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Larghe intese e brutte sorprese,di Arturo Gnesi ,Sindaco di Pastena

Larghe intese e brutte sorprese
Un ponte che crolla a causa del nubifragio in Sardegna, un ministro della giustizia che non si stacca dalla poltrona e un sindaco arrestato per tangenti.
Eventi distanti tra loro che hanno scenari e protagonisti diversi, ragioni e motivazioni contrastanti e sceneggiature che spaziano tra i flutti rabbiosi di un’isola abbandonata, le stanze vellutate e signorili di ambigui palazzi romani e la periferia indistinta e anonima di una provincia ormai decadente.
Linguaggi e costumi con scarse affinità, storie e culture distanti fra loro vicende esemplari di un’Italia che fatica sempre più a trovare valori ed ideali per una rinascita civile e progetti e programmi in grado di dare risultati concreti allo sviluppo del paese.
La classe politica si attarda a discutere del funereo destino che attende l’Italia qualora il Parlamento voti la decadenza del signor B. Settimane di incontri tra capi corrente, segretari di sezione, amministratori, portavoce, portaborse, cortigiani e pennivendoli divisi non secondo le categorie del pensiero filosofico o di orientamento ideologico ma in base al galateo di palazzo, alle peculiarità faunistiche o semplicemente alla convenienza personale.
E l’Italia va a rotoli senza iniziative per contrastare il dissesto idrogeologico e privi di soldi da destinare alla messa in sicurezza del territorio. Arriva un temporale e si allagano le strade, straripano i fiumi, franano le colline, crollano i ponti e muore la povera gente. E tanti tromboni e trombati si affannano a salvare il loro capo.
Un capo del governo che difende ad oltranza un ministro della giustizia che sfacciatamente ha dato solidarietà e sostegno a potenti e ricchi imprenditori nonostante che alcuni di loro soggiornassero nelle patrie galere per falso in bilancio aggravato, manipolazione di mercato e aggiotaggio informativo. Un ministro che si mette a disposizione dei datori di lavoro del proprio geniale figliolo che dopo un anno di lavoro riceve una liquidazione di 3, 6 milioni. Un ministro che mente in Parlamento e racconta bugie ai giudici e nonostante tutto viene difeso dal presidente della repubblica e da un partito democratico in piena crisi d’identità tanto da far impallidire l’opera pirandelliana “uno, nessuno centomila”. Poi arriva la notizia da Ceprano, mi dispiace per quanto è successo, mi dispiace che un rappresentate delle istituzioni un sindaco di un comune vicino finisca in manette con l’accusa di aver intascato tangenti. L’estate scorsa in una giornata torrida del mese di luglio, nella festa patronale aveva ricevuto il vescovo di Frosinone e in chiesa sedeva orgogliosamente accanto al consigliere regionale Abruzzese di cui era un fedele elettore. C’ero anch’io nelle prime file accano altri sindaci e con la fascia tricolore ad ascoltare un discorso coraggioso ed audace di monsignor Spreafico che parlò di pace, povertà e preghiera, in modo semplice, diretto ma forse inefficace. Fatti e personaggi di un’amara antologia italiana che hanno in comune la sete di soldi, la bramosia di potere, l’ambizione di sentirsi importanti per essere riveriti e impuniti. E intanto crollano i ponti e portano morte e devastazione non per la furia delle acque ma soltanto perché qualcuno ha messo sabbia al posto del cemento e qualcun altro si è diviso il malloppo.
Alla fine si capisce che gli ultimi, a differenza di quanto annuncia il vangelo, rimarranno sempre ultimi, senza lavoro, senza casa e a volte senza più vita. I soldi e il potere intrisi ad una politica fatta di compromessi e di inciuci, di accordi e di patti che violano la volontà degli elettori e sacrificano sull’altare degli interessi corporativi i valori, gli ideali e la passione civile di tanti uomini e donne. Quanto è successo nei palazzi ministeriali sottolinea la distanza siderale che c’è tra la società reale, i bisogni del paese e la visione borghese e affaristica di una elite politica che amalgama e si fa garante degli interessi del mondo imprenditoriale-finanziario. Spaventa e rattrista l’atteggiamento obbediente e remissivo di un partito nato dalle lotte operaie, dalle rivendicazioni sindacali e dalla dottrina sociale e della chiesa, un partito come il p. d. che ha nel suo dna l’emancipazione della donna e il sangue di tanti partigiani morti per difendere la giustizia e la democrazia. Un partito istupidito e timoroso di dover perdere l’ospitalità delle sedi ministeriali e i privilegi che tanto potere regala ad amici, conoscenti o semplici mestieranti ed opportunisti di turno. Roma come Ceprano, a dimostrazione che il vecchio slogan “roma ladrona” è ormai superfluo, superato, antiquato, inopportuno e falso perché anche nelle periferie si applicano con rigore scientifico le regole deviate e mai corrette dell’affidamento dei servizi e dell’aggiudicazione delle gare d’appalto. Lo Stato ci mette i soldi, le imprese fanno i lavori e altri intascano le tangenti. Qualcuno mi accusa, e non da ora, e non solo gli oppositori, che queste sono solo chiacchiere e che non riguardano i problemi reali, invece penso che proprio questi comportamenti irresponsabili e scellerati hanno disastrato l’Italia non solo eticamente e moralmente ma soprattutto sotto l’aspetto economico e dello sviluppo sociale. Perdere tempo per discussioni inutili per salvare i privilegi di alcuni o occuparsi delle ditte amiche in grado di sborsare soldi significa non fregarsene del bene pubblico e dei problemi della gente, significa mettere le istituzioni sotto ricatto e svendere la dignità e l’onore e il libero voto dei cittadini. P. S. Al Sandro Zonfrilli che compare in rete ed esaspera i toni del confronto con giudizi sommari, talvolta precipitosi ed offensivi chiedo maggior rispetto per chi, in questa piazza virtuale vuole dialogare e confrontarsi liberamente. Arturo Gnesi, Sindaco di Pastena