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Maresca parla degli “impresentabili” e spiega perché il loro uso è un’arma di distrazione del sistema politico che non vuole cambiare

Maresca parla degli “impresentabili” e spiega perché il loro uso è un’arma di distrazione del sistema politico che non vuole cambiare

20 Settembre 2020

Di Pietro Ruggiero

Una volta c’erano le cosiddette “fughe di notizie” sui nomi di persone indagate ma candidabili offerte al pubblico ludibrio. Una vicenda politico-giornalistica un po’ caotica che serviva a presentare-demolire i candidati “impresentabili” con la scusa di costruire una democrazia italiana più matura. Ma chi sono gli impresentabili? E perché la loro impresentabilità dovrebbe essere certificata da una Commissione parlamentare, l’Antimafia? Come si può pensare che una Commissione formata da rappresentanti dei partiti, quei partiti che selezionano i candidati, possa affrontare il tema dello screening di legalità senza far sorgere il dubbio che persino le loro valutazioni sono frutto di manovre politiche o peggio di partito?

La Commissione Antimafia anche in questa tornata elettorale ha pubblicato l’elenco dei candidati alle regionali considerati impresentabili. Questa volta ne abbiamo 13 di impresentabili candidati. Nove su tredici sono in Campania. Cinque nelle liste che supportano De Luca e 4 che appoggiano Caldoro. Abbiamo provato a parlare di questo tema assai delicato con un magistrato, Catello Maresca,  oggi sostituto procuratore generale al Tribunale di Napoli, per 12 anni pm alla procura distrettuale antimafia di Napoli, nemico pubblico numero uno della mafia casalese, autore di catture di boss di mafia tra i più spietati, sanguinari e pericolosi. Mafiosi latitanti da sempre come Michele Zagaria, Antonio Iovine, Giuseppe Setola.

Catello Maresca non ama l’ipocrisia e non si perde in discussioni accademiche inutili. Con lui andiamo subito al punto, senza girarci intorno.

Dottore, lei che cosa ne pensa di questa storia degli impresentabili che ad ogni tornata elettorale vengono esposti in pubblico dall’Antimafia?

Credo che in punto di diritto ci sia poco da fare e da dire. La presunzione di non colpevolezza è il principio secondo cui un imputato è innocente fino a prova contraria. In particolare, l’articolo 27, comma 2, della Costituzione afferma che “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. E questo è un principio fondamentale di civiltà giuridica ed umana rispetto al quale non si possono e non si devono fare passi indietro. Degli impresentabili che sono finiti sui giornali mi sembra che tutti, tranne uno forse, siano ancora a giudizio in primo o secondo grado. Questo, ripeto, in base a quel che leggo da voi giornalisti che immagini abbiate tirato fuori questi 13 nomi dopo la conferenza stampa del presidente della Commissione Antimafia.

Quindi, secondo lei, in nome della presunzione di innocenza dobbiamo tenerci tutto e tutti?

Non ho detto questo. Ma se mi chiede una opinione e sa di chiederla ad un magistrato, immagino che lei voglia una valutazione di ordine giuridico. Ed io quella valutazione le ho fatto. Poi nel nostro Paese l’opinione pubblica, spesso sollecitata da una stampa più o meno faziosa, tende ad anticipare il giudizio, confondendo la responsabilità penale con altre categorie. Io non faccio il moralista o il moralizzatore ma sono un magistrato. Nella mia attività professionale sono stato chiamato, come servitore dello Stato nella magistratura, a perseguire reati, talvolta anche con la restrizione della libertà personale dei rei. Questo è richiesto ad un magistrato. Vengo però alla sua domanda e le dico che non ho espresso valutazioni etiche sui cosiddetti “impresentabili”, non ho emesso sentenze morali. Certo, poi, ciascuno è libero di farlo.

Posso chiederle allora una valutazione da cittadino sulla presenza nelle liste elettorali di persone indagate, imputate in attesa di giudizio, spesso anche per reati gravi?

Certo che può, ma è un altro discorso! Non voglio sottrarmi alla domanda. In politica dovrebbe vigere, come valore assoluto, il principio della trasparenza e del rispetto per gli elettori chiamati a scegliere. E qui non si tratta solo di valori morali, ma di un discorso di serietà e di affidabilità di persone che diventeranno sindaci, consiglieri comunali, regionali, deputati, senatori.

Può essere più preciso?

Certo, le faccio un esempio. Così ci capiamo meglio. Se nel programma con cui mi presento alle elezioni sostengo con forza la rettitudine, il rispetto delle regole, la cosiddetta legalità come valori da portare avanti ed affermare con forza, non mi sembra coerente poi affidare l’esecuzione di quel programma a chi non ha ancora definito con la giustizia delle pendenze, quantomeno imbarazzanti. Ma se anche quei valori non fossero nel progetto politico del gruppo di riferimento, certo non è sintomo di serietà non riuscire a fare una selezione decente di persone candidabili. Sotto questo profilo, immagino che anche lei, come tutti, da elettore consapevole, doverosamente si farà qualche domanda.

Che tipo di domanda si fa lei quando va a votare?

Immagino la domanda di tutti. Lei affiderebbe i propri risparmi ad un promotore finanziario sotto processo per truffa? Lei si farebbe costruire la casa da un ingegnere accusato di disastro ambientale? Personalmente cerco in quelle liste elettorali gli interlocutori affidabili capaci di ispirare fiducia nelle persone che entreranno nelle istituzioni. Altrimenti mi viene il legittimo sospetto che dietro ci possa essere altro. Strani accordi? Colpevoli omissioni?

Mi perdoni se insisto ancora, quindi l’incensuratezza o comunque la mancanza di carichi pendenti con la giustizia non sono una garanzia per chi fa politica?

A questa domanda le rispondo da giurista: no, assolutamente non ho detto questo. Secondo me l’incensuratezza, l’assenza di pendenze con la giustizia  sono la premessa, il presupposto indispensabile ed indiscutibile. Se vuoi fare politica devi prima dissipare tutti i dubbi sulla tua rettitudine e sulla tua onorabilità. Per questo penso che soprattutto i processi contro chi fa politica debbano essere rapidi ed efficaci. Poi ci vuole tutto il resto.

E che cosa intende lei per tutto il resto?

Intendo le capacità, la preparazione tecnica, la dimostrazione di saper fare, di essersi già messi alla prova e di non aver fallito. Ci vogliono coerenza e capacità comprovate. Non solo chiacchiere e promesse, come spesso vediamo in giro.

Abbiamo pochi politici con queste caratteristiche.

Non sarei così drastico ma certamente da questo punto di vista la politica è diventata un ambiente ostile per le persone capaci e volenterose.

Addirittura ambiente ostile?

Eh sì, così la penso. Ho visto anche io tanti politici partire con grandi progetti e forti, autentiche aspirazioni a far bene, poi sgonfiarsi, quasi irretiti da un sistema ingessante, mortificante dove tutto diventa una melassa indistinta.

Non crede di essere un po’ troppo duro?

Duro? Non mi pare. Direi realistico. Ma secondo lei perché quasi la metà degli elettori ormai ha rinunciato ad esercitare il proprio diritto a partecipare al voto? Perché più della metà degli elettori scelgono “non scegliere” da chi farsi amministrare? Secondo lei perché dell’altra metà del corpo elettorale, quelli che vanno al voto, molti scelgono il male minore, tanti entrano in cabina elettorale “turandosi il naso” come diceva Indro Montanelli. Trovo molto più triste e pericoloso questo che il più che legittimo dibattito intorno ai cosiddetti impresentabili. Non deve stupirci poi che ci troviamo spesso una classe politica che non è rappresentativa del Paese e che quindi inevitabilmente non ne sa interpretare le volontà e assecondarne i bisogni.

Qual è la sua ricetta, ammesso che ce ne sia una?

Ah, guardi, se ce l’avessi questa ricetta già sarei sceso in prima persona in piazza per sostenerla e farla valere, come facevo da ragazzo prima di diventare magistrato. La questione però è molto più complessa e non credo che bastino poche persone di buona volontà e dotate di capacità e buon senso per risolverla. Molti dei programmi e delle proposte dei politici di turno sembrano buoni e condivisibili, ma poi chiunque governa difficilmente riesce a realizzarli. La scriminante tra la politica qualunque, qualunque politica e la buona politica è tutta in una formuletta facile: promettere e poi mantenere le promesse. Forse si deve proprio partire da qui, dalla consapevolezza dei propri limiti per creare un nuovo metodo politico, più concreto e concretamente realizzabile.

Basterebbe, allora, secondo lei un metodo nuovo?

Sarebbe un buon inizio. Ma non credo sia sufficiente. Oggi, avere una ideologia sembra quasi una colpa, una sorta di peccato originale. Meglio addirittura essere totalmente vergini, fino ad arrivare al vuoto pneumatico. Dire nulla mentre si parla. E in giro c’è tanta gente impegnata in politica capace di dire per ore “nulla”. Forse bisognerebbe ritornare non solo a non rinnegare le proprie ideologie-idee, ma ad esserne fieri portatori e sostenitori convinti. Magari iniziando a costruire una nuova ideologia più moderna, adeguata ai tempi, ma nello stesso tempo ancorata alla accezione originale del termine, come complesso di credenze, opinioni, rappresentazioni, valori che orientano un gruppo sociale. Ideologia come “scienza delle idee e delle sensazioni” e come dottrina capace di orientare le scelte strategiche per il Paese non è una bestemmia.

Tutto molto bello. Ma secondo lei chi potrebbe oggi, nel nostro panorama politico, farsi portatore di un progetto così profondo e complicato?

Come sempre lei è bravissimo a portarmi su un campo per me insidioso, approfittando della mia passione per la politica, nel senso più alto del termine, intesa come soluzione dei problemi della gente. Ma le ricordo che io faccio un altro mestiere, e lo continuerò a fare fin quando avrò forza e voglia di applicare questi valori in cui credo nel campo della giustizia. Al più posso azzardare un identikit, così restando nel mio contesto professionale, del politico ideale per un progetto del genere: un giovane, una giovane promettente, onesto/a e con autentica passione per la politica, serio/a, profondo/a, riflessivo/a e volitivo/a al tempo stesso, con la buona dose di esperienza operativa e tanto buon senso. Uno o una che riesca a riaccendere la passione e la voglia di partecipazione della gente attorno ad un sistema di valori e di progetti realmente realizzabile.

E allora non ci resta che aspettare?

Direi di sì, ma cercando nel contempo di metterci il nostro per creare le giuste condizioni perché possa nascere o forse solo crescere una generazione di donne ed uomini capaci di guidare il nostro Paese fuori dal pantano attuale e riportarlo ai fasti che merita. Nella speranza che torneremo presto a parlare non di impresentabili ma di valori, di programmi, di progetti realizzabili e di prospettive di crescita.

Fonte:juorno.it