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Lista Verdini c’è un nuovo caso: in un manifesto compare il cognato (morto) del boss (ucciso)

La Repubblica, Martedì 24 maggio 2016

Lista Verdini c’è un nuovo caso: in un manifesto compare il cognato (morto) del boss (ucciso)
Inquietante pubblicità di un candidato al consiglio comunale. Alle sue spalle la foto del parente di un capozona di camorra

di CONCHITA SANNINO

Voti uno, prendi due nomi. Peccato che uno dei due sia passato a miglior vita. Nella campagna elettorale ricca di zone grigie e aneddoti non esaltanti, ecco spuntare la storia di un candidato al Comune di Alache ha voluto “omaggiare”, durante la sua corsa, un noto consigliere municipale uscente, ex Pdl, e oggi in Ala accanto a lui. Così nasce il manifesto elettorale a doppio profilo: in primissimo piano la foto del candidato, alle sue spalle l’immagine del mentore che non c’è più. Ma che, a sua volta, era il cognato di un capopiazza di camorra.

L’INCHIESTA DI REPUBBLICA

Ecco il debutto per Ala di Giuseppe Riganato, detto Peppe, 56 anni, alter ego, accompagnatore e factotum di un esponente della Settima Municipalità di San Pietro a Patierno-Miano-Secondigliano, ovvero Giovanni Di Vincenzo, a sua volta parente stretto del capopiazza Giuseppe Parisi, o’ Nasone, ucciso dai sicari di camorra nel 2011.

Quando quel consigliere, Di Vincenzo, già destinato da mesi a candidarsi al Comune sotto le insegne di Ala, è scomparso prematuramente per un’improvvisa ischemia, solo poche settimane fa quando già si preparava a correre per il Comune, Riganato, il suo robusto accompagnatore ne ha preso il posto.

Così il signor Riganato, vicino al senatore verdiniano Antonio Milo, fa stampare e posta sul proprio profilo Facebook il manifesto che tiene insieme le due storie. Alle sue spalle, anche la foto del morto, Di Vincenzo, ovvero il cognato del pregiudicato Parisi, noto capopiazza del clan Amato-Pagano al rione Berlingieri – che fu assassinato da un commando della Vinella Grassi nell’aprile del 2011: ovvero nel periodo di piena guerra di assestamento dopo le faide degli anni precedenti. In particolare, gli atti giudiziari riportano un eccezionale documento di auto-confessione in relazione all’omicidio del capopiazza Parisi. In un summit con Arcangelo Abete a Milano, gli emergenti boss della Vinella Grassi comunicarono al vertice delle cinque famiglie, questo concetto: con l’omicidio di Parisi, ci siamo presi anche il Perrone. Il dietrofront, “la girata”, dei feroci boss ragazzi contro gli Scissionisti si doveva compiere con quel raid.

È il contesto criminale completamente ricostruito in varie stagioni e filoni dai pm Stefania Castaldi, Maurizio De Marco, Enza Marra, Henry John Woodcock.

Dinamiche che sono sullo sfondo, ovviamente. Ma alcuni fili intrecciano qualche profilo della campagna elettorale. In particolare, il Di Vincenzo omaggiato nel manifesto di Riganato fu anche sentito dalle forze dell’ordine, nel 2010 perché accusato di voto di scambio. Un suo rivale, dell’allora Pdl, puntò il dito contro di lui, sostenendo che nel rione, con i suoi modi spicci e spregiudicati, Di Vincenzo esercitava un controllo ossessivo del voto dei cittadini, promettendo benefici in cambio, e voleva “controllare i certificati elettorali”. Fu perquisita anche la sua associazione, “Il Perrone”, ma poi l’indagine non riuscì a provare una sua diretta partecipazione.

Quel manifesto, oggi, recherebbe con sé un messaggio non scritto: scrivi Riganato, sostieni i Di Vincenzo. Raccontano nel rione: “Peccato che è morto, era già deciso: Di Vincenzo doveva andare al Comune e Riganato alla municipalità”.