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Latina » Formia » La mala del Basso lazio – Tutti gli affari da Casale a Formia

Dopo il blitz del 23 marzo, che ha portato alla luce un nuovo tassello della penetrazione nel basso Lazio da parte dei Casalesi, ecco le maxi operazioni immobiliari in atto nella zona. Sigla per sigla, tutti i casi incandescenti.

ANTONIO ROMERO

Alba del 23 marzo 2010. A Formia e dintorni cinquecento uomini delle forze dell’ordine coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli eseguono 12 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di appartenenti al clan Maliardo di Giugliano in Campania. L’operazione viene denominata Arcobaleno, dal nome della società immobiliare, finita nel mirino degli investigatori, che aveva messo le mani sull’area della ex Desco a Terracina. Ma nell’intera provincia di Latina, come ha rivelato la Relazione d’accesso al Comune di Fondi dei mesi scorsi, è ormai guerra per bande. La lottizzazione dell’ex Desco, sulla quale stava indagando anche la Procura di Latina, prevedeva due strutture residenziali, una sociosanitaria, un albergo, più un centro commerciale per un totale di 30.000 metri quadri. Ma di casi analoghi, come vedremo, ce ne sono parecchi in tutta la zona.

SAN “D’AGOSTINO”

Gli appetiti della mala sulle aree dismesse di Formia balzano alle cronache a giugno 2008 quando un incendio doloso distrugge l’ex Blue Fish, stabilimento da tempo fallito al centro di un’aspra battaglia fra i suoi creditori ed il Consorzio Industriale del Sud Pontino. Dopo quattro mesi arriva in Comune il sequestro degli atti della lottizzazione “Le Fosse”, ossia il Prusst di riqualificazione, che era stato votato all’unanimità, di una parte della ex fornace D’Agostino. I pm contestano infatti l’associazione a delinquere finalizzata all’abuso d’ufficio a numerosi imprenditori sospettati di collusione con la camorra, tecnici ed esponenti del mondo politico. Fra tutti spicca il nome dell’imprenditore Carmine Lefano e quello di suo figlio Francesco, titolari della Immobiliare degli Aurunci srl, la società che nell’area dell’ex fornace intende realizzare un albergo, un teatro ed un residence per attività ricettive. Totale: 50.000 metri cubi. Nella stessa lista degli indiziati c’è Antonio Calvano, secondo consigliere comunale più votato del Pdl a Formia, il quale gestisce due attività di noleggio videocassette. Le stesse per le quali il 6 maggio 2003 viene intercettato con il suo amico di sempre Calisto Bardellino, primogenito di don Ernesto, attenzionato in quel periodo nell’ambito dell’inchiesta “Bonifica”. Fra i personaggi della zona coinvolti nell’inchiesta sulla D’Agostino ci sarebbe anche Pasquale Mastrominico da San Cipriano d’Aversa. Mastrominico è cognato di Rachele Iovine, a sua volta sorella del superlatitante Antonio, detto o’ ninno, tornato a far parlare di sé durante la bufera Protezione civile-Bertolaso per il presunto collegamento con il funzionario del ministero delle mfrastrutture Antonio Di Nardo.’Di certo i Mastrominico, fra le tante società che controllano, possiedono anche la Edilizia Panoramica Formia srl. Fino al febbraio 2000 titolare di una quota dell’impresa era Romolo Veneziano, detto Rocco, originario di Casal di Principe, imprenditore di fiducia degli Schia-vone, arrestato a giugno scorso per 416 bis. A metà degli anni ’90 la società di Mastrominico comprò proprio da Lefano alcuni lotti di terreno adiacenti a quelli della attuale lottizzazione, in pieno vincolo idrogeologico. Mastrominico e Lefano presentarono in Comune una proposta congiunta che lievitava a 140 mila metri cubi per rinserimento, guarda caso, di 241 appartamenti, la parte più cospicua dell’investimento. La conferenza dei servizi alla Regione Lazio bocciò la proposta e Giuseppe Simeone, all’epoca assessore ai Lavori Pubblici, si vide recapitare un ordigno artigianale contro la cancellata della sua villetta.

IL CASO SALID

Mentre si prova ad adottare misure straordinarie per una provincia che ormai è sotto il controllo dei clan, a Formia l’intera assise comunale approva la variante Salid, ex mattonificio dismesso che sarà trasformato in un’area con 25.000 metri quadri di parcheggi, un grosso centro commerciale più un albergo di 100 camere con annesso ristorante. In cambio, il soggetto lottizzatore si accolla tutte le opere di viabilità, garantendo al Comune anche una sala conferenze da 500 posti. Tutto per il meglio quindi, e nell’assoluto silenzio. Perfino l’ex sindaco dì Formìa, Sandro Bartolomeo, Pd, generalmente attento alle infiltrazioni criminali, vota a favore. Ma chi ha proposto quest’opera mastodontica, che sorgerà in un’area della città priva di decoro urbano, mettendo in ginocchio quel poco che resta del commercio locale? Il suo nome è Tirrena Immobiliare srl, società di famiglia dell’avvocato Pasquale D’Onofrio il quale, formalmente, non ricopre incarichi decisionali, ma vanta in zona amicizie influenti. In passato, nella Il Poggio sas, D’Onofrio è stato socio dell’imprenditore edile Gianfranco Ciufo, da qualche tempo scomparso, il cui nome balzò alle cronache fra gli iscritti alla massoneria in seguito all’inchiesta dell’allora procuratore di Palmi Agostino Cordova. 64.559 euro di capitale sociale, Tirrenia Immobiliare vede fra i suoi soci numerose persone originarie dell’hinterland partenopeo e casertano. Qualcuno anche con problemi giudiziari di non poco conto. E’ il caso di Enrico Castaldo da Frattamaggiore, che nel 2004 rimase coinvolto nell’operazione “Ametista” contro il clan Graziano di Quindici. Passiamo all’attuale amministratore unico della società: si tratta di Gennaro Pedata da Parete, piccolo comune del casertano, alle spalle una storia di accuse giudiziarie per contrabbando, evasione in concorso e lavori edili senza licenza. Pedata, che non possiede quote della Tirrena Immobiliare, amministra peraltro diverse realtà imprenditoriali, come la MPM Immobiliare srl, sede a Napoli in Vìa Cinthia isolato 32, all’interno del Parco San Paolo. E qui ritorniamo a bomba, perché la società titolare del progetto Desco si chiama MPM Immobiliare srl, nome identico a quello dell’impresa di Gennaro Pedata. Ma allo stesso indirizzo risponde anche una ditta finita nella relazione della commissione d’accesso al Comune dì Fondi, la srl Arcobaleno Immobiliare. Uno dei suoi soci, Emilio D’Alterio, «risulta avere diversi precedenti di polizia – si legge nel documento – per associazione a delinquere, corruzione, dichiarazione fraudolenta e truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche». A questa società gli inquirenti arrivano analizzando il profilo di Antonio Pirozzi, che proprio per conto della Arcobaleno aveva presentato istanza di concessione edilizia. Pirozzi, residente a Giugliano, é ritenuto dagli investigatori trait d’union nel Pontino fra i clan di Sant’Antimo e Giugliano, dediti a massicce attività di riciclaggio. I commissari lo scrivono chiaramente quando elencano i collegamenti di Pirozzi con «elementi di dubbia moralità» e i legami d’affari con Vincenzo Verde nella Cosviver srl. «Il gruppo Verde -viene dettagliato – è stato dapprima vici1 no ai cutoliani e successivamente ai Nuvoletta e ai Bardellino, gruppi storici di camorra». E i Bardellino, nonostante sequestri e confische, gestiscono ancora una bella fetta di potere economico a Formia e mantengono la loro alleanza coi clan Verde e Maisto. Un elemento, questo, su cui fa luce ancora una volta la relazione di accesso al Comune di Fondi. A pagina 5 si legge infatti che Mico Tripodo «trascorreva la sua latitanza tra i paesi vesuviani, dove spesso era ospite di Carmine e Salvatore Alfieri nonché di Mario Fabbrocino, e la terra dei Mazzoni, dove si accompagnava ad Antonio Bardellino ed ai Maisto». L’unico dato certo, in questo groviglio di sigle, è che le operazioni Damasco contro i clan di Fondi, insieme alle risultanze dell’indagine disposta dal prefetto Bruno Frattasi, sembrano legare in un unico filo le mosse della criminalità sullo scacchiere del Basso Lazio. E che tutte le sigle impegnate nelle “grandi opere” vedano in pista personaggi provenienti dall’area napoletana o casertana. Ed ecco un altro esempio.

COM AVIR SI VOLA

Ci spostiamo a Gaeta, dove sta già suscitando polemiche l’approvazione del piano di riqualificazione dell’ex vetreria Avir messa in atto proprio al centro della cittadina: 81.000 metri cubi con appena 6.000 metri quadrati di spazio a verde. Gli aumenti di volumetria spno andati a vantaggio delle palazzine direzionali in aggiunta ad un museo, una sala polivalente, un parcheggio con 600 posti auto interrati, più alberghi, strutture ricettive di vario tipo, uffici, centro commerciale, senza dimenticare le immancabili cubature residenziali. Il faraonico progetto, che cambierà il volto di Gaeta e della incantevole baia di Serapo, è stato preceduto da tutta una serie di passaggi di proprietà tra la società Gaim srl, titolare dell’area, ed i suoi stessi soci; compaiono anche altre sigle, una delle quali, la Hotel Torino srl, ha la sede legale al medesimo indirizzo della Gaim; quest’ultima è stata costituita il 22 gennaio 2001 a Marano di Napoli nello studio del notaio Salvatore Sica, in passato personaggio molto influente nella cittadina a due passi da Giugliano. |

(Tratto da Telefree)