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Le mafie si sono comprate il voto al Sud: così cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta truccano le elezioni

Le mafie si sono comprate il voto al Sud: così cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta truccano le elezioni
Arresti, inchieste e imprensentabili. L’inquinamento elettorale continua a essere una pratica diffusa. Sant’Antimo è il caso più significativo. Un comune di camorra, già sciolto per le infiltrazioni della camorra. Questo è il paese della Dinasty Cesaro su cui da tempo la Procura antimafia ha acceso i suoi riflettori

Domenica 11 giugno 2017

di Guido Ruotolo

Candidati impresentabili, voto di scambio, compravendita del consenso. È una emergenza. A Sant’Antimo, provincia di Napoli, i carabinieri hanno eseguito tre arresti. A casa di uno di loro sono state trovate 321 tessere elettorali con facsimile del candidato da votare. A Catanzaro è stato fermato un elettore che ha fotografato nel seggio la sua scheda appena votata. A Trapani, a parte i due candidati con inchieste giudiziarie e richieste di misure di prevenzione in corso, candidati al Consiglio comunale hanno regalato buoni di un supermercato. E uno di loro, Giorgio Colbertaldo, Forza Italia, che sostiene il candidato a sindaco Antonio D’Alì, è stato denunciato da un rappresentante di lista dei Cinque Stelle perché presidiava il seggio e accompagnava gli anziani a votare.

Mafia e mala politica

Sembravano finite le pratiche di un tempo. Quando, negli anni Ottanta e Novanta con il proporzionale imperante, nei consigli comunali si compravano e vendevano voti. Si sono fatte le riforme per l’abolizione delle preferenze e del sistema elettorale maggioritario anche per questo, anche per ridurre la possibilità di condizionamento del voto. Per impedire le infiltrazioni delle amministrazioni comunali nel 1991 fu approvata la legge che consentiva lo scioglimento dei consigli comunali (e poi anche il commissariamento delle ASL) per infiltrazioni mafiose. Una legge di emergenza, che sospendeva prerogative democratiche, che scioglieva consigli comunali solo sulla base di sospetti.

Inquinamento elettorale una pratica diffusa

Sono passati trent’anni e la legge continua a essere applicata. Finì sulla graticola due anni fa la presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi, che rese pubblici gli elenchi dei candidati “impresentabili” con precedenti penali. Dobbiamo prendere atto che l’inquinamento elettorale continua a essere una pratica diffusa. Sant’Antimo è il caso più significativo. Un comune di camorra, già sciolto per le infiltrazioni della camorra. QUesto è il paese della Dinasty Cesaro su cui da tempo la Procura antimafia ha acceso i suoi riflettori.
A maggio, la famiglia Cesaro è finita nei guai giudiziari

I due fratelli di Luigi Cesaro – «Gigino ‘a purpetta», il potente esponente di Forza Italia – titolari di un impero di strutture della sanità privata, sono in carcere per i loro affari e i rapporti con clan della camorra. Anche il politico della famiglia, Luigi appunto, che ai tempi di Raffaele Cutolo, anni Settanta del secolo scorso, finì in carcere, è sulla graticola giudiziaria. Indagato per voto di scambio. Dunque i tre arresti dei carabinieri per voto di scambio. In un appartamento sono state sequestrate 321 tessere elettorali che avevano al loro interno il facsimile di un candidato a sindaco di una lista civica da votare. I carabinieri hanno già cominciato a sentire gli elettori che si sono prestati allo scambio: sembra infatti che ogni voto è stato pagato tra i 30 e i 50 euro.

Nessun rapporto tra arrestati e candidato a sindaco

Dai primi accertamenti non risultano rapporti tra gli arrestati e il candidato a sindaco con clan di camorra. Da Sant’Antimo a Catanzaro, dove è stato denunciato un elettore che ha fotografato nel seggio la sua scheda. Nelle precedenti comunali del 2012, il TAR ha annullato il voto in otto seggi e le indagini della Procura hanno accertato che il voto in quei seggi era stato comprato attraverso il meccanismo della scheda “ballerina”. Una scheda bianca dal seggio finiva in mani sbagliate che la compilavano e la consegnavano all’elettore che doveva consegnare all’esterno la sua scheda bianca. Infine anche a Sezze, provincia di Latina, c’è un denunciato per aver fotografato la propria scheda elettorale.

fonte:notizie.tiscali.it