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Marijuana a chilometro zero. Il nuovo business dei clan è «made in Italy»

La Stampa, Domenica 9 Ottobre 2016

 

Marijuana a chilometro zero. Il nuovo business dei clan è «made in Italy»
Nel 2016 i sequestri di piante sono triplicati rispetto all’anno scorso. Le cosche fanno crescere le piante sul territorio che controllano

 

di GABRIELE MARTINI

 

L’oro verde dei clan cresce tra le masserie diroccate dell’entroterra palermitano, sulle pendici dell’Aspromonte, nascosto tra i campi di pomodori del Foggiano e sulle colline a sud di Napoli. La produzione di cannabis è diventata un business milionario per i narcos italiani. Nel 2016 i sequestri di piante sono più che triplicati rispetto allo scorso anno. Nell’intero 2015 gli arbusti di marijuana scoperti dalle forze di polizia sono stati 139mila, nei primi 9 mesi di quest’anno siamo a quota 405mila con un picco a settembre.

 

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Secondo i dati della Direzione centrale dei servizi antidroga del ministero dell’Interno, la provincia che detiene il primato è Trapani: oltre 26mila piante sequestrate da gennaio ad agosto. Seguono Napoli, Siracusa, Reggio Calabria e Catanzaro. Le coltivazioni sorgono in aree remote. La beffa per lo Stato è doppia: spesso l’erba delle mafie cresce sui terreni demaniali e a spese della collettività. “È così – rivelano i finanzieri -. I criminali disboscano aree per renderle coltivabili e, a volte, si allacciano abusivamente al servizio idrico pubblico”.

 

 

Il ciclo produttivo

La semina è a inizio aprile. Dopo due mesi le infiorescenze cariche di Thc (il principio attivo della cannabis) sono pronte per il primo raccolto. Servono una ventina di giorni per essiccare la marijuana, poi il prodotto è pronto per lo spaccio. Da ogni pianta si può ricavare mezzo chilo di droga. Il prezzo finale per il consumatore varia tra i cinque e i dieci euro al grammo. Solo il valore delle piantagioni sequestrate quest’anno si aggira sul miliardo di euro. Ma per ogni campo di marijuana scoperto dalle forze dell’ordine, almeno altri dieci sfuggono ai controlli. La Direzione Nazionale Antimafia, nell’ultima relazione annuale al Parlamento, stima che il quantitativo sequestrato di cannabis sia di almeno 10/20 volte inferiore a quello consumato.

 

L’inchiesta “Monte Reale”, conclusa martedì scorso con 16 persone arrestate nel Palermitano, ha svelato come i boss di San Giuseppe Jato avessero investito nella marijuana per sopperire alla crisi di liquidità. “La piantiamo sotto le prugne”, assicuravano gli agronomi di Cosa nostra intercettati al telefono. Al Sud, in questa stagione, si va avanti al ritmo di quasi un blitz al giorno. Sicilia, Calabria, Sardegna e Puglia: il 29 settembre i carabinieri scoprivano centinaia di piante di cannabis tra i vigneti a Cerignola. Poca cosa rispetto alle 180mila sequestrate tre giorni prima nelle campagne foggiane, dove i narcos locali avevano destinato sei ettari alla coltivazione di cannabis.

 

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Una guerra hi-tech

Domenico Tavone, tenente colonnello della Finanza, comanda il Reparto operativo aeronavale di Vibo Valentia, che va a caccia di piantagioni di cannabis in territorio calabrese. “Per scovare la marijuana monitoriamo il contesto, individuiamo le aree a rischio, mappiamo il territorio. Ma l’attività più importante è l’esplorazione dal cielo”.

 

Già, perché nella “Colombia italiana” la guerra ai signori della droga si combatte con strumenti ad alta tecnologia. “Il telerilevamento aereo registra le radiazioni elettromagnetiche del terreno e ci permette di individuare le piantagioni anche se sono protette da arbusti più alti”, spiega Tavone.

 

L’Albania

Dietro il boom della marijuana autoprodotta dalla criminalità organizzata c’è anche l’intensificarsi della lotta alla droga da parte delle autorità albanesi. Tirana ha chiesto aiuto al governo italiano, che ha messo a disposizione conoscenze e mezzi. Anche le rotte dei gommoni che attraversano l’Adriatico sono diventate meno sicure. Così, accanto all’importazione, le mafie hanno deciso di mettersi in proprio. ’ndrangheta, camorra, Cosa Nostra, criminalità organizzata pugliese, bande sarde. Nel grande business della cannabis a chilometro zero ognuno vuole la sua fetta di torta.

 

(Ha collaborato alla realizzazione dell’inchiesta Lorenzo Gottardo)