Cerca

Processo Resit, il pm chiede 280 anni per Giulio Facchi, Chianese e gli altri

Il Corriere della Sera, Venerdì 6 maggio 2016

Processo Resit, il pm chiede 280 anni per Giulio Facchi, Chianese e gli altri
Tra 29 imputati anche l’ex sub commissario, il «re delle ecomafie» Cipriano Chianese e l’imprenditore della P2 Gaetano Cerci

Pene per 280 anni di carcere sono stati chiesti dal pm della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli Alessandro Milita al termine della requisitoria del processo cosiddetto «Resit», che prende il nome dalla discarica delle ecomafgie di Giugliano il Campania e vede imputate 29 persone accusate di disastro ambientale e traffico illecito di rifiuti aggravati dall’aver agevolato il clan dei Casalesi, reati commessi in relazione all’inquinamento degli invasi di Giugliano di proprietà dell’avvocato Cipriano Chianese, una «bomba ecologica» utilizzata anche durante il periodo dell’emergenza rifiuti dal Commissariato straordinario col quale Chianese ha collaborato.

 

In particolare il sostituto procuratore Milita ha chiesto 30 anni di carcere per i principali imputati: Giulio Facchi, ex sub-commissario all’emergenza rifiuti in Campania tra il 2000 e il 2004, nel periodo in cui era Bassolino commissario governativo, Cipriano Chianese, considerato dagli inquirenti letteralmente il «re dell’ecomafie» e Gaetano Cerci, altro imprenditore dei rifiuti legato alla loggia massonica Propaganda 2 e ai Casalesi, che avrebbe fatto da anello di congiunzione tra questi, il Chianese e gli industriali veneti, lombardi e in generale del Nord che hanno usufruito del canale della malavita organizzata per sbarazzarsi dei rifiuti di produzione a prezzi ultrastracciati in maniera spesso palesemente illegale; 24 anni di carcere sono stati chiesti per l’imprenditore dei rifiuti Elio Roma, 22 anni per i fratelli Generoso e Raffaele Roma. La sentenza è attesa a giugno.

La vicenda è stata recentemente raccontata in Tv con la fiction «Io non mi arrendo» con Beppe Fiorello nei panni di Roberto Mancini, l’ispettore ucciso da linfoma non hodgin che ha indagato per primo sulla Resit e sui traffici riconducibili a Chianese. Indagini all’avanguardia e pericolose per gli stessi uomini di Mancini sprovvisti di mezzi adeguati, lanciati a caccia di rifiuti tossici senza nessuna protezione dai veleni come raccontano anche Luca Ferrari e Nello Trocchia nel libro “Io morto per dovere”. Un monumento a Mancini nel laziale è stato vandalizzato nei giorni scorsi da ignoti. Il lavoro del poliziotto romano che si è speso tanto per Terra dei Fuochi dà ancora fastidio.