Cerca

Napoli. Romeo, il procuratore difende i suoi pm: «Indagini legittime»

Il Mattino, Sabato 7 Gennaio 2017

Napoli. Romeo, il procuratore difende i suoi pm: «Indagini legittime»

di Leandro Del Gaudio

«Piena correttezza e legittimità delle iniziative giudiziarie della Procura della repubblica di Napoli». A difendere la gestione di una delle indagini più delicate condotte dai pm partenopei in questo periodo, è il procuratore Giovanni Colangelo, che rompe il silenzio dopo le critiche esposte dagli avvocati dell’imprenditore Alfredo Romeo, accusato di corruzione, ma anche di concorso esterno in associazione camorristica. Come è noto, secondo la Procura di Napoli, Romeo avrebbe garantito l’assunzione di alcuni dipendenti in odore di camorra, appena vinto l’appalto sulle pulizie al Cardarelli, finendo così coinvolto nelle maglie di una indagine della Dda di Napoli sul pressing della camorra sugli appalti ospedalieri. Due mesi fa, proprio sull’onda di queste accuse, il gruppo Romeo aveva deciso di rescindere il contratto, rinunciando alla commessa per la pulizia del primo ospedale napoletano, rimanendo al momento in attesa delle prossime mosse della Procura di Napoli. Una volta emersa l’accusa di concorso esterno in associazione camorristica, c’è stata la replica dei difensori di Romeo, i penalisti Francesco Carotenuto, Alfredo Sorge e Giovanni Battista Vignola, che hanno definito «del tutto inconsistente» l’ipotesi di collusioni con la criminalità organizzata, un’accusa utilizzata come «un’arma usata strumentalmente per indagare sulla Consip e sulle alte cariche dello Stato».

Ed è proprio su questo punto che il procuratore di Napoli fa sentire la propria voce: «Si esclude qualsiasi finalità strumentale» e si ribadisce «la piena correttezza e legittimità delle iniziative giudiziarie della Procura di Napoli, delle quali da tempo l’indagato aveva formale conoscenza». Ma non è tutto. Fonti della Procura evidenziano che Romeo era da tempo messo a conoscenza dell’indagine a suo carico e delle ipotesi formulate dagli inquirenti, in seguito alle perquisizioni disposte dai pm e dall’invio di un invito a rendere interrogatorio per il 23 dicembre scorso, interrogatorio al quale Romeo ha deciso di non sottoporsi. Nel corso delle indagini Romeo era stato intercettato attraverso il sistema «trojian», e la legittimità dell’utilizzo degli elementi emersi da tale attività – sottolineano le fonti – è stata riconosciuta dal Tribunale del Riesame, che è intervenuto sui vari decreti di sequestro notificati a partire dallo scorso novembre dalla Procura di Napoli.

Un’inchiesta complessa, quella che ha investito il patron del potente gruppo imprenditoriale napoletano (ma anche alcuni suoi manager), che prende le mosse proprio dall’appalto delle pulizie del Cardarelli. Siamo nel 2014, il gruppo Romeo vince la gara grazie a un intervento del consiglio giudiziario, insediandosi così nell’ospedale collinare. È il punto in cui ci sarebbe stato il contatto che costa all’imprenditore l’accusa di concorso esterno in associazione camorristica. Una tesi duramente respinta dalla difesa, che ricorda che il gruppo Romeo ha garantito, secondo una linea di continuità l’assunzione dei dipendenti di un precedente cantiere, tra i quali anche alcuni soggetti segnalati da attività di polizia giudiziaria. Intanto, però, l’inchiesta ha preso altre vie. Nascono filoni differenti, che puntano a fare chiarezza su presunte tangenti messe in gioco con dirigenti del Comune di Napoli, con una funzionaria della Sovrintendenza romana, per poi approdare alla Consip – centrale di spesa del ministero dell’Economia -, fino all’inchiesta sulla fuga di notizia che vede coinvolti l’attuale ministro dello Sport Luca Lotti e due alti ufficiali dei carabinieri (questo filone sulla fuga di notizie è stato trasmesso a Roma, per competenza territoriale). Inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice, dal pm Henry John Woodcock, Celeste Carrano e Enrica Parascandolo, che si è avvalsa di metodi di indagine particolarmente efficaci.

Non solo cimici e attività di appostamento da parte degli uomini della polizia giudiziaria, ma anche il famigerato «trojian», il virus spia inoculato sul cellulare di Alfredo Romeo e del suo consulente (ex parlamentare di lungo corso) Italo Bocchino. È grazie a questo espediente che è stata possibile una raccolta di elementi che ha consentito alla Procura di Napoli di spaziare su più fronti, di aprire e verificare filoni differenti. Stando alla posizione difensiva, Romeo «sarebbe stato usato come un cavallo di Troia», per arrivare a soggetti politici o a manager o funzionari di Stato che nulla hanno a che vedere con l’originaria impostazione della Procura. Scrivono i legali: «Gli accertamenti in Consip sono stati possibili non per il presunto rapporto tra l’avvocato Romeo e il dirigente Consip Marco Gasparri, ma anche dei vertici Consip e delle cariche istituzionali coinvolte con le quali, tra l’altro, l’avvocato Romeo non ha mai avuto contatto». Un botta e risposta nel quale interviene il procuratore Giovanni Colangelo, che ribadisce la corrett