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Le due Italie: quella delle sue fogne e quella delle persone civili ed oneste. Riflessioni a margine del Convegno di Formia.

“Di lotte se ne possono fare tante ma è tutto tempo perso”, scrive su Facebook Laura D’Aureli, da Tarquinia, nell’Alto Lazio, a proposito del nostro Convegno a Formia contro le mafie e sulle strategie da adottare per combatterle.

Comprendiamo e condividiamo in parte le motivazioni delle analisi di questa splendida signorina.

Ma non le conclusioni.

C’è su “Venerdì” di “Repubblica” del 28 settembre u. s. un articolo di Curzio Maltese dal titolo “ Magari fosse una casta: in Fiorito si specchia una parte dell’Italia” che fotografa con la maestria ben nota di questo autore la situazione italiana e, in particolare, di questa parte del Paese, il centrosud, afflitta da secoli di vassallaggio e di asservimento ai poteri di turno, talvolta sporchi.

Non per caso nella storia del nostro Paese, prima e dopo l’Unità d’Italia, il Centro ed il Sud, hanno espresso sempre i peggiori regimi e le peggiori classi dirigenti che un Paese abbia potuto esprimere, con un consenso sociale davvero eccezionale.

E questo è il punto centrale di tutto il ragionamento perché sarebbe deviante e riduttivo prendersela con queste ultime, tenuto conto del fatto che esse sono sempre l’espressione della società.

E’ un dato di fatto incontestabile: una società malata e corrotta esprime sempre classi dirigenti malate e corrotte.

Ragioni culturali, antropologiche, storiche o di altra natura, certo è che le responsabilità non sono mai degli eletti, ma, al contrario, degli elettori.

Tutte le grandi organizzazioni criminali hanno avuto origine e trovato alimento nel sud e nel centro Italia e sono riuscite, nei decenni, ad infettare anche le società del nord del Paese e del mondo intero.

Quando parliamo di mafie, quindi, non va mai trascurata un’analisi fondamentale:

è la gente, la maggioranza di essa, che è mafiosa.

Oggettivamente o soggettivamente, partecipando direttamente alle attività criminali o subendole senza reagire.

Un popolo senza dignità e senza spina dorsale, direbbe qualcuno.

La famosa “italietta” con la “ i “ minuscola che ha subito, senza mostrare un minimo dignità e di capacità e di volontà di reagire, la monarchia, il fascismo, l’andreottismo, il doroteismo, il berluscononismo e così via.

Le minoranze illuminate, coloro che soffrono di fronte a questa constatazione, debbono prendere atto di questa realtà ed agire di conseguenza.

Noi siamo in guerra, una guerra non dichiarata e non tanto fatta di soli morti, che ha ridotto, purtroppo, la parte a sud della Toscana ad essere considerata nel mondo più come una parte del continente africano che non dell’Europa.

Purtroppo!

Bisogna partire dalla realtà ed essere pragmatici non contando, nelle battaglie che ci proponiamo di fare per assicurare un minimo di vivibilità civile e democratica a noi stessi, ai nostri figli ed agli altri, su quella parte del Paese che è corrotta e malata, tenendo conto, soprattutto, del fatto che è questa, ancora una volta purtroppo, ad esprimere la classi dirigenti.

Non solo politiche, ma anche economiche, sociali ed anche istituzionali.

Siamo la parte minoritaria del Paese che combatte contro un’altra parte che è maggioritaria.

Dobbiamo convincerci di ciò.

Una guerra civile, in parte non sanguinosa, che si combatte quotidianamente, nelle strade, ma, soprattutto, negli uffici, nei cantieri di lavoro, nei ministeri, nel Parlamento, nelle sedi di partito, nelle aule consiliari, nelle caserme, nelle aule giudiziarie, fra le toghe, gli uomini in divisa e così via.

Un Paese, insomma, frammentato, diviso, in continua lotta fra una maggioranza conservatrice, reazionaria e mafiosa, incline, pertanto, al malaffare, ed una minoranza illuminata che si oppone ad essa ell’illegalità.

Il problema è sapersi organizzare, unirsi, adottando quelle tattiche necessarie per affrontare e sconfiggere il nemico.

Tutto qua.

Convinti orgogliosamente di essere dalla parte giusta, dalla parte della civiltà contro l’inciviltà e l’arretratezza culturale ed anche economica e sociale.

Ieri sera al convegno a Formia promosso dalle Associazioni Caponnetto e dalle sue consorelle “ I cittadini contro le mafie e la corruzione” di Antonio Turri, ”Familiari vittime di camorra”di Salvatore Di Bona e “Camminando nel Sociale” dell’Avv. Parisi, chi vi ha partecipato – e grazie a Dio eravamo centinaia, la parte appunto sana e non mafiosa del Lazio, del Molise e della Campania – ha potuto constatare che è stata assente l’intera classe politica, di destra, di centro e di sinistra- del sud pontino.

Capita sempre così, anche in altre occasioni ed altrove.

Un territorio, il sud pontino –Minturno-Formia-Gaeta-Itri-Sperlonga-Fondi-Terracina -, invaso dalle mafie e afflitto da una cultura mafiosa.

Non un Sindaco, di Gaeta, Formia, Minturno, Itri, Sperlonga, Fondi, Terracina e delle province di Latina e Frosinone, del Basso Lazio insomma, non un Assessore, un consigliere regionale, provinciale o comunale (di destra, di centro e di sinistra, ), non un segretario od esponente politico, non un imprenditore, non uno di quegli avvocati che in queste settimane stanno facendo baldoria per… ”… salvare il Tribunale di Gaeta”!!!, e pochi, pochissimi cittadini delle città del Golfo (di Gaeta ne abbiamo contati solamente 3 e questo la dice lunga sulla sensibilità della maggioranza dei cittadini gaetani pur di fronte ad un fenomeno, quello appunto delle mafie, che qualifica quella città fra le città più afflitte del Lazio dal cancro delle mafie).

Sono venuti cittadini da Grottaferrata, da Roma, da Isernia, da Cassino, da Sorrento, da Casal di Principe, da Scampia e da altri paesi e città della Campania, del Molise, dal nord del Lazio.

Oltre duecento persone, interessate, attente, partecipi fino alla fine del convegno che pure è durato tantissimo.

Inchiodate sulle loro sedie per ore ed ore, fino a tardi.

Mai visto un livello di interesse come quello notato ieri sera.

La parte migliore e pulita della società che ha fatto centinaia di chilometri per sentire i relatori, fra i quali il Procuratore della DDA di Napoli Cafiero de Raho, il Presidente della 2° Sezione Penale della Corte di Cassazione Esposito, il comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Latina Colonnelloo Kalenda, Nello Crocchia de Il Fatto Quotidiano e dell’Espresso, Rita Pennarola della “Voce delle Voci” e noi delle Associazioni.

Per ascoltare, ma anche intervenire nel dibattito e porre quesiti e dare suggerimenti.

C’era anche Panuccio, il padre di Sara, una delle due ragazze romane morte nel crollo di Ventotene.

Commovente la sua presenza che fa da contrasto con la pigrizia, l’indifferenza, l’insensibilità, l’ottusità e la sporcizia mentale di tanta gente che, pur abitando nel sud pontino, non ha inteso partecipare ad un evento importante durante il quale si è discusso delle sorti di questi territori.

Molti sono intervenuti offrendo dei contributi preziosi e ponendo quesiti.

Meraviglioso un gruppo di avvocati di Cassino, fra i quali Patrizia Menanno, che proprio ieri, durante la riunione del Consiglio Direttivo della nostra Associazione che ha preceduto, nella mattinata, il Convegno pomeridiano, abbiamo voluto cooptare fra i nostri dirigenti, insieme alla Dr. Mauro della RAI di Napoli.

Ecco, questa è la parte migliore del Paese e dei nostri territori.

La parte, però, che deve unirsi, sapersi organizzare, per studiare, tutti insieme, strategie e tattiche per combattere il nemico: i mafiosi e tutti coloro che nelle istituzioni, nella società, nei partiti politici, fra i professionisti, fra i cittadini, gli imprenditori e così via fanno affari con essi diventando parte organica delle organizzazioni criminali.

Le grandi rivoluzioni, a rileggere la Storia, sono state fatte tutte dalle minoranze.

Minoranze illuminate e COMPATTE.

Di questo non debbono mai dimenticarsi Laura D’Aureli e tutte quelle persone oneste che a centinaia, a migliaia ancora ci sono nel nostro Paese e nei nostri territori, anche nel centrosud.

Sono queste la vera Italia.

Le altre non sono altro che le sue fogne.