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Mafia al nord, Lombardia nel mirino – di Nicola Tranfaglia. Ormai tutto il Paese è invaso, con tante complicità nella politica.

Sono ormai più di quindici anni dopo l’indagine approfondita  compiuta nel 1994 da Carlo Smuraglia che la commissione parlamentare antimafia non si occupa più degli insediamenti mafiosi al Nord. La sola eccezione è stata compiuta nella quindicesima legislatura che ha dedicato la sua attenzione alla ndrangheta e ha compiuto un supplemento di indagine sulla mafia calabrese in Lombardia, Liguria, Piemonte e Lazio, verificando che in tutte queste regioni c’è stata, nell’ultimo quindicennio, un’espansione notevole delle ndrine calabresi che hanno trovato, soprattutto nella prima e nell’ultima tra le regioni indicate,  condizioni assai favorevoli al traffico degli stupefacenti,al racket e alla possibilità di partecipare agli appalti pubblici.

Anche  in Abruzzo il terremoto dell’aprile 2009 ha segnato l’arrivo di personaggi che di fronte al bottino previsto per la ricostruzione e le grandi opere si sono inseriti nei lavori pubblici e hanno fatto affari di cui soltanto da poco si comincia a parlare a seguito di nuove indagini giudiziarie.
Ma non c’è dubbio che sia la Lombardia oggi il territorio più vasto investito dall’offensiva mafiosa sia perché qui l’insediamento rimonta alla fine degli anni cinquanta proprio quando le associazioni mafiose si trasformano da mafie agrarie e mafie urbano-imprenditoriali.Basta ricordare che già nel 1958 arrivò nel capoluogo lombardo Giuseppe Doto detto Joe Adonis che scelse Milano per dirigere il commercio  di preziosi, particolarmente brillanti e muoversi per estendere alla Francia e alla Svizzera e quindi all’Europa del Nord un traffico internazionale sempre più fruttuoso.
Dagli anni sessanta ai settanta,anche con la misura del soggiorno obbligato consigliato proprio dal giovane Dalla Chiesa alla commissione antimafia, arrivarono in Lombardia centinaia di mafiosi che si diedero  a quel commercio e in quel decennio ben 372 mafiosi vennero  sottoposti a sorveglianza speciale nella regione lombarda.
Negli anni settanta si svolsero proprio nel capoluogo del Nord riunioni importanti di Cosa Nostra che videro la presenza di capi come Totò Riina, Tommaso Buscetta, Tano Badalamenti e Salvatore Greco.
E uno di loro tra i più importanti come  Luciano Leggio detto Liggio venne arrestato nel 1974 proprio in quella città, a dimostrazione del ruolo importante che la presenza mafiosa vi aveva assunto.
Negli anni successivi arrivarono le famiglie siciliane dei Corollo, dei Fidanzati e dei Ciulli ma anche quelle calabresi dei Flachi, Coco-Trovato, dei Papalia e dei Sergi e Morabito-Paviglianiti.
Del resto se si pensa che oggi a Milano ci sono,secondo risultanze recenti,ben centoventimila persone che fanno uso quotidiano  di cocaina, non è difficile constatare che il traffico di stupefacenti ha assunto dimensioni impressionanti e in continuo aumento.
Già le inchieste giudiziarie degli anni ottanta avevano dimostrato che Cosa Nostra era presente nell’edilizia e riciclava il suo denaro sporco attraverso società finanziarie che avevano rapporti con imprenditori come con politici locali e nazionali.
Ma è negli anni novanta che l’espansione non soltanto della  ‘ndrangheta ma anche della mafia siciliana  e della camorra napoletana si espandono in maniera sempre maggiore.
Dal 1994  al 1997 la direzione distrettuale antimafia di Milano condusse circa quaranta inchieste che portarono all’arresto di tremila esponenti mafiosi. Se si guarda alla regione lombarda si può disegnare una mappa precisa che indica la presenza della cosca Mancuso, Iamonta e Mazzaferro nel territorio di Monza, a Como e a Lecco i Morabito,i Mazzaferro, i Gattini  e i De Stefano, a Bergamo e Brescia dei Mazzaferro e dei Facchineri-Bellocco.
Una recente affermazione della Direzione Investigativa Antimafia segnala soprattutto che “la pervasività della ndrangheta in Lombardia è elevata in quanto può contare su un numero consistente di affiliati e sul dinamismo dei capi che non sembrano aver rallentato la loro attività”.
Uno studio recente, che si deve a Fernando Scarlata, concentra la propria attenzione a una città-chiave della regione come la industriale Brescia (Tentacoli, pp.63,8 euro, Libere edizioni) dimostra che nella città lombarda, accanto alla mafia calabrese, che appare la più attiva e potente,sono presenti le altre mafie italiane e si affacciano anche quelle straniere, in particolare quella cinese e nigeriana.
Nel 1997 vennero arrestate dodici camorristi a Brescia che erano a capo di un traffico impressionante che contava 2200 chili di cocaina e i127 tonnellate di hashish.
Se dal traffico di stupefacenti si passa agli omicidi legati sia al traffico che alle intimidazioni mafiose o agli scontri tra le bande si possono ricordate negli ultimi cinque anni più di trecento omicidi che sono legati alla camorra, 152 alla ndrangheta e 136 a Cosa Nostra e 116 alla  Sacra Corona Unita.
E, anche se esiste un lieve calo, lo stillicidio di vittime continua e segnala una presenza più estese delle associazioni criminali.
Ma l’elemento più pericoloso che si segnala in quella regione come nelle altre del Nord e al centro del paese, a Roma e nel Lazio, è costituito dalla presenza sempre maggiore che si riscontra anche negli affari leciti o solo in apparenza tali che si svolgono nel nostro paese.
Ormai non si tratta più soltanto di riciclaggio del denaro sporco delle associazioni mafioso ma anche della presenza di società finanziarie o anche commerciali che vedono al loro interno soci di minoranza che a poco a poco si impadroniscono di settori importanti come imprese immobiliari o società edilizie e portano nel territorio metodi e sistemi che muovono  dalle pratiche mafiose da cui derivano.
Se questo sistema a poco si allarga sarà impossibile difendersi dalla presenza mafiosa e quei metodi diventeranno quelli normali a cui far capo nel commercio con conseguenze che si possono assai bene immaginare.

(Tratto da Antimafia Duemila)