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Maroni-Saviano, accuse e polemiche «Intervenga il Colle». «Ho citato fatti»

Il ministro: infamie su Lega e ‘ndrangheta, esigo una replica. Ruffini: mandi video o testo in trasmissione

MILANO – La puntata con Gianfranco Fini e Pier Luigi Bersani ha sbancato l’Auditel (nove milioni e 31 mila telespettatori, pari al 30.21% di share ). Vieni via con me, il programma di Fazio e Saviano su Rai 3, ha realizzato ascolti record, insomma, sollevando anche numerose polemiche. Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, in particolare, è andato su tutte le furie per alcuni passaggi dell’intervento dell’autore di Gomorra, chiedendo di poter essere invitato alla trasmissione per un diritto di replica. Al titolare del Viminale, che ha parlato di «accuse infamanti», non è piaciuto soprattutto il racconto fatto da Saviano di approcci della ‘Ndrangheta ad un consigliere regionale leghista. «Chiedo risposta – ha spiegato Maroni – anche a nome dei milioni di leghisti che si sono sentiti indignati dalle insinuazioni gravissime di Saviano e quindi auspico che mi venga concesso lo stesso palcoscenico per replicare ad accuse così infamanti che devono essere smentite».

«CI MANDI UN VIDEO O UN TESTO SCRITTO» – Il caso finirà mercoledì sul tavolo del Cda Rai, alla luce anche di un iniziale e secco «no» del capostruttura di Rai 3 Loris Mazzetti al faccia a faccia tra Maroni e Saviano in tv auspicato dal ministro. Una posizione corretta in serata dal direttore di Rai 3 Paolo Ruffini, che pur difendendo Saviano e negando con forza che il monologo dello scrittore sia stato un attacco personale a Maroni, si è detto comunque disponibile a una replica. «Già nella prossima puntata» la trasmissione, ha spiegato Ruffini, è pronta ad ospitare «una dichiarazione scritta o filmata di precisazione, di rettifica o di replica a quanto affermato, questa troverà posto all`interno della prossima puntata, se il ministro ritiene di rilasciarla».

BOTTA E RISPOSTA – Ruffini a parte, la vicenda è stata oggetto di un botta e risposta a distanza tra Maroni e Saviano. «Sono stupito e allarmato dalle parole del ministro. Non capisco di quali infamie parli. Temo che abbia visto un’altra trasmissione» ha detto l’autore di Gomorra. «Lo invito a rivederla e riascoltarla: io ho parlato solo di fatti, frutto di un’inchiesta giudiziaria dell’Antimafia di Milano e Reggio Calabria sul nuovo assetto della ‘Ndrangheta e sulla sua presenza culturale, politica ed economica in Lombardia. Fatti che – ha aggiunto Saviano – dovrebbero preoccupare il ministro dell’Interno invece di spingerlo ad accusare chi li denuncia». Dal canto suo Maroni ha fatto capire che resterà sulle sue posizioni e, anzi, ha promesso che se la Rai non dovesse concedergli il diritto di replica girerà la questione al capo dello Stato Giorgio Napolitano. «Saremmo di fronte alla nuova inquisizione» ha aggiunto. «Di fronte ad accuse come quelle che ha fatto Saviano mi viene la pelle d’oca. Sono offeso e indignato per questo ho chiesto alla Rai di poter andare a replicare» ha poi spiegato Maroni parlando in diretta a Radio Padania. «Nessun ministro dell’Interno – ha aggiunto – può vantare risultati come quelli che ho ottenuto contro la mafia. Dire che la mafia e la camorra sono presenti al nord è una ovvietà. Ma accusare, come ha fatto Saviano, un intero partito di essere il referente della mafia mi fa venire la pelle d’oca». Per chiedere formalmente il diritto di replica nel corso della prossima puntata del programma, il ministro dell’Interno ha anche scritto una lettera ai vertici della Rai, al Cda e ai presidenti di Camera e Senato. «Se il ministro Maroni – aveva dichiarato il capostruttura di Rai 3 – ha qualcosa da dire e si è sentito offeso, essendo un ministro ha la possibilità di parlare in tutti i programmi e in tutti i telegiornali, quindi si organizzi in qualche maniera. Noi stiamo facendo un programma culturale e quindi non credo che ci sarà la possibilità di replicare. Se noi abbiamo detto cose non vere, cose smentibili se lo abbiamo ingiuriato o offeso, si rivolga direttamente alla magistratura».

BOOM DI CONTATTI – La seconda puntata di Vieni via con me ha registrato quasi 20 milioni di contatti. Un’audience clamorosa, alimentata probabilmente dal grande battage di polemiche che l’ha preceduta: il direttore generale della Rai, Mauro Masi, aveva criticato la decisione dei conduttori di invitare il leader di Futuro e Libertà, Gianfranco Fini, e il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, affinché leggessero ciascuno un elenco di valori relativi all’essere di destra e all’essere di sinistra. E proprio i loro interventi, così come il primo monologo di Saviano sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta al Nord, hanno avuto un seguito medio di oltre 10 milioni di spettatori. Tra gli altri momenti significativi, quello dedicato alla vita e alla morte, con gli interventi della vedova di Piergiorgio Welby e del padre di Eluana Englaro.

«INTIMIDAZIONE INACCETTABILE» – La presa di posizione del ministro Maroni ha scatenato la polemica politica. «Nessuno tocchi Saviano – ha detto il portavoce dell’Idv Leoluca Orlando -. Dal ministro Maroni arriva un’intollerabile intimidazione ad uno scrittore che vive sotto scorta per la sua denuncia coraggiosa di tutte le mafie. Il ministro dell’Interno, invece di reagire in maniera scomposta, faccia pulizia all’interno del suo partito e cacci i disonesti».

LE CRITICHE DEL PDL – Il Pdl si era affiancato alla protesta dell’amministratore delegato della Rai e lunedì sera aveva subito commentato criticamente l’intervento dei due leader. In seno al Cda di viale Mazzini era nato uno scontro tra i consiglieri legati all’area della maggioranza e quelli della minoranza e si era arrivati addirittura a parlare di una possibile sospensione o del divieto di far partecipare esponenti politici (o, ancora, di riequilibrare ex post la situazione con analoghi inviti per Bossi, Berlusconi e Casini). Alla fine, però, il programma è andato regolarmente in onda e con la scaletta prevista dagli autori. Ancora oggi il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, ha parlato della trasmissione come un misto di «settarismo e mediocrità». E Maurizio Gasparri ha bollato l’intervento di Fini sui valori della destra come un «compitino di quinta elementare».

«MASI SI DIMETTA» - Di diverso tono il commento di Articolo21, Giuseppe Giulietti: «Non siamo particolarmente appassionati alla guerra dei numeri ma di fronte ai risultati conquistati con le unghie e con i denti e persino con il gruppo dirigente della propria azienda che remava contro non si possono che ringraziare gli autori, Raitre e tutti quelli che ci hanno regalato una serata di qualità e di impegno civile e gli oltre nove milioni di italiani che hanno scelto la trasmissione e che, con il loro gesto, hanno dato un segno inequivocabile contro tutti quelli che vorrebbero mettere bavagli e censure a quei programmi che non piacciono al signor padrone del conflitto di interessi». «I cittadini – dice ancora Giulietti – hanno già dato espresso il loro voto di sfiducia al direttore generale. In qualsiasi altra azienda non sarebbe neanche necessario chiedere le dimissioni, sarebbero già state consegnate. Oggi è un’ottima giornata per farlo».

(Tratto dal Corriere della Sera)