aspetto per saggiare la sussistenza di una carenza di potere o di un eccesso di potere, vizi – come noto – capaci di determinare un diverso regime giusdizionale) e di competenza del G.O.;

2. la seconda è, poi, quella del “rinnovo espresso”: tale istituto altro non è se non l’espressione di un potere della P.A. che consente ad essa di addivenire al rinnovo del contratto una volta spirato il termine ultimo di efficacia del medesimo, con l’accordo dell’altro contraente. E’ ben noto che simile istituto sia stato disciplinato puntualmente dalla legge che, nel prevederlo (art. 29, d.lgs. n. 163/2006), assicura la massima trasparenza laddove equipara la durata massima del rinnovo (che la P.A. può utilizzare ricorrendo all’inserzione di una apposita clausola negli atti di gara – determina, bando, capitolato, contratto – che preveda la “opzione di rinnovo”) a quella complessiva del contratto pubblico, con pari effetti in termini di computo del valore del contratto e di disciplina procedurale applicabile alla relativa soglia economica. In sostanza, l’ammissibilità del rinnovo espresso, sostanzialmente, passa attraverso la considerazione della relativa opzione quale nuovo ed ulteriore contratto pubblico non sottratto alla disciplina concorrenziale e alle regole della evidenza pubblica; il rinnovo disposto senza idonea previsione diventa, dunque, rinnovo tacito;

3. a differenza degli istituti anzidetti, la proroga consiste, invece, nella ultrattività del contratto il cui termine sia spirato, con la conseguenza che il contratto è comunque esaurito e la volontà delle parti non incide, in via costitutiva, sul rapporto che è intercorso fra di esse, bensì sugli effetti e le conseguenze previste dalla fonte negoziale; tale istituto è assolutamente eccezionale, al punto che è possibile ricorrere ad esso solo per cause (e sono pochissime) determinate da fattori che non coinvolgono la responsabilità dell’amministrazione aggiudicatrice (cfr. d.lgs. n. 163/2006); in tal senso, è dato ragionevolmente dubitare della legittimità della proroga di un contratto che sia ormai scaduto e per il quale la P.A. non abbia provveduto ad indire nuova gara, dal momento che la P.A. era a conoscenza dell’imminente scadenza di quel contratto e ben avrebbe potuto organizzarsi a che la nuova gara prendesse, quanto meno, avvio o, comunque, si concludesse entro il termine finale di “sopravvivenza” del precedente contratto pubblico. La proroga del contratto pubblico, dunque, è atto senz’altro espresso, impugnabile di fronte al G.A..

(Altalex, 13 agosto 2008. Nota di Alessandro Del Dotto. Cfr. nota su Altalex Mese)