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L’intervento del PD pontino sul rapporto mafia-politica é estremamente riduttivo

IL PD PONTINO FINALMENTE PARLA DEL RAPPORTO MAFIA-POLITICA IGNORANDO, PERO’, CHE IN TALUNI CASI LE DUE DIMENSIONI SI SONO SOVRAPPOSTE L’UNA SULL’ALTRA FINO A DIVENTARE LA STESSA COSA

Già per noi è un successo che il PD pontino abbia cominciato, dopo le dichiarazioni del Capo della Mobile Tatarelli, a riconoscere il rapporto esistente fra mafie e parti importanti della politica pontina.

Per parlare di ciò, però, il PD non avrebbe dovuto aspettare le dichiarazioni del Capo della Mobile.

Ma, purtroppo, esso dà una lettura riduttiva del fenomeno.

Che pure è ormai incancrenito e vistoso.

Fino a un decennio, poco più o poco meno, fa parlare di mafie e pezzi della politica pontina significava parlare di due realtà diverse.

Alleate sì, ma diverse.

La situazione oggi è mutata radicalmente perché ci troviamo in presenza di un processo avanzato di scomposizione delle vecchie regole con la conseguente ridefinizione di un quadro più complesso che spesso vede una sovrapposizione vera e propria delle due entità.

In parole povere, mafia e parte della politica stanno diventando spesso la stessa cosa, la stessa realtà.

Esistono il mafioso acclarato, il boss legato strutturalmente al clan, ma anche-e soprattutto-colui che, pur non facendone organicamente parte, opera nei vari ambiti della società – nelle professioni, nella politica, nelle istituzioni – a vantaggio del clan e del sistema mafioso.

I “colletti bianchi”.

La settimana scorsa, ad esempio, è stato arrestato in Campania un noto avvocato che, oltre a difendere i boss nelle aule di tribunale, ne era diventato il portavoce.

Fino a leggere i loro comunicati contro Saviano.

Questo in Campania!

Ma siamo in provincia di Latina.

Se la Procura della Repubblica avesse, in passato, dato disposizioni di acquisire l’elenco dei vari tecnici che in provincia di Latina lavorano al servizio dei clan ed avesse indagato sui loro rapporti, forse, a quest’ora non ci troveremmo nella situazione in cui ci troviamo.

Noi abbiamo il caso di tecnici che assommano il ruolo di prestatori di opera al servizio di camorristi e mafiosi con quello di amministratori pubblici.

Situazioni di contiguità sconcertanti che in un’altra provincia avrebbero dato luogo a procedimenti, se non altro, per concorso esterno in associazione mafiosa.

E come giudicare la posizione di coloro che si sono sbracciati a sparlare ai danni di coloro, il Prefetto Frattasi e le forze dell’ordine, che hanno operato nel “caso Fondi” per scovare i mafiosi?

Parlare contro i servitori dello Stato e coloro che combattono contro le mafie non significa fare il gioco delle mafie?

Non è, questo, almeno, concorso esterno in associazione mafiosa?

Almeno!

Ecco perché noi sosteniamo che la lettura del PD è riduttiva perché si basa su vecchie logiche interpretative, come se la mafia fosse “ altra cosa “ rispetto a porzioni significative della politica pontina.

Non è così.

Il problema, come si vede, non è tanto quello di non inserire nelle liste persone “chiacchierate”, quanto, soprattutto, quello di avviare una profonda bonifica estromettendo definitivamente quanti, anche in maniera indiretta, hanno fatto e fanno il gioco delle mafie, ostacolando, in un modo o in un altro, quanti le combattono.