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Nel segno del “pupo” Scarantino

Nel segno del “pupo” Scarantino

5 Novembre 2020

Borsellino bis

Il cosiddetto Borsellino bis ha avuto come imputati sia alcuni dei mandanti che taluni degli esecutori materiali della strage, fra i quali anche quelli chiamati in correità da Scarantino, in concorso con gli imputati del Borsellino 1, e precisamente Scotto Gaetano, Vernengo Cosimo, Gambino Natale, La Mattina Giuseppe, Urso Giuseppe e Murana Gaetano.

In primo grado, la Corte d’Assise di Caltanissetta, con sentenza del 13 febbraio 1999, ha confermato sostanzialmente, quanto agli imputati chiamati in correità da Scarantino, i risultati cui era pervenuta la Corte d’Assise d’Appello in secondo grado nel processo Borsellino 1, in ordine alla attendibilità delle propalazioni accusatorie dello Scarantino e dell’Andriotta. E, pertanto, ha assolto gli imputati Gambino Natale, La Mattina Giuseppe, Urso Giuseppe, Vernengo Cosimo e Murana Gaetano dal delitto di strage, ritenendo le dichiarazioni dello Scarantino e dell’Andriotta sul loro conto prive di riscontri.

La Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta, con sentenza del 18 marzo 2002 , relativamente ai sopra richiamati imputati, ha ribaltato le conclusioni del giudice di primo grado e ha rivalutato integralmente le dichiarazioni accusatorie di Scarantino e Andriotta. Per tali ragioni, in riforma della sentenza impugnata, ha condannato gli stessi imputati per il delitto di strage.

Tale sentenza è stata confermata dalla Cassazione in data 3 luglio 2003.

Per le considerazioni che si svilupperanno a margine del presente capitolo, il dato più inquietante o quantomeno poco comprensibile risiede proprio nell’esito della sentenza d’appello del cosiddetto Borsellino bis, con riferimento specifico agli imputati chiamati in correità da Scarantino, e assolti in primo grado.

Borsellino ter

Nell’estate del 1996 le indagini sulla strage di via D’Amelio, mai cessate nonostante la celebrazione dei due giudizi di cui sopra, subivano una ulteriore svolta a seguito della cattura e della decisione di collaborare di alcuni mafiosi direttamente implicati negli avvenimenti.

I racconti dei collaboratori permettevano così di arricchire il quadro degli esecutori materiali e di risalire a parte dei mandanti interni diversi dagli imputati nei due precedenti processi.

In tale processo, benché fra gli imputati non figurassero quelli chiamati in correità da Scarantino, venivano in ogni caso analizzate e valutate in primo grado le dichiarazioni accusatorie dello stesso e, in ordine ad esse, la Corte d’Assise con sentenza del 9 dicembre 1999 ha concluso ritenendo espressamente che non se ne dovesse tenere alcun conto per la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle responsabilità in ordine alla strage di via D’Amelio perché inattendibili intrinsecamente ed estrinsecamente (benché ancora non si fosse verificata la collaborazione di Gaspare Spatuzza).

L’impianto di detta sentenza, parzialmente modificato dalla sentenza d’appello del 7 febbraio 2002 (depositata il 6 maggio 2002), sempre senza che venisse intaccato il ragionamento valutativo in ordine alla figura di Scarantino, veniva definitivamente confermato dalla Corte di Cassazione con sentenza del 17 gennaio 2003, con la quale venivano annullate le assoluzioni di Benedetto Santapaola, Antonino Giuffrè, Giuseppe Farinella e Salvatore Buscemi, pronunciate in secondo grado, e veniva disposto il rinvio davanti alla Corte d’Appello di Catania che con sentenza divenuta definitiva condannava all’ergastolo i suddetti imputati.

Fonte:https://mafie.blogautore.repubblica.it/