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L’ira di Pignatone contro i carabinieri «Su Cucchi violata ogni prassi»

Il Corriere della Sera, VENERDÌ 1 MARZO 2019

L’ira di Pignatone contro i carabinieri «Su Cucchi violata ogni prassi»

Roma, gli interrogatori del Procuratore agli ufficiali: vogliamo arrivare alla verità

di Giovanni Bianconi

ROMA Mentre cercava di orientarsi nel labirinto di dichiarazioni mai convergenti dei carabinieri coinvolti nel «caso Cucchi», il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone è stato più volte sul punto di perdere la pazienza. E certe sue affermazioni contenute nei verbali d’interrogatorio degli ufficiali dell’Arma sospettati per i depistaggi del 2009 e del 2015 — ai quali ha voluto partecipare affiancando il sostituto Giovanni Musarò — suonano come un campanello d’allarme. Per la gravità dei fatti emersi nell’inchiesta sulle presunte deviazioni e coperture attivate per nascondere le responsabilità, e per le versioni poco credibili, contraddittorie o contrastanti fornite dagli ufficiali indagati. Chiamatoafornire una spiegazione dei falsi sulla salute di Stefano Cucchi da lui sottoscritti e finiti nell’informativa al Senato del ministro della Giustizia, il generale Alessandro Casarsa (all’epoca colonnello comandante del Gruppo Roma) non sa darne di convincenti e dice: «Quello che mi è stato prospettato io sicuramente l’ho letto, e sicuramente credevo in quello che stavo trasmettendo». Il procuratore commenta: «Rimane il problema che, lasciando perdere le responsabilità penali che sono personali, vengono costruiti in questa pratica che non è diretta alla Procura ma al ministero della Giustizia e poi al Parlamento, una serie di falsi. Questo è il dato fattuale. Dopodiché lei non ne era consapevole e quindi, fino a prova contraria, non se ne risponde penalmente. Andiamo avanti». «Non è una risposta» Ma andando avanti le cose non cambiano. Quando gli viene chiesto come ha potuto scrivere particolari tanto precisi sui primi risultati dell’autopsia sul corpo di Cucchi ancora segreti, il generale afferma: «Questa qui sicuramente è stata comunicata al Gruppo… qualcosa che io ho trasmesso…», e Pignatone lo avverte: «Questa non è una risposta. Mi scusi…». Successivamente Casarsa sostiene di non aver dettato un appunto al colonnello Cavallo (che invece dichiara il contrario) perché «non è la prassi», e il procuratore sbotta: «Ma qua non c’è niente nella prassi, generale. In questa vicenda non c’è assolutamente nulla nella prassi, quindi…». Per esempio non sarebbe nella prassi che un capitano dei carabinieri come Tiziano Testarmata, dopo essersi accorto nel 2015 di due differenti versioni di altrettante annotazioni degli stessi carabinieri sullo stato di salute di Cucchi, le trasmetta agli inquirenti senza segnalare l’ipotetico falso. Quando il pm Musarò gliene chiede conto il capitano dice: «Non ho capito la domanda». Il procuratore interviene: «E gliela spiego io. Lei non è un mero commesso che va lì, trova due fogli diversi, li prende e li porta a chi l’ha mandata. È un ufficiale dei carabinieri, si è accorto che c’era almeno uno dei due che doveva essere falso, sarebbe stato logico, lasciamo perdere se doveroso o meno, che rappresentasse questa falsità».

«Cerchiamo la verità»

Testarmata dice di averlo fatto con il colonnello Lorenzo Sabatino, già capo del Nucleo investigativoepoi del Reparto operativo, il quale nega: «Ribadisco che non mi ha mai parlato di falsi, che non abbiamo guardato… Io non ho guardato nessuno degli allegati alla nota di trasmissione a mia firma… Testarmata non mi parlò di annotazioni di servizio false». Pignatone: «Scusi, perché Testarmata dovrebbe mentire, riferire una cosa non vera dicendo che avete visto “carte alla mano” queste benedette relazioni?». Sabatino: «Questo, procuratore, non lo so». Il magistrato prova a insistere: «Lei può immaginare un motivo per cui Testarmata, un ufficiale che ha lavorato con lei tanto tempo, di cui lei aveva fiducia tanto che lo ha scelto per questo incarico, si sarebbe inventato questa circostanza?». Sabatino: «Io… non so, lui si stava ovviamente difendendo da un’accusa che riguardava altro…». Pignatone: «Vabbè, andiamo avanti». Al colonnello Francesco Cavallo, che ha ricevuto e rispedito indietro le annotazioni falsificate, e che a fatica ammette di aver «messo mano» a quei documenti «su indicazione del colonnello Casarsa», il procuratore ricorda: «Deve essere chiaro che a noi interessa solo ricostruire la verità, questo dev’essere chiaro e registrato, non abbiamo nessun altro scopo che questo. Dopodiché la vicenda è quella che è, drammatica, come tutti sappiamo». Più avanti il colonnello cerca di giustificare certe considerazioni «minimizzanti» sui falsi, da lui inserite in una relazione sul caso Cucchi, ma non pare troppo convincente. «Io so’ fatto così, se posso dare più dettagli possibili e posso…», prova a dire Cavallo, ma Pignatone lo interrompe: «Lei non dà dettagli, dà spiegazioni sballate, se mi permette».