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Non siamo sfascisti perché abbiamo un profondo senso dello Stato di diritto e delle Istituzioni e proprio per questo ci battiamo perché le cose funzionino…

Non siamo sfascisti.

Anzi.

Tutto il contrario.

Abbiamo un profondo senso dello Stato e delle Istituzioni e, quando siamo critici, lo siamo sempre con spirito costruttivo ed animati da un forte intento di migliorare le cose.

Dando il massimo possibile delle nostre energie a difesa di uno Stato di diritto del quale ci riteniamo convinti e strenui difensori, non solo per il nome che portiamo, ma anche per i valori in cui crediamo fermamente.

Appariamo talvolta critici in maniera eccessiva nei confronti di talune articolazioni locali dello Stato, specialmente in provincia di Latina, ma a ciò ci siamo visti costretti intanto dalla gravità della situazione criminale in cui ci troviamo e, poi, da alcuni comportamenti di lassismo e di inadeguatezza che abbiamo rilevato negli anni andati.

Un caso fra tutti:

nel 1996 Carmine Schiavone, durante un interrogatorio cui fu sottoposto a Latina, rivelò fatti e nomi che, se fossero stati seguiti ed approfonditi con la dovuta accortezza, si sarebbero potuti evitare i fenomeni involutivi che oggi ci stanno creando guai ed angosce.

Egli parlò, fra l’altro, di una cinquantina di “soldati” dei Casalesi in servizio attivo in provincia di Latina e pagati a 3 milioni al mese a testa.

Egli fece anche dei nomi di coloro ai quali questi dovevano far riferimento.

Quel verbale avrebbe dovuto mettere in movimento una macchina investigativa di eccezionale portata.

La sensazione, ritenuto che non si è visto alcun risultato, è che chi doveva essere il promotore di un’azione di indagine e di repressione di eccezionale rilievo non abbia tenuto nella necessaria considerazione quelle dichiarazioni.

Non ci risulta, infatti, che quella cinquantina di “soldati”-un quarto di una compagnia dell’esercito – siano stati individuati ed assicurati alla Giustizia, né che sia stato scoperto il tipo di attività che essi hanno svolto in provincia di Latina, né, ancora, se alcuni di essi siano ancora nelle nostri territori e per fare che cosa.

Ci sono state decine di omicidi in provincia di Latina dei quali non sono stati individuati né mandanti né esecutori.

Non potrebbero essere alcuni di quella cinquantina?

Stiamo parlando solamente dell’” ala Schiavone” dei Casalesi, senza considerare tutti gli altri clan, sottoclan, ’ndrine e così’ via

Un esercito di centinaia di camorristi e di mafiosi che hanno potuto fare il bello ed il cattivo tempo, probabilmente anche con il sostegno di qualche esponente politico ed istituzionale e senza che Procuratori, Prefetti, Questori e Comandanti provinciali abbiano fatto quello che a nostro avviso avrebbero dovuto fare.

E’ stato di recente il Dr. Frattasi il primo -e probabilmente l’ultimo – Prefetto in provincia di Latina ad ordinare un’indagine su un Comune ed a proporre, dopo la nomina di una Commissione di accesso, lo scioglimento della sua Amministrazione per sospetto di condizionamenti mafiosi..

Nemmeno con un’inchiesta importante come quella denominata “Formia Connection” si è deciso di nominare una Commissione di accesso al Comune di Formia, il cui territorio, com’è noto, pullula di camorristi di ogni specie diventati ormai padroni di gran parte della nostra economia.

Ancora ci vediamo costretti ad assistere allo sconcio di importanti esponenti politici ed istituzionali che negano la realtà che è sotto gli occhi di tutti; ancora dobbiamo sentire da qualcuno che… ”non c’è mafia”, quando un giorno sì e l’altro pure ci pervengono notizie di sospetti investimenti di ingenti capitali (attenti a Terracina dove si parla di bar e ristoranti passati di recente di mano).

Qualche cambiamento in meglio c’è stato e noi dobbiamo dare atto al Colonnello Kalenda, Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Latina ed al Maggiore Brioschi Comandante del Gruppo delle Fiamme Gialle di Formia di essere gli autori di una svolta rispetto a qualche loro predecessore la cui opera non è stata sufficientemente brillante sul piano della lotta ai capitali mafiosi.

La nostra onestà intellettuale ci impone di dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.

Come pure, ci vediamo costretti – e ce ne dispiace perché stimiamo profondamente il Questore Intini – a dire che ci duole fortemente lo spostamento ad altre mansioni interne dell’unico Ispettore nella Questura di Latina che si intendeva di indagini patrimoniali.

Un passo in avanti e, purtroppo, due indietro, con la “nuova” Guardia di Finanza che comincia ad essere un’ottima avanguardia ed una Squadra Mobile che, dopo il trasferimento di Cristiano Tatarelli e lo spostamento dell’ispettore cui abbiamo fatto cenno, sembra un po’ in affanno.

Ovviamente stiamo parlando solamente di lotta alle mafie e non alla criminalità comune.

Non abbiamo, allo stato, elementi per esprimere giudizi e considerazioni su altri.

Abbiamo ritenuto di rendere edotto il Ministro della Giustizia di alcune nostre riflessioni e richieste sullo stato delle cose nel Basso Lazio ed abbiamo fiducia nel Ministro Severino.

Aspettiamo gli eventi animati dalla speranza che prima o poi l’intera macchina dello Stato in provincia di Latina cominci a funzionare a pieno regime.

Ciò che riteniamo utile sottolineare ancora una volta è il fatto che la specificità della situazione esistente in provincia di Latina e, più in generale, in tutto il Basso Lazio, impone di spostare l’attenzione investigativa dalla dimensione numerica a quella qualitativa.

Non stiamo, per ora, nella situazione in cui si trovano Scampia ed altri territori del sud e, quindi, non occorrono gli eserciti.

Occorrono, invece, un lavoro di INTELLIGENCE e persone che lo sappiano fare.

Poche persone, ma coordinate fra di esse, ben guidate possibilmente da un pool di magistrati della Procura esperti (altro problema!) in materia di lotta alle mafie ed ai capitali di origine sospetta.