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Lo strapotere dei clan nei resort del Vibonese

Lo strapotere dei clan nei resort del Vibonese

Il pentito Giuseppe Comito racconta il modo in cui Accorinti, Anello e Mancuso spadroneggiavano nei villaggi degli imprenditori Stillitani. L’incontro col capocosca, gli omicidi e le ditte selezion…

Pubblicato il: 15/02/2021 – 16:03

LAMEZIA TERME Non è mai stato affiliato Giuseppe Comito, 45 anni, collaboratore di giustizia dal luglio 2019. Non sa cos’è il Crimine e non conosce la ritualità della ‘ndrangheta – «nella nostra parte di Briatico non si facevano perché si diceva che potevano causare più anni di galera» – ma non lascia adito a dubbi nel corso della deposizione con il pm Annamaria Frustaci – sul proprio ruolo all’interno della compagine di Nino Accorinti e Pantaleone Mancuso “Scarpuni” – quando racconta di aver partecipato all’omicidio di Francesco Scrugli nel 2011 e al tentato omicidio di Raffaele Moscato e Rosario Battaglia e di quelli che erano i rapporti tra gli Stillitani (proprietari dei villaggi turistici Garden Club e Garden Resort a Pizzo) e le cosche vibonesi.

Lo strapotere del boss nel resort

«Tra il 1999 e il 2000 facevo l’istruttore di surf – racconta il collaboratore nel corso del processo “Rinascita-Scott” – e cercavo un lavoro serale. Ho conosciuto Nino Accorinti in quell’occasione e mi ha fatto entrare come guardiano notturno al villaggio Garden Club presentandomi al direttore del villaggio». Accorinti non aveva nessun ruolo nel villaggio ma dettava legge: gestiva le assunzioni sulle guardianie, controllava le ditte che potevano entrare e si assicurava che non entrassero “stranieri”. Nino Accorinti aveva fatto assumere come guardiani, “gente di Briatico” e non solo: anche il lametino Alberto Giampà e Cosimo Vallelunga, nipote del boss di Serra San Bruno (poi assassinato) Damiano Vallelunga col quale Accorinti e Mancuso avevano buoni rapporti. Fu proprio Damiano Vallelunga a fare da intermediario con gli Anello quando, nei primi anni 2000, venne trovato un bidone di benzina vicino al ristorante sulla spiaggia del Garden Club. Gli Anello, cosca di Filadelfia, spiega Comito, avevano posto il bidone perché ritenevano che «Pantaleone Mancuso si stava allargando troppo» in quello che era un territorio di loro competenza.
A sua volta, spiega Comito, era stato Pantaleone Mancuso a ordinare a Nino Accorinti di controllare il villaggio Garden Club che era di proprietà degli Stillitani ed è stato gestito dai tedeschi fino al 2004 e dai francesi del Club Med poi.

Da Accorinti a Mancuso e l’omicidio Scrugli

«Nel 2010 sono stato ingaggiato da Nino Accorinti per un incarico omicidiario», racconta Comito il quale si mostra cauto nella rivelazione dei particolari sull’episodio che è coperto ancora da segreto istruttorio. In seguito questo incarico gli venne “revocato” e Comito venne convocato da Pantaleone Mancuso per l’omicidio di Scrugli (nel quale ebbe l’incarico di fare da vedetta). Da quel momento «non andavo più da Nino Accorinti ma andavo direttamente da Pantaleone Mancuso e mi dava lui gli incarichi». In generale Comito racconta che gli imprenditori «sapevano chi eravamo, avevano paura e pagavano». Pantaleone Mancuso era al vertice. Tutti andavano da lui quando c’era da fare qualche lavoro grosso».

La costruzione del Garden Resort

Durante la costruzione del Garden Resort, di proprietà degli Stillitani, fu Pantaleone Mancuso, in quel periodo in prigione, a decidere quali ditte dovevano partecipare ai lavori: la ditta di Nazzareno Guastalegname, Franco Barba e i Iannazzo di Lamezia Terme. I Iannazzo, in particolare, stavano addosso agli Stillitani perché volevano fare dei lavori in più oltre a quelli assegnati nel villaggio. Problema che dovette essere risolto con un incontro tra Stillitani, Michele Mancuso, detto “Michelina”, e Nino Accorinti. Giuseppe Comito lo ricorda perché al momento dell’arrivo di “Michelina” e Accorinti al villaggio Garden Club, il collaboratore si trovava nella guardiola del villaggio. «Al Garden Resort – aggiunge Comito – si sono interessati anche gli Anello perché erano del posto».

Fonte:https://www.corrieredellacalabria.it/2021/02/15/lo-strapotere-dei-clan-nei-resort-del-vibonese/