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Latina,terra di camorra e di ndrangheta. Prefettura completamente assente e forze dell’ordine locali disattente ed inadeguate.Fatta eccezione per la Squadra Mobile ed il Questore di latina autori della brillante operazione contro le organizzazioni criminali ,oltre che per lo scandalo della sezione fallimentare del Tribunale,i commissariati é come se non esistessero per quanto riguarda l’azione di contrasto alle mafie.Non é diversa la situazione per quanto riguarda Carabinieri e Guardia di Finanza. Se non intervenissero la DIA e qualche altro corpo speciale sempre da fuori provincia in provincia di Latina parlare di lotta alle mafie sarebbe come parlare di una lingua incomprensibile. Zero! Una vergogna che ci fa sospettare tante cose,non ultima delle quali l’esistenza di un patto fra soggetti influenti della politica e delle istituzioni con i boss,al pari di quanto é avvenuto a Palermo fra mafia e stato.L’impegno dell’associazione Caponnetto sarà tutto in questa direzione : scoprire e smascherare a tutti i costi questo “patto”

#gaeta / Di Cesare ( Ass.Caponnetto): “non c’è voglia di combattere le mafie” – la storia di Luigi Leonardi 

da Antonia De Francesco

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“Non c’è voglia di combattere le mafie”, ad esternare questa convinzione, in relazione alle città del Golfo, è Elvio Di Cesare, presidente dell’Associazione Nazionale “Caponnetto”, intervenuto all’agorà promossa dal Movimento cinque stelle, ieri, a Gaeta. Accanto a lui il Testimone di Giustizia Luigi Leonardi, mentre aggiunge: “dove non c’è sicurezza, non c’è sviluppo, perchè la gente serie non viene”. Il riferimento è agli imprenditori onesti, i quali, secondo Di Cesare, non vengono ad investire un territorio saturo di interessi mafiosi che trovano sponde politiche, collegamenti indispensabili per approcciare alle grandi opere. Questo, misto ad un’impreparazione di base del territorio ad affrontarne la presenza. “Due sono i problemi – afferma ancora, prima di lasciare spazio alla storia di Leonardi – l’omertà e il funzionamento delle Prefetture. Se noi facciamo tutto il lavoro che svolgiamo, facciamo l’ anti-mafia vera, rischiando, è per non abbassare gli occhi di vergogna davanti ai nostri figli mentre stiamo morendo”.  Ma “siamo pochi”, la “lotta è impari: attualmente siamo 86 Testimoni di giustizia” affonda Luigi Leonardi. La sua storia imprenditoriale inizia nel 1997 con un’azienda di gran fatturato col core business delle illuminazione. Nel 2001 lo avvicinano tre personaggi che gli chiedono di “pagare”, al suo rifiuto, nel giro di due settimane, sono cinque i clan che si trova addosso, ognuno referente del territorio in cui compare uno dei suoi locali. Leonardi paga la prima rata e denuncia; si ritrova così al suo “primo processo, con 170 imputati di cui 68 finiscono in galera per un totale di 720 anni di galera e circa 90 morti alle spalle”. Adesso il secondo processo. L’ultima minaccia a mano armata appena cinque mesi fa, a giorni Luigi Leonardi sarà inserito nel programma di protezione, in mano un paio di convinzioni “alcune associazioni anti-mafia sono peggio della mafia stessa” e “i collaboratori di giustizia ( ndr pentiti che decidono di collaborare con la Giustizia) sono trattati meglio dei Testimoni di Giustizia ( ndr vittime o testimoni che decidono di collaborare con la Giustizia)”. Una fotografia e una storia che lasciano sconcerto e coraggio innestarsi in quello spazio di coscienza ancora disabitato dall’ignavia.