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Le dichiarazioni di Carmine Schiavone nel 1996 sulla situazione in provincia di Latina e le ineffcienze dello Stato. Che fine hanno fatto gli eserciti di “soldati” dei quali ha parlato il cugino di Sandokan??

Sapere che – secondo quanto dichiarato il 13 marzo 1996 dal collaboratore di giustizia Carmine Schiavone agli Ufficiali dei Carabinieri ed ai Funzionari della Polizia di Stato di Latina –ci sono in provincia di Latina 50-60 “soldati” iscritti a libro paga del clan dei Casalesi con una retribuzione – nel 1996- di 3 milioni di lire al mese, non è una notizia che può lasciare tranquilli.

Si parla solamente dell’ala facente capo agli Schiavone in quanto “non era solo il mio gruppo –dichiara il cugino di Sandokan –ad avere interessi in terra pontina perché, parlando con i capi zona nostri, avevo notizie della presenza di esponenti di tutte le mafie nazionali che fungevano da referenti dei gruppi dai quali provenivano”.

Siamo al livello – già nel 1996, data delle dichiarazioni di Carmine Schiavone – di centinaia di “soldati” al servizio dei tanti clan che scorazzano nella provincia di Latina e nel Lazio intero, ”soldati” lautamente pagati e che, anche dopo la cattura dei numerosi capi finora individuati, continuano ad essere presenti e ad operare.

Spesso indisturbati, se pur individuati.

Centinaia che, aggiunti ai fiancheggiatori a tutti i livelli ed in tutti gli ambienti, compari, sodali di ogni natura ed in giacca e cravatta –professionisti, avvocati, commercialisti, notai, ingegneri, esponenti politici e delle istituzioni e così via- diventano migliaia.

Un esercito di professionisti del malaffare, della corruzione, del furto elevato a sistema e della violenza contro il quale lo Stato, apparso spesso indeciso, fragile e talvolta compromesso in talune sue componenti e rappresentanze, schiera pattuglie di gente incompetente, impreparata, non determinata.

Assolutamente inadeguata a combattere un cancro che sta divorando l’intero corpo del Paese.

Attrezzata “ CULTURALMENTE”!

La guerra di Davide contro Golia.

Continuando così, non si va da nessuna parte e le varie mafie saranno sempre più vincenti.

C’è ancora gente, anche ai vertici delle istituzioni, -il “caso Scampia” docet – che è convinta che con i numeri si risolvono i problemi e che non riesce a capire che, invece, quello che sono necessari e mancano sono la “QUALITA’”degli interventi ed il lavoro di “INTELLIGENCE”.

E’, questo, l’aspetto che ci inquieta più di ogni altro.

Perché, osservando i comportamenti, le decisioni e, soprattutto, la qualità delle forze in campo, francamente ci assale la disperazione.

Qua resti sempre più indeciso di fronte alle scelte da compiere:

dobbiamo più combattere i mafiosi conclamati o coloro che sono chiamati a contrastarli e che, o per incapacità, viltà, corruzione o quant’altro, mostrano di non esserne capaci o, peggio, di non volerli combattere???

E’ la domanda drammatica che ci poniamo ogni giorno, ogni momento.

Una domanda che si impone anche dopo la lettura del verbale di interrogatorio di Carmine Schiavone di cui abbiamo fatto cenno.

Morto Salzillo, arrestato De Angelis, è rimasto intatto – e probabilmente si è anche rafforzato – tutto l’impianto da essi messo in piedi.

Altro che “ 46 clan operanti nel Lazio”, che qualcuno proprio in questi giorni si è inventato!

Fra clan, sottoclan, gruppi e gruppuscoli che nascono in continuazione in conseguenza della decapitazione dei vertici militari (militari, ripetiamo, perché non si parla mai dei vertici politici ed economici, la mafia “bianca”, quella che effettivamente comanda e dispone dei capitali), non è possibile quantificare alcunché, se non vogliamo veramente… dare i numeri.

Cominciamo, per essere più seri, a discutere sui… problemi veri.

Quelli, in primis, che riguardano prima di tutto la natura delle varie mafie e, poi le inefficienze –se vogliamo parlare solo di… inefficienze!!!) dello Stato e di chi lo rappresenta sui vari territori!