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Nino e Ignazio al servizio dei Corleonesi

Nino e Ignazio al servizio dei Corleonesi

15 Luglio 2020

Significativamente coincidente con quanto già dichiarato dal dr. Cassarà, nella deposizione sopra citata, risulta inoltre lo spostamento degli equilibri preesistenti registratosi dopo la “guerra di mafia” nel senso che, secondo quanto riferito dal Brusca, i Salvo si avvicinarono alle posizioni dei c.d. “vincenti” tramite Greco Michele.

In questo nuovo contesto Brusca divenne il referente unico perché Riina diede l’ordine a tutti gli uomini d’onore di non rivolgersi più direttamente ai Salvo ma di filtrare gli incontri tramite il predetto collaboratore per chiedere favori e cortesie e fu lo stesso Brusca ad essere delegato dal padre Bernardo e dal Riina per riferire i messaggi e procurare gli appuntamenti.

Gli argomenti di discussione concernevano prevalentemente l’interesse dell’organizzazione per il mondo politico, settore questo caratterizzato dai difficili rapporti tra Riina e Ciancimino.

I Salvo avevano avuto inoltre l’incarico direttamente dal Riina di avvicinare i giudici del processo per l’omicidio del cap. Basile e si erano inoltre interessati per un esito favorevole del processo a carico dei Rimi, noti esponenti mafiosi di Alcamo(ff.137-138,ud.cit).

Alla specifica domanda del P.M. se Riina avesse chiesto a Nino Salvo di attivarsi con alcuni giudici perchè sapeva che li conosceva personalmente o perchè sapeva che Salvo poteva contare su un personaggio politico tale da potere influenzare anche i magistrati, Brusca Giovanni ha testualmente dichiarato: “No, lui ci arrivava perchè… Salvatore Riina mi disse: “Lui direttamente o fai intervenire all’onorevole Lima”, perchè politicamente ci potevano arrivare. Vuol dire che Salvatore Riina per dirmi questo in maniera sintetica vuol dire che lui sapeva che ci poteva arrivare per quello che vi ho detto. Cioè, nel senso: se io devo decidere il discorso per me è così, siccome io vi devo raccontare quello che so, mi ha detto: “Vai da Nino Salvo e ci dici che interviene perchè lui può fare questo”. Sennò quando mi dice: “Gli rompo le corna a lui e a tutti”, anche se io gliel’ho detto in tono scherzoso, però nella sostanza c’era e … e Nino Salvo si mette pure a ridere, dice: “Va bè – dici – ora io faccio la forzatura”, perchè in primo tempo il Nino Salvo mi aveva fatto delle difficoltà, dici: “Ma ci vediamo, vediamoci, viene difficile, mi viene un pò duro”. Io porto queste rimostranze a Salvatore Riina e mi rimanda subito, tanto è vero che ci vado in giornata e… con la forzatura e Nino Salvo si attua per potere ottenere questi benefici, che poi sono… sono avvenuti, almeno in primo grado al processo.”

Brusca ha inoltre riferito che nel periodo della guerra di mafia i referenti politici romani, tramite i Salvo, avevano invitato Riina a “darsi una calmata” proprio per evitare interventi legislativi pesanti, invito al quale questi aveva risposto facendo sapere attraverso lo stesso canale dei Salvo di “lasciarli fare”, in considerazione dei tanti favori fatti.

Sul punto il collaboratore ha testualmente dichiarato : “ Poi il secondo input che io ho da parte loro fu… a Palermo c’era una… una grandissima… c’era una grandissima… i morti era due – tre – quattro al giorno, questo non me lo posso completamente dimenticare, che a Palermo a un dato punto il giornale “L’Ora”, quelli che vendevano in mezzo alla strada e anche la TV, cioè i mezzi di informazione nell’82 davano… che contavano i morti, dici: “Siamo arrivati a cento nell’arco di pochi mesi”, e a un dato punto questo fatto dal Governo centrale di Roma arriva una segnalazione, un input da parte dell’onorevole Andreotti, facendo sapere a Lima, Lima ai Salvo, i Salvo me lo dicono a me in prima persona e io lo porto a Salvatore Riina e mi dice di darci una calmata perchè lui era… sennò era costretto a prendere dei provvedimenti. Io vado da Salvatore Riina, gli dico questo particolare. Salvatore Riina mi ci rimanda, dici: “Fagli sapere che gli fanno sapere che ci lascia fare, che noi siamo a disposizione per tanti favori che gli abbiamo fatto”. Ora, cosa si riferiva i favori io posso solo immaginarlo, però poi cosa… cosa abbiano fatto non glielo so dire. Dopo la strage Chinnici, dove loro(e cioè i Salvo, specificazione, questa, fornita a richiesta del presidente – f.142) erano responsabili in prima persona, parlando con me Ignazio Salvo questa volta…direttamente mi dice che dopo avere fatto una marea di, tra virgolette, sacrifici o di tentativi di potere salvare le esattorie uccidendo una serie di persone, l’ultimo credo che sia il dottor Chinnici, dopo una serie di tentativi non sono riusciti a poterli salvare e dici: “Prima che ce li… ce li tolgono è meglio che noi ce li… glieli diamo”.(ff.140-143,ud.cit).

Il collaboratore ha precisato che proprio in quel periodo erano frequenti in contrada Dammusi incontri tra Riina, Brusca Bernardo ed i cugini Nino ed Ignazio Salvo.

Da quest’ultimo, dopo l’attentato al consigliere Chinnici, aveva appreso che i potenti esattori avevano fatto tanti sacrifici e si erano prestati per la realizzazione di vari fatti criminosi, l’ultimo dei quali l’omicidio per cui è processo per potere salvare le esattorie e che erano arrivati alla determinazione di cederle, prima che con qualche intervento giudiziario fossero loro tolte. ( “abbiamo ucciso il Dott. Chinnici, abbiamo fatto tanto, però non siamo riusciti a trattenercele – le esattorie – prima che ce li tolgono noi ce li diamo”)

Il contributo probatorio di maggior rilievo fornito dal Brusca riguarda proprio la fase deliberativa e preparatoria della strage, con particolare riferimento al movente ed al pieno e diretto coinvolgimento dei cugini Salvo e di tutti gli esponenti di spicco che costituivano il vertice dell’organizzazione mafiosa.

Nel corso dell’esame reso all’udienza dell’1/3/1999 Brusca ha testualmente riferito:

Le motivazioni sono che il dr. Chinnici doveva morire, credo perché dava fastidio a “cosa nostra”, aveva stilato il rapporto dei 162, aveva fatto qualche altro provvedimento. Ma quelli che insistevano di più per uccidere il dr. Chinnici erano i Salvo, in quanto il dr. Chinnici si era concentrato su di loro…. per indagare sulle esattorie …e sui contatti politici….E in quel momento …. i Salvo erano in condizione di sapere tutto, avevano tanti informazioni, cioè funzionari, magistrati. Comunque credo che siano a conoscenza che il dr. Chinnici indagava su di loro. E da lì, cioè con le pressioni da parte di cosa nostra, perché per esempio c’è Antonio Madonia, Giuseppe Giacomo Gambino, tanti altri che spingevano per uccidere il dr. Chinnici, so solo e semplicemente che in una di quelle riunioni che io ho fatto con Salvatore Riina e mio padre ed i cugini Salvo dopo una lunga riunione che loro hanno avuto dentro questo caseggiato, quando escono, Ignazio Salvo esce e mi chiama e Salvatore Riina mi chiama in maniera euforica e Salvatore mi dice “mettiti a disposizione di don Antonino”. Bene o male io già sapevo qual era l’argomento, perché mi doveva imparare dove abitava e tutto il resto. Però il motivo era perché il dr.Chinnici aveva preso di mira i Salvo sia nell’esattoria, nel mondo politico e stava cominciando ad indagare su di loro……perchè le esattorie erano fonte di guadagno dei Salvo e credo di sostentamento politico verso la corrente andreottiana. limiana, quella che era”. (ff. 157-158, ud.cit.).

Sul pieno coinvolgimento dei Salvo nella strage per cui è processo, secondo le dichiarazioni del Brusca, appare opportuno riportare testualmente il seguente brano dell’esame reso dal collaboratore all’udienza dell’1/3/1999(cfr.ff.160 e segg.):

P.M. – .… . Io volevo capire una cosa: questo fatto delle indagini del dottor Chinnici sull’esattoria, sulla gestione dell’esattoria, le viene detto proprio in esito a questa riunione a Dammusi?

BRUSCA – Mi viene detto in maniera molto sintetica prima e poi quando ho detto poco fa: quando Ignazio Salvo mi dice a me: “Abbiamo fatto tanto, cioè abbiamo ucciso anche il dottor Chinnici, però non siamo riusciti a trattenerceli”, siccome erano continuamente indagati, dice: “Prima che ce li tolgono, noi ce li diamo”.

P.M. – Quindi, lei dice sia prima… BRUSCA – Prima che dopo.

P.M che dopo.

BRUSCA – Senza bisogno di dire: “Abbiamo ucciso il dottor Chinnici, però i sacrifici che abbiamo fatto, cioè tutto quello che abbiamo fatto”, ma in riferimento… Siccome io e lui eravamo oggetto, sapevamo di che cosa avevamo parlato, cioè lui mi fa riferimento a quel fatto senza… non c’è bisogno tra uomini d’onore cioè di dire: “Ah, abbiamo fatto l’omicidio di Chinnici”. Non. non

c’è bisogno ogni volta di fare questa trafila, ma in maniera sintetica ed allusiva si capisce di cosa stiamo parlando.

P.M. – E prima? A me interessa intanto prima, quando in contrada Dammusi c’è…

BRUSCA – Prima…

P.M questo incontro?

BRUSCA – Prima io gli posso dire che loro dici: “Finalmente – dici – è venuto il momento di romperci le corna a questo”. Cioè, con molta euforia, cioè, sono venuti con entusiasmo, che finalmente era arrivato il momento di commettere questo omicidio. Quindi…

P.M. – E fanno riferimento al problema delle indagini sull’esattoria o si limitano a dire: “Finalmente è arrivato il momento di romperci le corna a questo”?

BRUSCA – In quel momento hanno detto: “Finalmente è arrivato il momento di romperci le corna”, però sapevo che i Salvo avevano il problema con il dottor Chinnici, che lui indagava su… su di loro. Loro avevano fatto tanti tentativi di poter avvicinare il dottor Chinnici, ma non ci sono mai riusciti, cioè politicamente.

P.M. – E questo come le risulta, signor Brusca?

BRUSCA – Che me lo dicono i Salvo stessi; i Salvo, mio padre, Salvatore Riina. Capito? Al sud non c’è bisogno di… di fare tanti argomenti, cioè loro dice: “Abbiamo fatto tanti tentativi di poterlo avvicinare, ma non ci siamo mai riusciti”.

La riunione è stata collocata dal Brusca a fine estate 1982 (“settembre- ottobre”), sulla base di riferimenti specifici che conferiscono attendibilità al racconto, inizialmente caratterizzato dall’incerto e fuorviante riferimento ad alcuni mesi prima della strage ( “sei-sette-otto mesi prima”) ma successivamente, dopo la contestazione del verbale in data 24/10/1997, pienamente confermativo di una precedente e più puntuale ricostruzione fondata sul rilievo che “Nino Salvo si trovava ancora vicino a Bagheria, dove hanno la villa estiva e che loro a Salemi di solito ci andavano per il periodo della vendemmia”(cfr.ff 165-166,ud.cit.).

Uno o due giorni dopo al massimo ( “cioè il tempo di metterci d’accordo”) dall’incontro con Riina e Bernardo Brusca, Giovanni Brusca, a bordo della propria autovettura Volkswagen Golf aveva seguito fino a Salemi Nino Salvo che guidava la sua autovettura Mercedes; giunti presso la villa dei Salvo, poco distante da quella del dr. Chinnici, avevano posteggiato la Mercedes ed a bordo della Golf avevano perlustrato la zona dove era sita l’abitazione estiva del magistrato; percorrendo una vicina stradella asfaltata sita a circa 200 – 300 metri dalla villa – circostanza confermata dal teste Chinnici Giovanni – avevano notato che era ivi parcheggiata un’autovettura Alfa Sud dello stesso tipo di quelle in dotazione alla polizia.

Secondo il racconto del Brusca (cfr.f.170,ud.cit.), questi, successivamente, si era recato nello stesso luogo qualche altra volta in compagnia di Antonino Madonia (almeno due volte) e di Pino Greco “scarpa” (un’altra volta); sia il Madonia che il Greco, che all’epoca, pur non rivestendo alcuna carica, aveva ruolo decisionale e di rilievo all’interno del mandamento di Ciaculli (che avrebbe successivamente retto dopo la destituzione di Michele Greco) erano pienamente consapevoli del significato di quella visita.

L’azione, tuttavia, non era stata portata a compimento per le difficoltà di assicurarsi una fuga agevole, determinate dalla particolare situazione dei luoghi.

Il Brusca ha precisato che la prima volta che si era recato nei pressi della villa di Salemi, aveva notato la presenza del dr. Chinnici.

Sulla scorta della documentazione acquisita, dalla quale è emerso che

il consigliere istruttore nell’anno 1982 aveva fruito di un periodo di ferie a decorrere dai primi giorni del mese di agosto, ed alla luce delle indicazioni fornire dal Brusca la data della riunione può agevolmente collocarsi nel mese di agosto 1982.

Sebbene l’originario progetto con le modalità sopra descritte non sia stato eseguito, il proposito criminoso non venne certamente revocato – essendone stata solo differita la realizzazione – attesa la “visita” nel palazzo del consigliere istruttore nel dicembre 1982 da parte del Madonia Antonino ( episodio che, più avanti, costituirà oggetto di specifica disamina) e le successive attività preparatorie che, secondo le stesse indicazioni del collaboratore, ebbero inizio qualche mese prima della strage.

Anche con riferimento alla seconda fase le acquisizioni probatorie hanno consentito di accertare il coinvolgimento dei cugini Salvo, i quali misero a disposizione la loro autovettura per consentire una verifica della consistenza dei vetri blindati.

Come si avrà modo di precisare più avanti, l’esecuzione del delitto venne solo differita, nel settembre 1982, per volontà del Riina che dovette privilegiare altre “operazioni” di prioritario interesse strategico, connesse con gli equilibri interni all’organizzazione, nelle quali certamente dovettero rientrare gli omicidi di Riccobono e Scaglione.

Per mera esigenza di completezza espositiva va rilevato che sulla qualità di uomini d’onore della famiglia di Salemi rivestita dai Salvo hanno concordemente deposto, inoltre, i collaboratori di giustizia Contorno Salvatore (ud. 3/2/1999, ff.61-64), Anzelmo Francesco Paolo (ud.9/3/1999, ff.42-43; 92-93), Ganci Calogero (ud.24/3/1999, f.91), Cancemi Salvatore (ud.3/5/1999), Di Maggio Baldassare (ud.24/5/1999), Onorato Francesco (ud.25/5/1999).

Fonte:https://mafie.blogautore.repubblica.it/