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Lettera aperta a tutti i nostri iscritti e simpatizzanti: tutti a Pastena (Fr) mercoledì 29 giugno ore 17, 30

Carissimi,

magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia e di Procure di frontiera, qual’è quella di Nola, capi di Squadra Mobile e di Commissariati di attacco, qual’è quello di Casal di Principe, giornalisti di inchiesta come gli amici de “ La Voce delle Voci”, studiosi del fenomeno mafioso qual’è Lamberti dell’”Osservatorio sulla Camorra” di Napoli.

Il Convegno di MERCOLEDI’ 29 GIUGNO a Pastena (fr), assume un significato particolare nella storia dell’antimafia perché vuole rappresentare una svolta nel modo di fare azione seria di contrasto alle mafie.

Da anni siamo impegnati a fare un lavoro significativo, incisivo, profondo, che attacchi al cuore le organizzazioni criminali.

Un lavoro fatto di ricerche continue, di scavo, di inchiesta, su fatti e comportamenti specifici.

Nomi e cognomi.

Un lavoro che non si limiti alle celebrazioni, alle commemorazioni, alle narrazioni generiche di fatti e comportamenti scritte dai giornali e risapute, ma che affronti, caso per caso, comune per comune, situazioni nuove, inedite, alcune delle quali sconosciute alle stesse forze dell’ordine.

Questa è stata sempre la nostra specificità, specificità di cui andiamo orgogliosi.

Dobbiamo essere grati, in particolare, agli amici di Civitavecchia e di Formia, a nord ed a sud della nostra Regione, due presidi messi in piedi con tanti sacrifici e spirito di abnegazione.

A quegli amici dobbiamo se siamo stati in grado di fornire agli organi centrali investigativi e giudiziari corposi dossier che hanno dato il via a significative indagini contro i clan ed anche a qualche importante operazione che ha portato all’arresto di molti camorristi.

Il nostro modo di operare, di fare un’antimafia non di parole ma di fatti, oltre che farci guadagnare stima e simpatie da parte di chi ha modo di valutare, carte alla mano, quello che produciamo, ci procura ovviamente anche antipatie ed ostilità da parte di chi si sente colpito in un modo o in un altro.

Antipatie ed ostilità che si constatano sia negli ambienti interni alle organizzazioni criminali ed ai loro sodali, che in quelli politici contigui o addirittura collusi con le mafie.

Succede spesso, infatti, che gli attacchi più feroci nei nostri confronti provengano proprio da ambienti politici che mal tollerano il nostro modo di fare antimafia.

Un modo che punta a scavare, a scoprire le collusioni fra mafie, politica ed istituzioni ed a denunciarle a chi di dovere.

I magistrati e le forze dell’ordine che combattono le mafie hanno bisogno di notizie specifiche, fatti specifici, nomi e cognomi, non di analisi sociologiche, storiche o filosofiche.

La mafia senza il sostegno della politica e, di conseguenza, di una parte della società civile, sarebbe sconfitta in pochi mesi, come si è verificato con il terrorismo.

Purtroppo, è proprio la politica, una parte significativa se non maggioritaria della politica, che alimenta le mafie, direttamente od indirettamente.

E’, questa, la constatazione che ci ha indotto a scegliere la via dell’indipendenza più assoluta dalla politica, quella dell’autonomia più rigorosa dai partiti, da qualsiasi partito, indipendentemente dalla nostra fede politica personale che non ha mai influenzato l’attività associativa.

Non siamo dei qualunquisti e chi ci conosce lo sa bene, ma non tolleriamo che il credo politico di taluno di noi incida in un modo o in un altro sull’agire dell’Associazione che è e deve rimanere autonoma da tutto e da tutti.

Ciò, anche perché, ad di là delle enunciazioni, dai proclami, dalle sparate propagandistiche, delle parole, nessun aiuto concreto arriva dai livelli politici alla lotta alle mafie.

Stiamo denunciando da anni, infatti, l’inadeguatezza dell’impianto investigativo nel Lazio e, in particolare, in due aree importanti quali sono quelle pontina e viterbese.

A sud e nord della Regione.

Nella Capitale operano bene o male i corpi centrali investigativi –DIA, GICO, SCO, ROS, Servizi ecc. – e, pur senza il concorso della società civile che per lo più è assente, distratta, se non omertosa-si riesce a far, in parte, fronte alle situazioni.

In periferia e nelle province- ad eccezione di quella di Frosinone di cui dobbiamo ringraziare il Comandante provinciale della Guardia di Finanza in primis ed anche i nuovi Questore e Comandante Provinciale dei Carabinieri – la situazione è disastrosa.

Non si fanno indagini patrimoniali e finanziarie, non si attacca il livello politico e quello economico delle mafie.

Non si fa un’azione seria contro le mafie e le si attacca, quando le si attacca, come organizzazioni criminali pure e semplici, con un’ottica da ordine pubblico, facendo finta di ignorare che oggi le mafie sono soprattutto economiche e politiche.

Bene, noi da anni stiamo chiedendo ai responsabili politici, a tutti, nessuno escluso, di muoversi presso il Ministero dell’Interno, il Capo della Polizia, i Comandanti Generali della Guardia di Finanza e dell’Arma per indurli a mandare nelle province gente esperta, con esperienza nella lotta alle mafie, gente capace di fare indagini finanziarie e patrimoniali, persone non influenzabili dai poteri locali.

Parole al vento, quelle nostre.

Quando solleviamo questi problemi con amici parlamentari o esponenti di partiti rileviamo un’insopportabile indifferenza, quasi un senso di fastidio, tipico di chi vuol dirti “non disturbate il manovratore”.

Ecco, noi vogliamo proprio disturbare il manovratore, costi quello che costi, perché è proprio il… manovratore che è responsabile della situazione in cui ci troviamo.

Sembrerà, la nostra, una contraddizione.

Siamo con la magistratura e con le forze dell’ordine e NON A PAROLE MA CON I FATTI, ma vogliamo che queste siano efficienti, incisive, senza zone di ombra.

Non tolleriamo aree di distrazione, di inerzia.

Ci battiamo perché l’antimafia diventi una cosa seria, non parolaia, non celebrativa.

Questo è il nostro compito.