Cerca

Mafie e Covid, la Dia: «Infiltrazioni in aumento nell’economia in crisi»

Il Corriere della Sera, 24 Febbraio 2021

Mafie e Covid, la Dia: «Infiltrazioni in aumento nell’economia in crisi»

In quattro anni le operazioni sospette cresciute del 48%. Presenti a Roma nove famiglie di ‘Ndrangheta, ma sono in espansione anche i clan di matrice etnica

di Fulvio Fiano

In quattro anni le infiltrazioni della criminalità nell’economia legale di Roma e del Lazio sono cresciute del 48%. E il dato rischia di aumentare ulteriormente per l’emergenza Covid che sta riducendo sul lastri tante attività di piccola e media grandezza. Lo dice il rapporto semestrale della Direzione investigativa antimafia presentato oggi in Parlamento nel capitolo dedicato alla Capitale.

«Un indicatore di possibili tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nei canali dell’economia legale è dato dal costante incremento delle segnalazioni per operazioni sospette. Per la provincia di Roma si è, infatti, passati dalle 4.034 segnalazioni del 1° semestre 2018 alle 5.992 del 1° semestre 2020. Un trend di crescita del 48%», si legge nel documento. E basti pensare che nel solo anno scorso sono emerse prove della presenza a Roma di nove tra le più temibili famiglie di ‘Ndrangheta: Tegano, De Stefano, Gallico, Molè, Piromalli, Pesce, Bellocco, Pelle -Vottari e Morabito.

L’allarme suona anche per l’abnorme numero di attività cedute, ben 1265 da febbraio a ottobre, con un incremento dell’1,8% (dati Cerved) che è al di sopra della media nazionale: «Nella carenza di liquidità in cui molte imprese di Roma e del Lazio si verranno a trovare in conseguenza della c.d. “emergenza Covid” — avverte la relazione della Dia — , vengono pianificate, organizzate e sviluppate autonome attività criminali originatrici di nuove ricchezze illecite da riciclare. Uno shock improvviso e imprevedibile che ha visto corrispondere, al blocco di molte attività economiche sul territorio, il conseguente crollo della domanda di beni e servizi, nazionali ed esteri. Ed è proprio in questo contesto di sostanziale stagnazione, quando i consumi entrano in una spirale di crisi, che le organizzazioni criminali riescono meglio a mimetizzarsi poiché, movimentando il proprio denaro più velocemente, si pongono quali “efficaci” alternative allo Stato nel sussidio ai più bisognosi cercando all’occorrenza di fare “proselitismo criminale” ovvero utilizzando la propria liquidità per inserirsi nei circuiti produttivi legali, inizialmente quale sostegno alle attività».

Un altro dato, quello dei beni sequestrati e riassegnati, racconta bene questo fenomeno: al 22 ottobre erano in atto le procedure per la gestione di 1.402 immobili confiscati, mentre altri 821 sono già stati destinati. Erano inoltre in corso le procedure per la gestione di 453 aziende, a fronte delle 141 già destinate. Si tratta di alberghi, ristoranti, società di commercio all’ingrosso, ville e appartamenti, fabbricati industriali e terreni agricoli sottratti alle mafie nel Lazio, principalmente nelle province di Roma, Latina, Frosinone e Viterbo.

A complicare ulteriormente il quadro c’è «uno scenario delinquenziale complesso ed eterogeneo, caratterizzato da una elevata dinamicità. Dal punto di vista criminale, la Capitale e la relativa provincia costituiscono un unicum nel panorama nazionale, una sorta di “laboratorio criminale” nel quale le “mafie tradizionali proiettate” convivono ed interagiscono con associazioni criminali autoctone, molte delle quali caratterizzate dall’utilizzo del metodo mafioso, secondo una continua ricerca di “equilibrio” che tuteli lo scambio di utilità di ciascuno e sia garantito da un riconoscimento reciproco». Il fenomeno è quello delle «proiezioni mafiose che si sono distaccate dai contesti di origine, divenendo autonome e indipendenti rispetto alla matrice di provenienza, mantenendo però struttura e metodi tradizionali che, importati nel territorio romano, sono stati assimilati dai gruppi autoctoni». E se negli ultimi anni si era sempre assistito a un uso sempre meno intensivo della violenza per favorire una infiltrazione silenziosa negli affari, più di recente si è evidenziata, tuttavia, una sorta di «nuova tendenza alla violenza», soprattutto nella contesa relativa alle piazze di spaccio, il cui approvvigionamento resta tendenzialmente appannaggio di camorra, ‘ndrangheta e, in misura minore di cosa nostra, con gruppi di criminalità straniera, in particolare albanesi, che si stanno sempre più affermando.

Le mafie straniere stanno infatti prendendo sempre più piede: «Nel semestre numerose sono le evidenze delle attività criminali realizzate dai sodalizi di matrice etnica. Si tratta di un variegato complesso di gruppi che, nella gran parte dei casi, mantengono rapporti con omologhi sodalizi nei Paesi di origine, dei quali hanno anche conservato la mentalità ed il modus operandi». Organizzate che assumono a volte una dimensione transnazionale ed operano con metodi tipicamente mafiosi: romeni, cinesi, albanesi, pakistani ognuna con le proprie specificità. «Non si può escludere, in futuro, — conclude la Dia — l’affermazione anche nella Capitale di associazioni criminali di matrice nigeriana, in analogia a quanto accaduto in altre aree del territorio nazionale».