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Milano, il Sanbittèr era una dose: il bar della coca gestito dalla malavita.Un appello dell’Associazione Caponnetto :” Cittadini milanesi e della Lombardia,svegliatevi! Prima,che sia troppo tardi.

Il Corriere della Sera, Sabato 7 Maggio 2016

Milano, il Sanbittèr era una dose: il bar della coca gestito dalla malavita
Chiuso il locale «Manhattan» di via Meda 53: tre gli arresti. Dai calabresi agli albanesi, era il ritrovo della «giovani leve». Giuseppe Prudente, il proprietario, era il boss del quartiere: riceveva nel bar l’omaggio dei malavitosi

di Andrea Galli

I nuovi clienti chiedevano un Sanbittèr, i vecchi «il solito». Consegnavano al barman cinquanta o cento euro, a seconda delle dosi volute, e quello depositava le confezioni di cocaina vicino al registratore di cassa. Fuori, sul marciapiede di via Meda, Giuseppe Prudente, il gestore del «Manhattan» al civico 53 e «fratello d’arte», se ne stava su una sedia, controllava le facce di passaggio casomai ci fossero «sbirri», osservava i compratori in entrata e in uscita, e soprattutto riceveva visite e omaggi, strette di mano e baci. Il bar, sequestrato dal commissariato di Scalo Romana diretto da Angelo De Simone, in una delle più importanti operazioni antidroga da inizio anno per strategia, significato e obiettivi, era il punto di ritrovo della malavita. Pregiudicati albanesi e calabresi, ex detenuti, giovani leve: passavano sempre da qui.

Insieme a Prudente, nato 58 anni fa a Cerignola, in provincia di Foggia, sono finiti in manette Luca Telmo Petrelli e Francesco Calogero Russo, di 31 e 42 anni. Petrelli era il barman; Russo aveva il compito di vigilare nella zona cucina, il deposito dello stupefacente. Non ce n’è uno, della banda, che non sia noto alle forze dell’ordine. Pregiudicati gli ultimi due e pluripregiudicato Prudente, fratello di Antonio e Libero. Antonio Prudente è uno degli otto morti ammazzati nel novembre 1979 nella strage di mafia al ristorante «La Strega» di via Moncucco, del quale era proprietario. A sparare furono i catanesi di Epaminonda che colpirono Prudente, legato ai clan rivali agli ordini di Turatello. Libero Prudente, anziché vittima, è stato carnefice: nel 2010 i carabinieri del Nucleo investigativo lo arrestarono per l’omicidio di Sergio Cozzoli, freddato sull’uscio di casa a Trezzano sul Naviglio. Gli investigatori avevano seguito la pista dell’usura.

 

Il bar «Manhattan» era intestato alla compagna di Prudente, assoluto padrone del locale e del quartiere. Lo testimoniano l’abbondanza di clienti, la «processione» di criminali e l’assoluta arroganza che caratterizzava lo spaccio. Non aveva paura, la banda, non ci concedeva giorni di tregua per restare «sottotraccia». Prudente voleva il denaro, tanto denaro, e voleva far girare cocaina, tanta cocaina, naturalmente di alta qualità. Pensava di non incontrare ostacoli, convinto di aver messo in piedi un’efficiente rete di sentinelle, che infatti presidiavano la zona, con frenetiche passeggiate e annotazioni di targhe «sospette» di motorini e macchine. All’interno, Petrelli e Russo prendevano mentalmente nota dei clienti occasionali, così come di quelli che si presentavano di continuo senza cercare cocaina. Chi sembrava «strano», e poteva essere un pericoloso ficcanaso, un poliziotto o un carabiniere, veniva magari seguito mentre si allontanava, per accertarsi se subito telefonava oppure si incontrava con altre persone per riferire quanto visto. Ma poi, vedere…

Non era facile scorgere errori e «tradimenti» nelle manovre del barman. Rapidissimi movimenti, perfino impercettibili, e lesti anche gli acquirenti, che sapevano di non dover indugiare. I segugi di De Simone hanno iniziato a «marcare» i clienti e si sono messi addosso a un 56enne, residente in via Santa Teresa, traversa di via dei Missaglia (attenzione, l’indirizzo è importante). Fermato per controlli, l’uomo aveva confessato d’avere in tasca grammi di cocaina e aveva spiegato come se l’era procurata. I poliziotti hanno verificato e comprovato la versione; è scattato il blitz: Russo aveva nelle parti intime otto involucri di carta bianca, avvolti nel nastro adesivo, contenenti cocaina. Nei vestiti c’erano 165 euro in banconote piegate di vario taglio mentre la perquisizione a Prudente ha portato a trovare 1.100 euro con larga probabilità l’incasso, fino a quel momento, arrivato con la droga.

In via Santa Teresa, al 6, c’era un altro bar, al centro di più inchieste. Di quel locale, Russo era il barman e Prudente il gestore. Quel locale, dove si spacciava a volumi intensi, aveva visto un valzer di baristi, via via arrestati, che parevano affannati nemmeno lavorassero soltanto loro al mondo e dovessero rifornire una nazione intera. E certo: il bar chiuse perché, tolta la droga, come regolare esercizio commerciale non guadagnava un euro. Nel vero senso della parola.