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Napoli, la caserma dei carabinieri in un palazzone dei Cesaro

La Repubblica, 14 GIUGNO 2020

Napoli, la caserma dei carabinieri in un palazzone dei Cesaro

L’inchiesta su politica e camorra: a Sant’Antimo i locali dell’Arma sono fittati dalla famiglia del senatore di Forza Italia e dei suoi fratelli arrestati. Prefettura in campo

dalla nostra inviata CONCHITA SANNINO

Noli timere”, non aver paura, esorta la scritta del patrono dalla facciata del santuario, nella Sant’Antimo con troppi e guasti protettori. E in effetti nel feudo della famiglia di Luigi Cesaro il senatore e dei fratelli imprenditori dove – a leggere le carte – camorra e politica andavano a braccetto, dove appalti e compravendita del consenso si decidevano sotto l’influenza dei clan Puca, Verde o Ranucci, nessuno di questi protagonisti ha mai avuto paura di cadute o rovesci. Nessuno ha mai temuto la deblacle. Cemento, business, voti, capitali sporchi continuavano oltre i blitz e il carcere. Un blocco nutrito di connessioni, indifferenza e anche di clamorose leggerezze: come molti sapevano e affiora adesso. Scoprendo, ad esempio, che persino un luogo simbolo di legalità e sicurezza, perfino la caserma dei carabinieri della cittadina è alloggiata – da almeno qualche decennio e ancora oggi – in un palazzone di proprietà dei Cesaro.

Quattro piani, uffici, parcheggio e abitazioni per militari, in via Avellino. Dove anche oggi campeggia l’ordine e la grande scritta in ottone: «Tenenza». Una circostanza urticante. Ma che, per essere chiari, mai compare negli atti e mai ha esercitato un peso sulle impietose offensive giudiziarie eseguite proprio dagli investigatori dell’Arma sul patto tra cosche e signori del voto. Solo di sei giorni fa, sono i pubblici ringraziamenti della Procura di Napoli al generale del comando provinciale Canio La Gala e al vertice dei Ros, Pasquale Angelosanto, per le complesse investigazioni e il blitz che ha portato agli arresti di 59 persone. Ma in quella tenenza, nei locali di proprietà formale della madre del senatore Luigi Cesaro e dei suoi fratelli imprenditori (l’anziana donna è scomparsa pochi anni fa), lavoravano e vivevano anche alcuni militari ritenuti infedeli. Come il maresciallo Vincenzo Di Marino, ora mandato in carcere per rivelazione di segreto e favoreggiamento.

L’Arma era “in affitto” di quei proprietari, addirittura c’è chi sostiene che da tempo nessun ufficio dello Stato versi più un canone per la palazzina, forse dopo la morte della titolare non sono stati formalizzati i passaggi necessari. Ma in ogni caso: quanto denaro pubblico è stato versato nelle casse di una famiglia sospettata già da anni di collusioni gravi e oggi travolta da nuove contestazioni di concorso esterno in associazione mafiosa?

Un “dettaglio” che sembrerebbe finto, se non fosse emblematico di una generale miopia e distrazioni tra uffici ubblici, soprattutto al livello centrale. Lo Stato, d’altro canto, non può disporre di un altro immobile in cui ospitare un servizio di così cruciale importanza? Non è escluso che prefettura di Napoli e commissari, ora al lavoro sulle vicende di Sant’Antimo, riescano a superare intoppi burocratici e ad organizzare un trasloco. Già in paese sono scattate a raffica molte interdittive antimafia. E in pochi giorni tutto sembra cambiato. Il Comune è in mano a tre rigorosi funzionari prefettizi, Maura Nicoletta Perrotta, Simona Calcaterra e Salvatore Carli (quest’ultimo già prezioso consulente, nelle vicende che hanno portato ai processi contro l’allora sottosegretario Nicola Cosentino).

Fonte:https://rep.repubblica.it/