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L’assalto finale alla Giustizia

Giustizia, il nuovo assalto

Andrea Scarchilli

La maggioranza, Forza Italia in particolare, vuole approfittare della battaglia tra le procure di Catanzaro e Salerno e di un Pd asfissiato dagli scandali locali per sferrare l’attacco. In cantiere per l’immediato la riforma del processo penale (con la limitazione dei poteri dei pm), in un secondo tempo le revisioni costituzionali. L’Udc apre, i democratici in attesa tattica, i dipietristi sulle barricate

La battaglia a colpi di sequestri tra le procure di Salerno e Catanzaro ha offerto il destro al governo. Il Guardasigilli Angelino Alfano è già al lavoro sulla riforma della giustizia che – è ormai opinione comune all’interno della maggioranza – dovrebbe essere approvata e digerita dall’opinione pubblica più facilmente alla luce degli ultimi, pesanti scossoni che si ritiene abbia subito la credibilità della magistratura. Il conveniente legame di causa – effetto l’ha esplicitato Alfano durante la registrazione di “Porta a porta”. Prima smentendolo, quindi dichiarando nel giro di un istante: “Questa vicenda ha reso chiaro che è inevitabile e non capriccio della maggioranza di governo dover avviare un processo di riforma della giustizia”.

Alla crisi delle procure innescata dal caso De Magistris, si aggiunge il momento di imbarazzo che sta attraversando il Partito democratico, sempre sul fronte giudiziario. I falchi del centrodestra benedicono l’asse delle indagini di Firenze e Napoli che, in un’esplosiva miscela di atti notificati e annunciati, ha riportato in voga il tema della questione morale nel partito di Walter Veltroni.

Il momento, insomma, è propizio. Poco importa che quanto bolle in pentola poco ha a che fare con gli scivoloni di Salerno e Catanzaro (in cui, per mettere una toppa, sono intervenuti Napolitano e il Csm) e molto si presti al consueto intento di mettere sotto tutela la magistratura. Il piano, in ogni caso, è pronto. Si comporrebbe di due passaggi. Il primo immediato: prossimamente (si parla del Consiglio dei ministri del 19 dicembre, contemporaneo alla direzione chiarificatrice del Pd, ma le linee guida potrebbero essere anticipate) Alfano presenterà un disegno di legge con i primi ritocchi, quelli che non richiedono una modifica costituzionale. Ovvero, un “chiarimento” nel rapporto tra pubblico ministero e polizia giudiziaria (che si risolverebbe in una sostanziale impoverimento dei poteri dei pm) e norme sulle intercettazioni, per ora affossate in un ddl mai partito. Forse salterà fuori anche qualcosa per modificare l’obbligatorietà dell’azione penale dando al Parlamento potere di dettare l’agenda delle priorità, sul modello di quanto fatto l’estate scorsa.

Per quanto riguarda la riforma costituzionale, se ne parlerà dopo il pronunciamento della Corte costituzionale sul lodo Alfano. La rivoluzione comprenderebbe la modifica del Consiglio superiore della magistratura, con lo sdoppiamento (uno per i pm, uno per i giudici) e la modifica del rapporto tra i membri nominati dai magistrati e dalla politica, a vantaggio di questi ultimi. Si conta molto, come accennato, sulla speranza che il Pd abbandoni le barricate e che prevalga la linea più aperturista, che fa capo a Luciano Violante. L’ex presidente della Camera ha ribadito nei giorni scorsi le opinioni espresse a settembre in un’intervista al “Giornale”, in cui apriva al dialogo su tutti i punti dettati dal centrodestra, eccetto la separazione delle carriere.

La posizione democratica, per il momento, è improntata alla prudenza. Gli “addetti ai lavori”, Il ministro ombra Lanfranco Tenaglia, la capogruppo Anna Finocchiaro e il senatore ex pm Felice Casson, si sono attestati sulla linea “dialoghiamo, ma non a scatola chiusa” e “aspettiamo di vedere i contenuti”. Tenaglia è l’interprete più fedele della tattica dettata da Veltroni, che per il momento predica cautela su un tema che si preannuncia scivoloso in vista della direzione del 19 e delle indagini che stanno scuotendo le giunte locali democratiche. “Ai bulli del Pdl che pongono minacciosi ultimatum – avverte il ministro ombra della Giustizia – diciamo che non faremo da notai a decisioni cui non avremo contribuito con le nostre proposte per una giustizia al servizio dei cittadini: processi in tempi celeri, maggiore equilibrio tra poteri e certezza della pena. E’ questo l’interesse degli italiani”. La Finocchiaro: “La disponibilità a discutere della riforma della giustizia è condizionata e le condizioni sono due: che non venga innanzitutto toccata la Costituzione e che si riformino le procedure per assicurare celerità e affidabilità dei processi”.

Casson ragiona sulla possibilità di modificare la composizione del Csm ma boccia l’opzione di separare le carriere e di dare più autonomia alla polizia giudiziaria. Non arrivare alla separazione delle carriere è un obiettivo condiviso nel Pd, Violante compreso. Si ritiene, infatti, che basti e avanzi la riforma Mastella che ha già separato le funzioni, introducendo peraltro il dato della rarità dei passaggi dal ruolo di giudice a quello di pm, e viceversa. E’ evidente a tutti, inoltre, la strumentalità della proposta: un’eventuale separazione delle carriere non avrebbe impedito la battaglia tra la procura di Catanzaro e quella di Salerno. L’Associazione nazionale dei magistrati, attraverso il segretario Luca Palamara, ammette che l’incidente dei giorni scorsi (risolto da un accordo trovato oggi tra i due uffici, che consente alle rispettive indagini di andare avanti) apre la strada a “una riflessione, un forte cambiamento interno alla magistratura sia per la progressione in carriera che per gli incarichi diretti” a patto che non si configuri “come punizione”. Palamara definisce “sbagliata” la riforma della giustizia prospettata dal governo.

Come di consueto, il Pd è pressato dall’Italia dei valori il cui leader Antonio Di Pietro ha già escluso a priori ogni accenno di dialogo, mentre è disponibilissima al confronto l’Udc. In mattinata lo ha auspicato anche il presidente della Camera Gianfranco Fini, che ritiene “necessaria una riforma che abbia come obiettivo condiviso ciò che è auspicabile da tutte le forze politiche e cioè l’efficienza del sistema giudiziario”. Fini invita anche a “riflettere anche sull’assetto della magistratura se davvero si vuole che essa sia all’altezza delle proprie funzioni costituzionali”.

Tra auspici e posizionamenti tattici, tuttavia, la tattica di riforma della giustizia portata avanti dall’ala più oltranzista della maggioranza, che coincide grosso modo con Forza Italia (è di oggi la proposta del coordinatore Denis Verdini di istituire una commissione d’inchiesta su Tangentopoli), è avversata dalla Lega Nord. Il leader Umberto Bossi ha già dettato la linea sui tempi: “Prima il federalismo fiscale”, sottolineando che la priorità gli spetta di diritto visto che è già incardinato al Senato. Ma lo vigilanza dei leghisti riguarda soprattutto i contenuti dell’intervento sulla giustizia. Il Carroccio ha preteso di prendere visione, prima della presentazione, delle proposte di Alfano per poterle eventualmente correggere insieme.

(tratto da www.aprileonline.info)