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MA PERCHE’ TANTO ACCANIMENTO PER IL BASSO LAZIO E NON ANCHE PER LE ALTRI PARTI DEL PAESE PUR INVASE DALLE MAFIE DI OGNI GENERE ?”,CI HA DOMANDATO TEMPO FA UN’AMICA DEL NORD ITALIA .

 

 

 

Una domanda,questa ,pertinente che impone  delle spiegazioni   a noi dell’Associazione Caponnetto che concepiamo la lotta alle mafie  in maniera diversa da tanti altri ,  NON  come un esercizio retorico ,ma,al contrario, come sostegno reale,pratico alla Magistratura  inquirente  e a tutti coloro che istituzionalmente sono chiamati a fare lo stesso.

Il nome che portiamo , i valori  che rappresentiamo e dei quali siamo portatori attivi ,convinti e tenaci,gli obiettivi che intendiamo perseguire , ci impongono quella sorta di “diversità” della quale andiamo fieri  e che ci ha consentito di guadagnarci,dopo anni di impegno duro e di sacrifici inenarrabili,quella stima e quell’apprezzamento che non intendiamo minimamente  tradire.

Per noi la lotta alle mafie,a tutte le mafie,militari o economiche o politiche o istituzionali,quelle “basse” ma ancor di più quelle “alte” che spesso si identificano con il Potere,quello malsano e corrotto,si sostanzia in tre elementi fondamentali,senza i quali essa non é tale e non esiste:

1) l’INDAGINE,

2) la  DENUNCIA,

3)la PROPOSTA.

C’è in Italia qualche altro,come la Casa della Cultura e della legalità di Cristian Abbandonanza  di Genova,che la pensa come noi e condivide la stessa metodologia di azione ,ma siamo in pochi ,molto pochi rispetto a quell’esercito sterminato  di parolai- e talvolta,purtroppo,di opportunisti o affaristi- che affollano il mondo della cosiddetta “antimafia sociale”, spesso,peraltro,  asservita ai partiti o a congregazioni di varia natura e che nulla hanno a che fare con la lotta alle mafie.

Diciamo che noi ci siamo posti ,quindi,due obiettivi principali:

il primo,di natura pedagogica,di ideatori e sostenitori di un nuovo “modello” di fare antimafia,quello,appunto,dell’INDAGINE e della DENUNCIA,quali sostegno concreto e non accademico alla Magistratura ed agli inquirenti istituzionali;

il secondo,più pratico,che punta con i FATTI  e non con le sole parole a colpire al cuore i mafiosi ed i corrotti.

Un ruolo incisivo ,effettivo,che rifugge dall’insignificanza di quanti si limitano agli slogan,alle suppliche,agli appelli.

Alle sceneggiate.

Senza mai fare un nome e mantenendosi nel recinto della genericità ,del vago.

Per non urtare più di tanto il “padrone”,il manovratore di turno.

Il Palazzo.

Non a caso noi abbiamo scelto di portare il nome di un Magistrato,di un grande Magistrato che fa parte,insieme a pochi altri ,della storia della lotta alla mafia nel Paese  e non possiamo non essere coerenti con la scelta fatta.

Siamo quelli,pertanto,della prima linea,della punta di attacco alla mafia ed al malaffare.

A quella mafia ed a quel malaffare ,dilaganti ed imperanti ormai,  nel Paese e che si trovano annidati dovunque,nella società,nelle professioni,nella politica,nelle istituzioni.

Nello Stato.

Mafia e malaffare,mafie quindi,che si fanno un baffo degli appelli,delle suppliche,delle sceneggiate,delle parole insomma e che si possono combattere solamente con uno strumento :la DENUNCIA,nomi e cognomi.

Punto.

I nostri referenti privilegiati ,coloro con i quali siamo obbligati a rapportarci per il ruolo che abbiamo scelto di svolgere  e che svolgiamo il più coerentemente possibile,sono i Magistrati,quelli che stanno nella prima linea,come noi pur in altra veste,ed i Magistrati hanno bisogno di nomi e cognomi,non di trattati di storia,di economia o di sociologia,materie,queste,che chi lo desidera  ed  é in grado di farlo , deve studiare e trattare  in altre sedi,nelle proprie case,nei propri studi,nelle aule accademiche ,nei convegni culturali.

Essi hanno bisogno di fatti,insomma e non di parole.

Ma perché tanto impegno e tanto accanimento per il Basso Lazio da parte di un’associazione che ha dimensioni e competenze nazionali e non circoscritte? 

Perché il Basso Lazio,al confine con la Campania e con il Sud ,dai quali provengono  le organizzazioni criminali storiche, rappresenta la porta di accesso alla Capitale d’Italia.

E’ attraverso di esso,il Basso Lazio, che per lo più esse sono transitate  lasciando nelle retrovie,come tatticamente  fanno gli eserciti che occupano un territorio, dei presidi stanziali.

Sono 15 anni che é nata l’Associazione Caponnetto ed essa ha avuto origine proprio nel Basso Lazio,prima a livello provinciale,poi regionale ed infine nazionale,nella e per la consapevolezza che la “linea della palma” stava salendo dal sud verso il nord e che,pertanto,andava subito attrezzata una linea di contenimento che impedisse l’occupazione della Capitale e ,grado a grado com’é purtroppo avvenuto,del nord del Paese.

Grida,appelli,denunce che essa ha fatto e va ripetendo un giorno sì e l’altro pure non hanno trovato né seguito né ascolto fino a qualche tempo fa.

Procure disattente ,Prefetture inerti,pezzi dello Stato conniventi fino al punto da far sospettare – come hanno riportato e dichiarato  alcuni giornali e soggetti autorevoli campani ,oltre che pentiti dello spessore di Carmine Schiavone – veri e propri “patti” con la camorra,rimozione di Prefetti,come Bruno Frattasi,che stavano facendo il loro dovere contro la criminalità organizzata,costituiscono ,tutti insieme,  i punti clou di quel quadro che ha determinato  il cedimento,la resa alla camorra ed alle mafie.

Forse,se si fosse intervenuti allora,non saremmo arrivati alla situazione attuale .

Quel “quadro” che ha fatto gridare a qualcuno che “Nei Palazzi della Capitale si parla troppo napoletano” e che ha,come risposta,portato il grande Giorgio Bocca,con l’aiuto della nostra Rita Pennarola, a scrivere quel saggio meraviglioso dal titolo “Napoli siamo noi”,a voler significare che la mafia é dentro di noi tutti italiani.

“E’ tutto finito”,quindi,come disse sconsolato ed in prima battuta prima di correggersi, di fronte alla salma devastata di Paolo Borsellino,il nostro “nonno Nino” e,cioé, Nino Caponnetto?

Forse no ,perché oggi,grazie a Dio,c’é una maggiore consapevolezza in molti-purtroppo non in tutti- della gravità della situazione e,soprattutto,perché sono arrivati nella Capitale ,finalmente,magistrati bravi e coraggiosi come Pignatone,Prestipino ,Ielo,Cascini,Calò,Sargenti e tutti gli altri loro colleghi della DDA.

Persone che hanno alle loro spalle anni ed anni di lotta alla criminalità organizzata spesi in prima linea.

A combattere ,non a chiacchierare!

E,poi,perché il torbido clima politico sta lentamente cambiando con l’avvento di soggetti  nuovi e diversi.

Comincia a respirarsi aria un pochino più pulita di ieri.

Molto dipende dalla nostra determinazione e questo cominciano a capirlo in parecchi.

E’ stato detto e si dice che…….la mafia non sta né a Palermo,nè a Reggio Calabria ,nè a Napoli,ma a Roma e noi ne siamo convinti fermamente .

Ed è per questo che la battaglia finale e decisiva va combattuta nel Lazio,cominciando dai presidi^,per indebolire l’edificio dalle fondamenta.

Noi abbiamo cominciato con le nostre strategie e con le nostre coordinate e possiamo dire con orgoglio di aver individuato alcuni punti “chiave”.

Si tratta ora di allargare gli squarci,di sapere incunearsi in essi per allargarli,di affondare  il pugnale nelle ferite per renderle mortali.

E’ quello che ci prepariamo a fare.

Il problema é che siamo in pochi perché la gran parte della gente é vile ed ha paura in quanto  aveva ragione Bocca a dire che “Napoli siamo noi”.

Il peggiore nemico:la gente vile ed omertosa.

Se non collusa.

Ma siamo pronti e determinati ad andare avanti,costi quello che costi.

E non con le chiacchiere .

A tutti gli altri una scelta definitiva,irreversibile:

o di qua o di là,o con lo Stato di Diritto e con la Giustizia o con la mafia!!!!!!!!!

Ma bando alle chiacchiere perché é l’ora dei FATTI.

E chi non é capace o non vuole fare i FATTI  se ne stia a casa.

Ed in silenzio!