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Le discoteche di Fondi

“Gomorra party”: dalla serie tv alle discoteche di Fondi
di Andrea Palladino
Sguardi assenti, moto che sfrecciano. Pupille dilatate. Il volto del boss di seconda generazione, Genny Savastano. Taglio. Un cameriere serve i tavoli in un locale di Fondi. Trentamila anime, sud pontino, terra dove Gomorra si è radicata per davvero. “Provincia di Casal di Principe”, per Carmine Schiavone. Taglio, secco. Grafica: “Gomorra party”, 25 luglio, siete tutti invitati. Serata a tema, per ballare fino a notte tarda, sfoggiando le prime abbronzature, gli occhiali a specchio, i tatuaggi mostrati in spiaggia, le labbra gonfiate per i selfie estivi. Il serial di Sky fa tendenza, eccome. Lo sguardo da duro diventa moda, atteggiamento. Non a Casal di principe, ma nel sud pontino, dove le famiglie di ‘ndrangheta apparecchiavano la tavola con le posate d’oro quando salivano i camorristi a stringere accordi. Fondi sembra aver dimenticato le parole durissime che gli ufficiali della Commissione di accesso (era il 2009) avevano scritto sulla relazione firmata dal prefetto coraggioso Bruno Frattasi. Un crocevia delle organizzazioni mafiose, ma anche il terreno, fertilissimo, dove crescono i piccoli boss locali, lo snodo che porta dritti verso la capitale.

Se i simboli hanno valore, a Fondi li trovi tutti. Mentre nelle discoteche si gioca a scimmiottare Genny Savastano, qualcuno preparava il grande botto, con un carico di chilo di tritolo da far esplodere a pochi passi dal centro storico. Abbronzature e polvere da sparo, neomelodici e micce accese. “Gomorra party” ha allietato la notte del 25 luglio scorso in uno dei tanti locali della movida, aperto da circa un anno. Sulle locandine – ancora oggi disponibili su Facebook – gli organizzatori assicuravano la presenza dell’attore Salvatore Esposito, divenuto celebre per la sua interpretazione di Genny Savastano, il giovane boss della serie “Gomorra”. Il video e il materiale promozionale ammiccano, richiamano, usano le facce dei duri casalesi per sedurre. Sguardi senza pietà. E, sullo sfondo, la polverosa scritta Gomorra. Il videoclip (disponibile qui) mette insieme brani del serial con l’annuncio dell’evento “esclusiva” e alcune scene filmate in un party, lasciando poco spazio alla fantasia. Incoscienza? Leggerezza? Forse, ma è così che Gomorra – quella vera, quella che uccide, che toglie il respiro e la libertà – ha sedotto per decenni. E’ il modello casalese, senza ritorno.

 

Andrea Palladino, giornalista freelance e documentarista, collabora con L’Espresso e Il Fatto Quotidiano. Ha realizzato inchieste e reportage per Il Manifesto ed è stato cronista per Il Messaggero. Ha pubblicato Trafficanti. Sulle piste di armi, veleni e rifiuti (Laterza, 2012). E’ co-fondatore di Toxicleaks. org, piattaforma per aggregare contenuti e data journalism sulle rotte dei veleni: dalle Navi a perdere alla Terra dei fuochi.