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Processo breve: eutanasia della Giustizia. Festeggiano migliaia di delinquenti

Processo breve, Fini rallenta

Il presidente della Camera rende noto di non considerare chiusa la partita del processo breve appena approvato dal Senato: “Ci sono questioni che meritano di essere approfondite, il giudizio va dato solo alla fine dell’iter”. Dure proteste dal procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e dai familiari delle vittime della Thyssen, che temono per il futuro di quel procedimento

Mentre il presidente della Camera Gianfranco Fini rende noto di non considerare chiusa la partita dal processo breve appena approvato dal Senato, continuano le manifestazioni di dissenso nei confronti del disegno di legge a metà dell’iter parlamentare. Ad alzarsi contro il provvedimento, oggi, sono state le voci del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e dei familiari delle vittime della strage della Thyssen Krupp.

La sospensione di Fini. All’interno del ddl sul processo breve ci sono “questioni che meritano di essere approfondite” come “emergerà dal dibattito alla Camera”. Il presidente della Camera Gianfranco Fini è intervenuto oggi sul contestato provvedimento, appena approvato in prima lettura al Senato, sottolineando che “ora c’è il secondo round al Parlamento, ci sarà una discussione e il giudizio va dato solo alla fine dell’iter”. Parlando agli studenti dell’Università di Tor Vergata dove ha tenuto oggi una lectio magistralis, il presidente Fini ha comunque fatto notare che nonostante le polemiche e le tensioni in aula “ci sono notevoli modifiche, e positive, che sono state fatte al Senato” come la norma, cancellata, che prevedeva l’applicazione del cosiddetto ‘processo breve’ ai soli cittadini incensurati.

Polemiche che continuano anche in queste ore e che coinvolgono il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a cui in molti chiedono di non firmare il provvedimento. “Non si può ipotizzare che mentre il Parlamento lavora il capo dello Stato parli: pensare a una cosa del genere significa non conoscere il nostro ordinamento perché quando il Parlamento lavora il capo dello Stato deve tacere” ha tenuto a precisare Fini che del presidente della Repubblica dice: “Non si può chiedergli di diventare un attore politico”.

La protesta di Ingroia. “Questa legge introduce per la prima volta un’ eutanasia della giustizia.” Così il Pm Antonio Ingroia commenta in un’intervista rilasciata a www.articolo21.info, il disegno di legge sul processo breve. “Il processo breve – spiega – si fonda su una truffa linguistica. C’è una truffa dell’etichetta con la quale si cerca di ingannare gli italiani. Viene chiamata la legge del processo breve, ed è quello che gli italiani vorrebbero, un processo breve che si chiuda con una sentenza di merito, condanna o assoluzione. Questa invece non è la legge del processo breve, ma è la legge della morte breve del processo, perché contrariamente alle aspettative dei cittadini, quegli stessi cittadini scopriranno amaramente che alla fine del processo non ci sarà una sentenza di merito ma una sentenza che dichiarerà che e’ finito il tempo massimo entro il quale chiuderlo.” “La magistratura – continua – è favorevole a porre un termine massimo entro il quale finire i processi, ma bisogna dare i modelli operativi e legislativi per chiudere un processo entro quel termine, anche un processo complesso come quello di mafia.” Infine si sofferma sul ddl intercettazioni, oggetto del suo ultimo libro: ” …se dovesse abbattersi la mannaia di questa norma, delle intercettazioni non rimarrà più nulla, e se non rimarrà piu’ nulla, magistratura e forze dell’ordine saranno più disarmati contro la mafia, contro ogni forma di crimine organizzato, contro la corruzione politico amministrativa perfino contro le bande di rapinatori.”

A rischio il processo Thyssen. Non è vero che la nuova legge sul processo breve non riguarderà i processi sulle morti sul lavoro, anzi lo stesso processo per le vittime della Thyssen Krupp verrà menomato e rimarrà, come imputato, solo l’ad dell’azienda in quanto e’ l’unico per cui la condanna potrebbe essere superiore ai 10 anni. L’accusa viene dalle famiglie delle vittime della Thyssen e dalla Federazione di sinistra di Torino. Ovvero da Pdci, Prc, Ambiente e Lavoro, sindacalisti, simpatizzanti della sinistra che lanceranno tra oggi e i prossimi giorni un appello nazionale “aperto a tutti coloro che credono ancora che una vera giustizia sia possibile, apartitico – spiega Vincenzo Chieppa, consigliere regionale Pdci – mirato a chiedere il ritiro di questa legge vergogna”. “Questa è una legge pazzesca, che non dovrà mai passare – hanno ribadito Isa Pisano e Maria Grazia Rodino, rispettivamente la madri di Roberto Scola e Rosario Rodino, due delle sette vittime della Thyssen – dobbiamo stare uniti tutti per combattere contro questa ingiustizia. Inoltre chiediamo al presidente Napolitano che mantenga le sue promesse e impedisca di varare una legge che non difende i lavoratori e al presidente Berlusconi che si metta una mano sul cuore pensando ai nostri morti”.
Francesco Scommi

(Tratto da Aprile Online)