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L’elenco degli “impresentabili”. Prefetture reticenti. Pubblicatene l’elenco e denunciamo i Prefetti alla Magistratura!

L’amarezza di Pisanu: «Risultati inferiori alle attese, le relazioni tra cosche, affari e politica si sono inabissate»

ROMA — Mafia, criminalità comune e politica: c’è la lista di 45 nomi di candidati alle amministrative del 2010, i cosiddetti «impresentabili» incappati in condanne definitive e non, che rappresenta la punta dell’iceberg. I 45 candidati (di cui 11 eletti) non in regola con il codice di autoregolamentazione voluto dal Parlamento, dunque, sono solo l’assaggio. (I documenti: Allegato 1Allegato 2 Allegato 3) Perché in profondità — fa notare l’ex ministro dell’interno Giuseppe Pisanu, oggi presidente della commissione Antimafia — «come si sono inabissate le cosche si sono inabissate anche le loro relazioni con i mondi della politica e degli affari». In altre parole, insiste Pisanu che questo screening ha voluto con insistenza, «si può cogliere una notevole sproporzione tra il numero delle violazioni al codice e la dimensione del rapporto mafia politica che riusciamo a percepire attraverso l’esperienza della nostra commissione».

ITALIA DIVISA IN DUE – La mappa delle violazioni dei partiti (non avrebbero dovuto candidare condannati alle amministrative) fanno emergere un’Italia politica pantografata e divisa a metà: virtuosa al Nord, collusa con mafia e poteri criminali al Sud. Ventinove i candidati che hanno fatto la campagna elettorale con un condanna per estorsione in tasca; tre per usura; quattro per associazione di stampo mafioso; molti sorvegliati speciali e un condannato per riciclaggio. Per quanto riguarda le regioni (a Bari c’è una candidata condannata per concorso in usura), svettano Puglia (10), Campania (9), Calabria (8) e Sicilia (8), il Lazio (5), la Basilicata (3), l’Abruzzo (2). Quasi tutti i partiti sono coinvolti: Pdl (2), Pd (2), Mpa (2), Api (1), La Destra (1), Rifondazione-Sinistra europea (1), socialisti uniti-Psi (1), Udc (2). La Lega non c’è ma è pure vero che molte prefetture del nord si sono trincerate dietro la difesa della privacy.

Giuseppe Lumia
Giuseppe Lumia

«PREFETTURE RETICENTI» – Il lavoro della commissione non è stato facile, fa notare il senatore Giuseppe Lumia (Pd): «È bastato poco alla commissione antimafia per evidenziare il rapporto mafia politica alle ultime amministrative regionali. Sono stati rilevati 45 casi palesi, ma i numeri potevano essere maggiori se tutte le prefetture avessero collaborato apertamente. Alcune di esse, come la prefettura di Milano, si sono trincerate dietro la privacy e non hanno fornito i dati. A questo punto bisogna capire se dietro tale scelta scellerata ci sia stata qualche indicazione del ministero dell’interno e del governo, dato che ben 22 prefetture hanno utilizzato questo escamotage». Per Lumia, a questo punto «l’inchiesta – deve andare in profondità. La commissione utilizzi tutti i suoi poteri di indagine, simili a quelli della magistratura».

LA PROPOSTA DEL PD – E dal Pd arriva anche una proposta operativa: «Servirebbe una legge che introduca la revoca del finanziamento pubblico per quei partiti che si ostinano a candidare politici collusi». Le mancate risposte delle prefetture hanno lasciato l’amaro in bocca anche a Mario Tassone, vicesegretario dell’Udc: «I risultati delle violazioni accertate dall’Antimafia al codice di autoregolamentazione per le ultime amministrative rappresentano un positivo punto di partenza per il contrasto agli impresentabilì nelle liste, ma delineano un quadro che rischia di essere poco veritiero rispetto alla reale e ben più preoccupante portata del fenomeno sul territorio nazionale». Aggiunge il parlamentare centrista: «Da alcune realtà istituzionali ci saremmo aspettati una collaborazione più attiva, stringente e in linea con lo spirito che ha animato il lavoro della Commissione, a fronte di un obiettivo che dovrebbe essere condiviso da tutti».

Dino Martirano

(Tratto dal Corriere della Sera)