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.La nuova strategia della mafia: convincere gli allocchi che ………………………….. la mafia non esiste

La mafia non esiste

Sabato 20 Agosto 2016

di Pietro Orsatti

Intanto togliamoci subito un dubbio. A Roma, dove sono cresciuto e ho vissuto per decenni, la mafia non esiste. Non c’è, non c’è mai stata e soprattutto non ci sarà mai. Mafia Capitale? Una roba di semplice corruzione, che si sa la “casta” politica questo solo sa fare sotto il solleone del Belpaese. A vigilare che a Roma la mafia non entri mai il pattuglione pentastellato, che casta non è, che mai e poi mai si farà inquinare da affari, interessi, apparati e lobby e familismi. Onestà! E chi si è visto si è visto. Tanto c’è la sindaca e il direttorio e un paio di studi legali capitolini a garantire che, tanto per fare un esempio, Cerroni – il ras dei rifiuti da 60 anni – non rispunti fuori dal cappello degli assessori “tecnici e certificati” o che l’Impregillo non torni ad essere soggetto quasi monopolista nell’impiantistica per “trattare” la monnezza.

Da alcuni mesi ormai vivo praticamente a Palermo e anche qui la mafia non esiste, non controlla assolutamente nulla, non fa affari, non gestisce il territorio capillarmente, non si vede e non c’è. Si c’è stata, in un tempo remoto ormai indistinguibile dalla fantasia, ma ora no. Tanto c’è il super governatore “L’antimafia sono io” e posso dormire sonni tranquilli. Qui l’unico problema è il traffico e l’Aztl e al limite gli immigrati che non sono itaGliani e quindi non sono Brava Ggente. La mafia è archiviata nei libri di storia, che nessuno legge, e nella memoria di un popolo che ormai si estingue in un dolce “che ci fa”.

Fra pochi giorni sarò in Emilia. La mia casa editrice ha sede a Reggio e ci farò un salto. Poi andrò a un festival letterario a Langhirano nel parmense. E’ la mia terra, lì ci sono le mie radici. E anche lì la mafia non esiste, non è mai arrivata, non ha preso in mano pezzi enormi dell’economia della seconda regione più ricca del Paese e coinvolto imprenditori e politici. Aemilia, il processone che i soliti magistrati allarmisti e carrieristi hanno messo in piedi, è solo una montatura per colpire Del Rio e di conseguenza il governo. Brescello poi è solo Peppone e Don Camillo e non una frazione di San Luca. Gradisca! E un tiro piccolo piccolo di coca per fare giorno sulla Riviera.

Il Partito Radicale, orfano di Marco Pannella, ha deciso che la sua prossima battaglia è per la per la soppressione del 41bis. Battaglia di civiltà! E quindi al prossimo congresso folle di boss, avvocati, familiari dei boss, amici dei boss. Faranno la fine di Cicciolina? Spero di no, perché almeno la pornostar non ha ammazzato nessuno. Ma alla fine che cosa cambia? Siamo davanti a una minoranza, i boss, che va tutelata, coccolata, utilizzata a fini elettorali. Si sa che da anni la mafia non vota, in Sicilia in particolare, che l’Ucciardone  è diventato il simbolo dell’assenteismo di protesta. Vedremo se alla prossima tornata elettorale riemergerà la passione politica dietro le sbarre del carcere di Palermo.

Riapro il mio archivio e ritrovo un vecchio ritaglio di giornale. Anno 1947, giugno. Un mese dopo la strage di Portella della Ginestra.  A giugno in vari paesi del palermitano si erano verificati attentati e assalti a sedi del Pci e del sindacato.

L’Unità 24 giugno 1947

La realtà è che gli eccidi e gli attentati di domenica in Sicilia rispondono ad un piano: e il piano ha uno scopo politico palese: colpire il cuore delle organizzazioni democratiche e il popolo siciliano, arrestarne la pacifica avanzata, creare nell’isola le basi per una controffensiva di tipo fascista. Battute sul terreno della libera consultazione elettorale, le forze reazionarie siciliane si pongono chiaramente sul terreno delle aggressioni squadriste, scatenano gli elementi più loschi della malavita locale, passano a veri e propri tentativi in grande stile di provocazione e intimidazione.
Questo ha un solo nome: fascismo. Questo ha un solo marchio: la testa di morte delle squadre d’azione.

Pietro Ingrao

Non sapeva, il dirigente e intellettuale comunista, che a quegli attentati e assalti, rivendicati con vari volantini dalla banda di Salvatore Giuliano, avevano partecipato sia gli uomini della banda che vari mafiosi e perfino membri della famigerata X MAS di Valerio Julio Borghese. Non sapeva ancora che Giuliano all’epoca fosse in strettissimi rapporti con membri dei servizi segreti Mike Stern. E che attraverso questi chiedeva armi pesanti al governo statunitense e che lo stesso Giuliano si riforniva più volte proprio presso i depositi americani in Sicilia. E certo non poteva immaginare che più di sessant’anni dopo Stern ricevesse nel 2009  (e posasse in foto) l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Come non avrebbe immaginato che ci sarebbe stato un successivo selfie dell’ormai quasi centenario agente segreto, nel 2012, durante un incontro sempre con Berlusconi accompagnato dall’ex ministro Giulio Tremonti (a Roma nei pressi di Piazza San Silvestro a due passi dalla sala della stampa estera di Via della Mercede) e da un ministro in carica dell’allora governo Monti, Vittorio Grilli.

Giuliano, Stern, la politica, gli interessi degli imprenditori terrieri, gli apparati dei servizi, i fascisti e la mafia. Lo stesso schema che ritroviamo allora lo ritroviamo oggi, pulito apparentemente del sangue, radicato nella gestione del potere.

Si, forse la mafia non esiste. Ma questo intreccio che si riproduce da più di settant’anni cos’è?

fonte:http://www.antimafiaduemila.com