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Politica e mafia in Calabria, dai timori della presidente Santelli al tintinnio di manette

Politica e mafia in Calabria, dai timori della presidente Santelli al tintinnio di manette

La governatrice si smarca da possibili indagini giudiziarie che potrebbero travolgere il Consiglio. Mentre dalle carte delle inchieste spuntano fuori legami e rapporti fra clan, politici e portaborse

di Giuseppe Baglivo

«Non escludo problemi giudiziari alla Regione. Faccio politica da tanti anni e le persone in campagna elettorale cambiano totalmente. La possibilità di avvicinamento anche da parte delle forze criminali è forte. Io, comunque, in tutta la campagna elettorale non ho mai partecipato ad una cena e non sono mai andata a casa di nessuno, ho fatto solo incontri pubblici, però questo l’ho fatto io da candidata presidente. La possibilità di inchieste su situazioni criminali in Calabria è sempre dietro l’angolo».

Sono passate quasi in “sordina” le dichiarazioni della presidente della giunta della Regione Calabria, Jole Santelli, rilasciate a seguito di una specifica domanda che gli è stata rivolta nel corso di un’intervista dal giornalista Peter Gomez. Eppure, a ben leggerle, anche per chi non mastica di politica e di risvolti giudiziari, vi è davvero poco spazio alle interpretazioni.

La presa di distanza della Santelli

In primis, non si può non ricordare – al di là dell’alta carica pubblica ricoperta attualmente dalla Santelli – che tali dichiarazioni arrivano da un ex sottosegretario alla Giustizia e, soprattutto, da un avvocato. Le stesse, inoltre, vanno messe in correlazione con altre dichiarazioni che Jole Santelli aveva rilasciato il 26 febbraio all’indomani dell’arresto del neoconsigliere regionale di Fratelli d’Italia, Domenico Creazzo, finito agli arresti domiciliari per il reato di scambio elettorale politico mafioso nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Reggio Calabria. Nell’occasione, Jole Santelli aveva dichiarato: «Ritengo che occorra estrema prudenza e, soprattutto, sia sempre necessario evitare condanne preventive». Garantismo a prescindere, dunque, da parte della Santelli. Una linea di condotta che non fa una piega con la sua appartenenza politica – Forza Italia – che del garantismo ne ha fatto una “bandiera”, a volte anche contro le evidenze e le sentenze definitive della Cassazione.

Cos’è cambiato, quindi, in poco più di due mesi tanto da spingere Jole Santelli a dichiarare che «le persone in campagna elettorale cambiano totalmente» e la possibilità di «avvicinamento anche da parte delle forze criminali è forte»?. Non solo, ma la Santelli ha detto anche di più e cioè ha tenuto a rimarcare che lei non ha partecipato ad alcuna cena ed ha fatto solo incontri pubblici nel corso della campagna elettorale. Ed ha aggiunto: «Però questo l’ho fatta io da candidata presidente». Se l’italiano non è arabo e la logica ha ancora un senso, ciò significa – a voler essere prudenti – che la Santelli non può garantire che i candidati al Consiglio regionale abbiano fatto altrettanto ed abbiano fatto come lei, cioè non si siano seduti a tavola con esponenti della criminalità organizzata. «La possibilità di inchieste su situazioni criminali in Calabria – ha chiosato Jole Santelli – è sempre dietro l’angolo» ed in molti, c’è da scommetterci, fra i politici di palazzo Campanella e non solo hanno inteso perfettamente.

Un passo indietro: la Santelli in Consiglio

È il 27 aprile scorso e la presidente della Regione Calabria in Consiglio prende la parola e fra le tante cose dichiara: «Lo dico in modo chiaro, chi mi conosce sa che ho molti difetti ma che non sono ipocrita: c’è tanto di obliquo, c’è tanto di grigio che va stanato da quegli uffici, 800 persone che lavorano alla Regione Calabria e non si sa a quale titolo, a fare cosa e soprattutto per arrivare a quali risultati, proverò poco a poco a capire, perché non è facile comprendere progetti, strutture, aziende che lavorano lì, gente da fuori. Invito i colleghi di maggioranza ma anche di opposizione, chi ha voglia di scoprire la verità: aiutateci ad aprire i cassetti e scrosteremo molto».

Solo un bluff politico?

Chi mastica di politica sa che in politica tutto è possibile e ciò che si dice la mattina può non essere più valido la sera, specie in Calabria. Ma nel caso specifico è davvero difficile credere che Jole Santelli si sia prestata a seminare il “panico” fra maggioranza e opposizione senza aver intravisto un orizzonte non lontano e quanto mai concreto: il pericolo di una nuova bufera giudiziaria che rischia di abbattersi sulla politica regionale e sul Consiglio regionale in particolare. Un’inchiesta giudiziaria che non è difficile intravedere anche da altra prospettiva non esclusivamente politica.

Cosa si trova nelle carte

Per capire che non ci si trova dinanzi ad un bluff politico teso a tenere sulle “corde” maggioranza ed opposizione, occorre quindi fare una cosa molto semplice: “leggere” – giornalisticamente parlando – le carte giudiziarie delle operazioni sinora note e capirne la portata delineando gli scenari futuri. Innanzitutto c’è un fronte giudiziario apertissimo in mano alla Procura di Salerno, competente ad indagare sui magistrati del distretto di Catanzaro e che si è incrementato con la vicenda che ha travolto il giudice Marco Petrini. Siamo davvero sicuri che su tale fronte l’inchiesta non finisca per toccare anche qualche esponente politico di livello? Allo stato, nessuno può escluderlo.

C’è poi la Dda di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, la prima ad accendere i riflettori sull’ultima campagna elettorale ed a chiedere ed ottenere l’arresto del neo consigliere regionale Domenico Creazzo. Ma c’è da chiedersi: solo il clan Alvaro di Sinopoli e Sant’Eufemia, per quanto potente, si è interessato attivamente nel corso dell’ultima campagna elettorale per le regionali? I blasonati clan della città di Reggio Calabria sono rimasti a guardare? E quelli della Locride? Dove e verso chi, ed in cambio di cosa, hanno dirottato i loro voti clan che in centri del Reggino come Rosarno, Gioia Tauro, Melito porto Salvo, San Luca, Platì, Africo, Locri e Siderno, controllano anche il “respiro” ed hanno sinora sempre eletto propri rappresentanti all’interno del Consiglio regionale?

La Dda di Catanzaro ed i timori sul Vibonese

C’è poi la Dda di Catanzaro guidata dal procuratore, Nicola Gratteri, e da qui potrebbero arrivare le “sorprese” più clamorose. Dopo l’operazione “Rinascita-Scott” che si è abbattuta a dicembre sul Vibonese e non solo, dalla lettura delle carte ben si capisce che restano aperti – ed ancora, quindi, da sviluppare – interi filoni di indagine. Innanzitutto c’è un collaboratore di primo piano che si sta dimostrando profondo conoscitore delle dinamiche criminali di Vibo Valentia e dintorni: Bartolomeo Arena, le cui dichiarazioni sono state inserite “in corsa” nell’inchiesta “Rinascita-Scott” al fine di rafforzare l’impianto accusatorio di un’indagine già solida di per sé e che potrebbero riservare molte sorprese. Come si sono infatti mossi, negli anni, i clan di Vibo Valentia-città, e non solo, nelle ultime competizioni elettorali? Bartolomeo Arena ha iniziato a collaborare con la giustizia nell’ottobre dello scorso anno ed il voto per le regionali è del gennaio scorso, ma alcuni personaggi politici che si muovono da anni a Vibo e provincia sono sempre gli stessi e nulla esclude che il collaboratore Arena possa aver parlato anche dei rapporti fra clan e politica.

Le intercettazioni e l’inchiesta Rinascita-Scott. Ci sono poi una serie di intercettazioni ambientali e telefoniche agli atti dell’inchiesta “Rinascita-Scott” che la dicono lunga sui legami fra clan e politica (sia di centrodestra che di centrosinistra) nel Vibonese. Così come ci sono esponenti politici fotografati in compagnia di personaggi ben noti alla giustizia e ricostruzioni su quanto avvenuto nelle “primarie” del centrosinistra per le comunali di Vibo Valentia del 2015, quanto frequentazioni e rapporti fra esponenti dei clan e personaggi politici del centrodestra (comprese le ultime comunali a Vibo Valentia).

L’inchiesta “Rimpiazzo”, la politica ed il clan dei Piscopisani

Altro filone investigativo aperto è rappresentato dall’inchiesta “Rimpiazzo” della Squadra Mobile di Vibo Valentia contro il clan dei Piscopisani. E’ in tale inchiesta che si trovano le intercettazioni più significative fra soggetti ritenuti come pienamente inseriti nel clan ed esponenti della politica regionale e non solo. Il clan dei Piscopisani, del resto, votava e faceva votare: l’hanno dichiarato i collaboratori di giustizia, Andrea Mantella e Raffaele Moscato, ai quali potrebbe unirsi ora Bartolomeo Arena. Dalle intercettazioni che prendono in esame le elezioni regionali del 2014 emerge inoltre come il clan dei Piscopisani puntasse su propri candidati, magari gli stessi politici che attualmente rivestono ruoli di primo piano sull’intero “scacchiere” della politica provinciale.

La costa vibonese, i portaborse e le altre zone della Calabria

Sempre a ben leggere le carte giudiziarie, si comprende poi facilmente come il fronte delle inchieste fra mafia e politica potrebbe travolgere diversi centri costieri del Vibonese e finire – di riflesso – per svelare affari e legami anche con la politica regionale. Attualmente si trova sciolto per infiltrazioni mafiose il Comune di Briatico (oltre a quello di Limbadi), mentre in un recente passato lo sono stati quelli di Nicotera, Ricadi e Tropea. Quali legami fra politica e clan si nascondono in tali centri? Verso chi hanno indirizzato le loro preferenze alle politiche, alle regionali ed alle comunali, clan potenti come i Mancuso di Limbadi e Nicotera, gli Accorinti di Briatico piuttosto che i La Rosa di Tropea? Ed ancora: nell’ultima “infornata” di portaborse dei consiglieri regionali, siamo davvero sicuri che nessuno di tali nominati sia menzionato in inchieste antimafia per “contatti” e frequentazioni con la criminalità organizzata? Ed il riferimento di Jole Santelli a cene con esponenti dei clan nel corso della campagna elettorale, siamo sicuri non riguardi proprio il Vibonese?

C’è poi un fronte giudiziario “aperto” per altre zone “calde” della Calabria: il Lametino, dove i rapporti fra clan e politica sono stati sempre storicamente solidi, il Cosentino (con l’area di Cassano e Corigliano dove in passato non sono mancate “sorprese” sul fronte mafia-politica) ed il Crotonese con i “locali” di ‘ndrangheta di Cirò, Isola Capo Rizzuto e Cutro che hanno fatto sentire forte, negli anni, la loro presenza attraverso propri referenti politici.

Non resta che attendere, dunque, gli sviluppi giudiziari. Di certo, anche dopo le dichiarazioni di Jole Santelli, in molti hanno iniziato a non dormire più sonni tranquilli.

19 Maggio 2020

fonte:lacnews24.it