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Partinico zona grigia

Partinico zona grigia

Il paese al centro dello spaccio di stupefacenti

di Salvo Vitale

12 Luglio 2019

La sofisticazione del vino
Partinico: 30 mila abitanti, a 15 km dall’aeroporto di Punta Raisi, a 25 da Palermo, a 70 da Trapani. A metà strada tra le due province, con un invaso che garantisce acqua a Palermo e molto meno alle campagne circostanti, per cattiva organizzazione. E comunque l’agricoltura è ancora un settore, oggi in forte crisi, ma che ancora tira. In passato è stato un centro di lotte per l’emancipazione, di battaglie democratiche, ma anche di controllo capillare di ogni spazio di potere attraverso la politica da una parte, la mafia dall’altra. Gli anni 50 sono monopolizzati da notevoli figure passate alla storia, dal bandito Salvatore Giuliano, originario di Montelepre, ma di casa a Partinico, grazie alle sue alleanze con mafiosi e banditi locali, a Santo Fleres, a Nenè Geraci, componente della cupola mafiosa sino alla sua morte, a Frank Coppola, che, assieme a Tano Badalamenti e a Buscetta apre la strada ai traffici di droga con l’America. Negli ultimi ani il vessillo di “Cosa Nostra” è stato portato alto dai “Fardazza”, soprannome della famiglia mafiosa dei Vitale, sostenitori di Bernardo Provenzano e padroni assoluti dell’economia illegale del territorio. La costruzione della diga, alla quale Danilo Dolci diede un grande contributo, è servita a potenziare i due settori agricoli tradizionalmente più importanti, quello vitivinicolo e quello olivicolo. La lavorazione delle vinacce e di altri scarti vitivinicoli favorì la costruzione di una distilleria, ad opera di un mafioso, Giuseppe Bertolino, che lasciò l’onere di continuare alla figlia Antonina, la quale è riuscita a potenziare gli impianti sino a creare quella che è considerata la più grande distilleria d’Europa. Una stretta conseguenza di quegli anni è stata la sofisticazione del vino: con sistemi professionali si è riusciti a produrre molto più vino di quanto non ne producessero le campagne e il vino edulcorato di Partinico negli anni 60 invase l’Europa, sino a quando questa non scoprì che quel tipo di sofisticazione poteva essere fatta anche a casa propria. Alla fine degli anni ’60 l’area giovanile cominciò a essere insidiata da una parte dalla cannabis, che si imparò a coltivare a casa, e dall’altra dall’eroina e dall’AIDS, che condussero alla morte diversi giovani, “la meglio gioventù” di allora. “Meglio”si fa per dire, visto che nella maggior parte dei casi questi ragazzi non furono in grado di sapersi difendere.

La Medellin d’Europa
Da allora la coltivazione della cannabis indica è rimasta una sorta di strisciante caratteristica di questo territorio , dove, grazie a complesse combinazioni microclimatiche e alla qualità di una terra particolarmente fertile, si produce un’erba molto ricercata sul mercato cittadino, al punto che Partinico si è guadagnata in quegli anni il titolo di Medellin d’Europa. Interi settori di coltivazione ortofrutticola sono stati dismessi per dare spazio a piantagioni di cannabis, attraverso attrezzati impianti, sia d’irrigazione, sia d’illuminazione, quando si coltiva in serra o all’interno, sia d’aereazione, d’essiccazione e di preparazione in microdosi vendute a pochi euro la bustina.
I numerosi ritrovamenti degli anni passati non hanno fermato l’attività. Ultimi ritrovamenti: nel 2018 il 22 giugno
Antonina Vitale, sorella minore dei Fardazza, viene beccata con 38 dosi di cocaina, in parte nascoste nell’astuccio di un occhiale: la “vittima” dichiarava di avere trovato l’astuccio per strada; nell’agosto viene trovata, in un camion all’uscita dell’autostrada, una tonnellata di hashish, a settembre, presso la casa di un anziano signore si scoprono 100 piante e il 22 dello stesso mese un’altra piantagione per un ammontare di 166 chili di marijuana; in ottobre, al momento della raccolta, in un’operazione di polizia, si trovano 356 piante nel terreno di un certo Leonardo Lo Greco, in contrada Principe; Il 10 ottobre la scoperta più grossa, 3300 piante, per un peso di sei tonnellate, in un terreno gestito da quattro “agricoltori”, tra i quali un cugino dei Fardazza, Nei primi giorni di luglio del 2019, al limite con il territorio di Trappeto e Partinico è stata scoperta una piantagione composta da 180 vasi e qualche giorno dopo, l’8 luglio, un’altra piantagione in 220 vasi, perfettamente dotata di impianto d’illuminazione, d’irrigazione e d’essiccazione. Ci sono poi altre notizie di abitazioni private trasformate in serre, di presunti strani odori di cannabis che hanno messo in all’erta le forze dell’ordine, di furti di energia elettrica per dar luce costante alle piante, di terreni demaniali adibiti a coltivazione di cannabis.

C’è mafia in tutto questo?
In passato si pensava che la mafia avesse lasciato nelle mani di malavitosi secondari e di manutengoli lo spaccio dell’erba, a causa del suo basso prezzo di mercato, ma se si considera la capillare diffusione di questo mercato illegale e il passaggio di prezzo dell’erba, dal coltivatore, allo spacciatore, al consumatore, che spesso diventa spacciatore egli stesso, per procurarsi la sostanza, la conclusione, la deduzione è che la mafia c’è dentro mani e piedi e che questo vasto sottobosco è il terreno in cui vengono poi reclutati coloro che sono impiegati per altre attività in gran parte estorsive. Non si spara più, pertanto tutto è tranquillo, vuol dire che le cose vanno bene, a parte gli incidenti di percorso dovuti al silenzioso ed attivo lavoro di chi esercita l’attività investigativa.
Si potrebbe pensare che, visto che buona parte dei mafiosi locali è finita al fresco, tutto si sia fermato e che si stiano rassettando gli equilibri, il che è in parte vero, ma in carcere, come si entra si esce, di lì stesso si può continuare ad esercitare controllo e comando, e quando si esce le vie sono due, o ricominciare come prima, perché certa gente sa fare solo quello, o cambiare vita, cosa difficile per chi c’è nato dentro o per chi cerca denaro facile senza faticare molto.
Sono usciti di galera, entrano ed escono, buona parte dei rampolli della vasta famiglia dei Fardazza, che circolano tranquillamente. Tutti bravi ragazzi.
Dell’altra storica famiglia dei Nania, il capostipite Fifiddu è a casa, perché ammalato, assieme al fratello Antonino, anche lui malato, e al figlio Francesco, che invece è finito dentro nel contesto dell’operazione Game Over sui centri scommessa, denunciata da due anni da Telejato, ma scoperta qualche mese fa, con un giro di una cinquantina di better che facevano capo a un server maltese. Insomma abbiamo una bella generazione di rampolli che ci si augura non vogliano emulare o superare le grandi imprese dei padri. E poi ci sono una serie di mafiosi di Borgetto che, negli ultimi anni sembrano addirittura aver messo sotto tutela quelli di Partinico, assieme a una vasta generazione, ancora tutta da scoprire, che mantiene i contatti con la malavita palermitana e si occupa di piccoli spacci, di piccoli furti, di ricettazione, di offerte di protezione, con relative intimidazioni, minacce, ricatti.

Un paese attivo
A parte queste considerazioni generali nel dettaglio sono nati, nell’ultimo decennio, tre mega supermercati, che assorbono i tre quarti dell’attività commerciale soprattutto agroalimentare, una decina di supermercati con marchio nazionale, numerosi piccoli storici esercizi, altri grandi negozi che si occupano della vendita di tutto quanto occorre per le attività domestiche, dai detersivi ai cibi per cani, agli elettrodomestici, e tante altre attività che spaziano dal mondo dell’edilizia a quello dell’elettricità, per non parlare di una decina di negozi cinesi e dei tanti bar, dove inevitabilmente si aggirano certe presenze. E poi c’è un mondo di professionisti, molti dei quali si presume che lavorino in nero e che incassino le parcelle delle loro attività pulite da gravami fiscali, ci sono cantine, oleifici, officine, negozi ecc. In netta crisi il settore di produzione ortofrutticola, sia per la cattiva distribuzione della rete irrigua che canalizza l’acqua dell’invaso Poma, sia per l’abbandono delle campagne, i cui proprietari preferiscono fare studiare i propri figli e avviarli ad altro lavoro, sia per le scarse politiche agricole dei governi nazionali e regionali degli ultimi anni.
Insomma, il paese è attivo, non si può dire che non giri il denaro. E in tutto questo ci sono una serie impressionante di macchinoni, Suv, Mercedes, Audi, che lasciano spazio a una domanda: c’è mafia in tutto questo? Da dove viene tutto il flusso di denaro che consente così alti tenori di vita? E’ possibile che tutti lavorano senza pagare più pizzo? Sino a quando non avremo riscontri certi, contentiamoci di dire che è possibile. Di sicuro c’è che il centro è proprio a metà strada tra Trapani e Palermo, che fa da ottimo collegamento anche con il porto di Castellammare e con tutta l’area costiera e che, per molti aspetti è una zona cuscinetto, una sorta di area grigia in cui c’è un’ampia “possibilità” di trafficare senza paura di essere scoperti.

La transizione
E tuttavia qualcosa sembra essere cambiata nell’ultimo anno, allorchè, a giudicare dalla quantità di sequestri realizzati, sembra ormai si possa dire tranquillamente che Partinico è diventata un centro dello spaccio di cocaina, merce più commercializzabile, che comporta meno rischi ed é più richiesta sul mercato, specie da parte di coloro che dispongono di molto denaro. Il 2019 sembra aver segnato questo passaggio, a giudicare da quanto è venuto fuori nel campo della repressione delle attività illegali: il 17 novembre 2018 è stato arrestato dai carabinieri di Partinico e subito messo ai domiciliari,
Giuseppe Pellitteri, di anni 61, con l’accusa di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio: in un suo deposito sono stati trovati 25 grammi di cocaina suddivisi in 25 dosi, 10 grammi non confezionati e 70 euro presumibilmente provenienti dall’attività di spaccio. Nel mese di aprile 2019, probabilmente grazie a qualche “cantata”, a distanza di giorni ci sono stati diversi ritrovamenti: il 3-4 sono stati rinvenuti 4,5 chili di cocaina, 1 grammo di hashish e 410 euro in contanti”, nella casa del 28enne Riccardo Biagio Sansone, subito rinchiuso al carcere Pagliarelli; tre giorni dopo, il 6-4, allo svincolo di Partinico sull’autostrada Palermo-Mazara del Vallo, la polizia ha arrestato un giovane di 29 anni, Giuseppe De Lisi, che trasportava a bordo della propria Toyota Aygo 100 grammi di cocaina: durante una successiva perquisizione domiciliare, i poliziotti hanno sequestrato 800 grammi di hashish e un involucro con altri cinque grammi di cocaina, oltre a un bilancino di precisione. Gli agenti hanno anche trovato due telefoni cellulari e mille euro in contati. Dopo altri tre giorni, il 9 aprile vengono arrestati, a bordo di un’autovettura, dalla polizia, in via Cannavò a Partinico due coniugi, C.V., 52enne ed A.R., 49enne: quest’ultima, alla vista degli agenti, tentava di disfarsi di una calza di colore nero che veniva, però, tempestivamente recuperata dagli agenti: al suo interno, 60 involucri in plastica termoriscaldati, contenenti cocaina, per un peso complessivo di 23 grammi, cocaina in pietra, per un peso di 30 grammi ed un bilancino di precisione. Disposti gli arresti domiciliari per entrambi i coniugi. E ancora dopo altri tre giorni, il 12 aprile un 41enne di Partinico, Gioacchino Guida, 41 anni, veniva arrestato dai carabinieri mentre tentava di nascondere, in contrada San Giuseppe, in un contenitore di plastica, un involucro contenente 8,6 kg di cocaina in panetti, per un valore commerciale di circa 300 mila euro. E ancora: il 30/04/2019 veniva arrestato dai Carabinieri ad Alcamo David Rosario, classe ’87, originario di Partinico, attivissimo spacciatore della zona Il 21 maggio 2019 la polizia ha scoperto un’organizzazione criminale che riforniva la Sicilia di droga proveniente dalla Calabria e dalla Campania. L’operazione denominata Blacksmith ha portato in carcere 19 persone, tra cui i carinesi Alessandro Bono e Paolo Di Maggio, il partinicese Fabio Bongiorno e Daniele Spataro di Cinisi. Già il 18 gennaio 2018 a Carini erano stati sequestrati 10 kg di cocaina a bordo di un autoarticolato davanti alla casa di Antonio e Salvatore Basile, trovati in possesso di un chilo e mezzo di hashish. Altri 300 gr. di hashish destinati a Paolo Di Maggio, erano stati scoperti nel novembre dello stesso anno. Il partinicese coinvolto forniva anche marjuana coltivata da lui stesso. Il 03/06/2019 la polizia del commissariato di Partinico ha arrestato Erasmo Longo di 52 anni, Nunzio Arculeo di 31 anni e Piero Lo Bue di 41 anni accusati di detenzione e spaccio di droga. Longo è stato arrestato nel corso di controlli a Terrasini (Pa). In una Fiat Punto bloccata in via Einaudi gli agenti hanno trovato 265 grammi di marjuana. Arculeo e Lo Bue sono stati arrestati a Balestrate. In via Colombo hanno bloccato i due mentre si passavano una busta con 34 grammi di cocaina. C’è anche chi coltiva la cannabis per uso personale; giorno 10.7 a Balestrate sono state trovate dai carabinieri tre piantine in vaso e il poveraccio che sperava di non dare i suoi soldi ai trafficanti è finito nei guai. Naturalmente i dati e le quantità rinvenute non possono essere che una minima parte del gigantesco commercio in atto: Partinico è inserita in un triangolo tra Alcamo e Carini, e molte delle sostanze stupefacenti spacciate girano soprattutto nelle vicine località marinare di Castellammare, di Balestrate e di Terrasini. E se da Palermo sembrano arrivare segnali di “uomini nuovi” in una difficile fase di ricomposizione di Cosa Nostra, dall’altro polo, nel regno di Messina Denaro il porto di Trapani è un continuo viavai d’imbarcazioni recanti merce di qualsiasi tipo.

 

 

Fonte:http://www.antimafiaduemila.com/